Nel 2023, gli hotspots della fame destinati ad estendersi a causa di clima, crisi economica e guerre

Burkina Faso, Haiti, Mali e Sudan hanno raggiunto Afghanistan, Nigeria, Somalia, Sud Sudan e Yemen al massimo livello di allerta fame

[30 Maggio 2023]

Secondo il nuovo rapportoHunger Hotspots. FAO‑WFP early warnings on acute food insecurity June to November 2023 outlook”, pubblicato congiuntamente da Fao e World Food Programme (WFP), «L’insicurezza alimentare acuta è destinata potenzialmente ad aumentare in grandezza e gravità in 18 “hotspots” della fame, comprendenti un totale di 22 Paesi».

Afghanistan, Nigeria, Somalia, Sud Sudan e Yemen rimangono al massimo livello di allerta fame. Haiti, il Sahel (Burkina Faso e Mali) e il Sudan sono stati portati ai massimi livelli di preoccupazione sa causa delle severe restrizioni alla circolazione di persone e merci in Burkina Faso, Haiti e Mali, e al recente scoppio della guerra civile in Sudan. Tutti gli hotspot al livello più alto di rischio hanno comunità che affrontano o si prevede che affronteranno la fame, o rischiano di scivolare verso condizioni catastrofiche, dato che hanno già livelli di emergenza di insicurezza alimentare e stanno affrontando gravi fattori aggravanti. Il rapporto avvisa che «Questi hotspots richiedono l’attenzione più urgente, avverte il rapporto.

Anche la Repubblica Centrafricana, la Repubblica Democratica del Congo, l’Etiopia, il Kenya, il Pakistan e la Siria suscitano forte preoccupazione come già nel 2022, ma nel 2023 l’allerta è estesa anche al Myanmar. In tutti questi hotspots, un gran numero di persone affrontano un’insicurezza alimentare acuta critica, unita a fattori di peggioramento che nei prossimi mesi dovrebbero intensificare ulteriormente i pericoli per la sopravvivenza. All’elenco degli hotspot e è stato aggiunto anche il Libano,  che va a unirsi così al Malawi  e a El Salvador, Guatemala, Honduras e Nicaragua in Centro-America.

Il rapporto evidenzia il rischio di spill-over  nei Paesi vicini della guerra civile sudanese tra esercito e milizie: «Le ricadute della crisi in Sudan stanno provocando un massiccio sfollamento della popolazione e la fame tra le persone costrette a lasciare le loro case in cerca di rifugio e coloro che le ospitano. Si prevede che più di un milione di persone lasceranno il paese, mentre altri 2,5 milioni all’interno del Sudan dovranno affrontare la fame acuta nei prossimi mesi. Il Sudan ospitava già più di un milione di rifugiati – e se il conflitto persiste è probabile che centinaia di migliaia ritornino nelle loro contee di origine – molti dei quali sono già alle prese con crisi di rifugiati sottofinanziate e protratte, aggravate da problemi sociali, politici ed economici fattori di stress.

Le rotte di approvvigionamento di beni commerciali e di soccorso in entrata e in uscita da Port Sudan sono interrotte dall’insicurezza, mettendo a repentaglio i flussi di assistenza umanitaria e gli sforzi di soccorso regionali, osserva il rapporto. Le interruzioni del commercio, delle attività commerciali transfrontaliere e delle catene di approvvigionamento rischiano anche di far salire i prezzi e l’inflazione e di esaurire le riserve di valuta estera in diversi Paesi, in particolare nel Sud Sudan, un Paese che fa affidamento su Port Sudan per le importazioni sia commerciali che umanitarie, nonché per le sue vitali esportazioni di petrolio.

Fao e WFP sono anche preoccupate perché la fuga dei profughi sudanesi nei Paesi vicini e i blocchi dei commerci «Rischiano anche di alimentare le tensioni tra gli sfollati, coloro che li ospitano e i nuovi arrivati, poiché molti Paesi duramente colpiti sono già alle prese con un numero significativo di sfollati in competizione per mezzi di sussistenza e opportunità di lavoro limitati. in particolare Ciad e Sud Sudan, dove i fragili ambienti socio-politici rischiano di deteriorarsi».

Il rapporto Fao – WFP dimostra che l’aggravarsi degli shock economici continua a trascinare nella crisi sempre più Paesi a basso e medio reddito: «Gli shock economici e i fattori di stress continuano a provocare la fame acuta in quasi tutti gli hotspots, riflettendo le tendenze globali che si stanno ripercuotendo dal 2022, quando i rischi economici stavano provocando la fame in più Paesi e per Più persone rispetto alla guerra. Questi rischi sono in gran parte legati alle ricadute socioeconomiche della pandemia di Covid-19 e all’effetto a catena della guerra in Ucraina.  Si prevede che il 2023 porterà un rallentamento dell’economia globale a causa della stretta monetaria nei Paesi ad alto reddito, aumentando il costo del credito, indebolendo le valute locali e aggravando ulteriormente la crisi del debito nelle economie a basso e medio reddito. Il Fondo monetario internazionale prevede una crescita del PIL globale al 2,8% nel 2023, il livello più basso in 10 anni oltre al crollo indotto dal Covid-19 nel 2020. Anche il PIL dell’Africa subsahariana crescerà dello 0,3% in meno rispetto al 2022. si prevede che i Paesi a basso e medio reddito saranno i più colpiti dalla lenta crescita prevista nei loro principali mercati di esportazione, insieme agli aumenti del tasso di inflazione nelle economie ad alto reddito che dipenderanno in larga misura dalle esportazioni verso le economie avanzate.  Con i prezzi alimentari globali che probabilmente rimarranno elevati rispetto agli standard storici nei prossimi mesi, è improbabile che le pressioni macroeconomiche nei paesi a basso e medio reddito si allentino. Ciò significa che il successivo calo del potere d’acquisto influenzerà negativamente l’accesso delle famiglie al cibo nei prossimi mesi in molti punti caldi».

L’altro grosso problema è il probabile  arrivo di El Niño  che sta facendo aumentare i timori che eventi climatici estremi colpiscano ancora più duramente i Paesi vulnerabili di tutto il mondo. Secondo i i meteorologi, c’è una probabilità dell’82% che le condizioni di El Niño emergano entro la metà del 2023 e il cambiamento previsto nei modelli climatici avrà implicazioni significative per diversi hotspots, comprese le piogge al di sotto della media nel corridoio secco dell’America centrale, mentre eventi climatici estremi consecutivipotrebbero colpire il Sahel e il Corno d’Africa.

“Hunger Hotspots”  chiede,  a un mondo che sembra sempre più distratto e disinteressato per l’immane tragedia che sta colpendo gli ultimi della Terra,  «Un’urgente azione umanitaria per salvare vite e mezzi di sussistenza e prevenire la fame e la morte negli hotspots in cui la fame acuta è ad alto rischio di peggioramento da giugno a novembre 2023».

Per evitare un ulteriore deterioramento della fame acuta e della malnutrizione, il rapporto fornisce raccomandazioni concrete specifiche per ogni Paese sulle priorità per una risposta immediata alle emergenze per salvare vite umane, prevenire la carestia e proteggere i mezzi di sussistenza, nonché azioni preventive. Fao e WFP dicono che «L’azione umanitaria sarà fondamentale per prevenire la fame e la morte, in particolare nei punti di massima allerta», ma il rapporto rileva come «L’accesso umanitario sia limitato dall’insicurezza, dalle barriere burocratiche e dalle restrizioni di movimento, ponendo una sfida importante per i soccorritori umanitari in tutto il mondo» e sottolinea inoltre «L’importanza di rafforzare l’azione preventiva nell’assistenza umanitaria e allo sviluppo, garantendo che i rischi prevedibili non si trasformino in veri e propri disastri umanitari».

Il direttore generale della Fao, Qu Dongyu, ha ammonito: «Se vogliamo raggiungere la sicurezza alimentare globale per tutti, assicurandoci che nessuno sia lasciato indietro, nel panorama dei rischi odierno, i percorsi business-as-usual non sono più un’opzione. Dobbiamo fornire interventi agricoli immediati e urgenti per sottrarre le persone al precipizio della fame, aiutarle a ricostruire le loro vite e fornire soluzioni a lungo termine per affrontare le cause profonde dell’insicurezza alimentare. Investire nella riduzione del rischio di disastri nel settore agricolo può sbloccare significativi dividendi di resilienza e deve essere aumentato».

Cindy McCain, direttrice esecutiva del WFP, conclude: «Non solo più persone in più luoghi del mondo soffrono la fame, ma la gravità della fame che affrontano è peggiore che mai. Questo rapporto chiarisce che dobbiamo agire ora per salvare vite umane, aiutare le persone ad adattarsi a un clima che cambia e, in ultima analisi, prevenire la carestia. Se non lo facciamo, i risultati saranno catastrofici».