Oro di sangue dal Brasile, coinvolta anche l’Italia

Le grandi multinazionali tecnologiche potrebbero acquistare oro estratto illegalmente dai territori indigeni dell'Amazzonia brasiliana

[22 Settembre 2022]

L’oro viene utilizzato nelle connessioni elettriche e nei circuiti stampati per una moltitudine di prodotti elettronici, inclusi telefoni cellulari, computer portatili e desktop, server di giganti della tecnologia e auto elettriche. Le più grandi companies di questo settore, come Apple, Tesla, Samsung, Microsoft, Intel, Sony, Volkswagen, Ford e General Motors, vengono rifornite da due raffinerie indagate dalle autorità brasiliane per l’acquisto illegale di oro estratto nei territori indigeni.

Infatti, il rapporto “Blood Gold: Complicity in Destruction V/Ouro de Sangue: Cumplicidade na  Destruição V”, presentato da Articulação dos Povos Indígenas do Brasil (APIB) e Amazon Watch in occasione della New York Climate Week, che coincide con l’Assemblea generale dell’Onu, ha dimostrato che «  Oltre il 47% delle esportazioni di oro del Brasile potrebbe essere di origine illegale. Nel frattempo, una manciata di raffinerie d’oro nei Paesi che importano la maggior parte dell’oro brasiliano – Canada, Svizzera e Italia – riforniscono anche i principali marchi rivolti ai consumatori sopra elencati, il che implica che le loro catene di approvvigionamento potrebbero essere ulteriormente contaminate da questo minerale illegale».

L’estrazione illegale dell’oro in Amazzonia è aumentata vertiginosamente sotto il governo del presidente neofascista Jair Bolsonaro. Secondo i dati di Mapbiomas, durante il governo di Jair Bolsonaro la deforestazione delle riserve indigene nell’Amazzonia brasiliana a causa dell’estrazione illegale è aumentata di oltre il 205%. Tra il 2019 e il 2021 l’attività mineraria ha distrutto 7.401 ettari di foresta nelle terre indigene, una cifra che quasi triplica i 2.420 ettari devastati tra il 2016 e il 2018, 3 anni prima che Bolsonaro salisse al potere.

APIB e Amazon Watch evidenziano che «L’impatto sui territori indigeni fortemente protetti dell’Amazzonia, in particolare quelli dei popoli Yanomami, Munduruku e Kayapó, è incommensurabile, poiché i minatori abusivi perlustrano i corsi d’acqua e i letti dei fiumi, causando la deforestazione e inquinando le risorse critiche di acqua dolce con sedimenti e mercurio tossico. Queste attività hanno provocato un picco di malattie mortali come la malaria e l’avvelenamento da mercurio e conflitti sociali con violenza, traffico di droga, predazione sessuale di donne e ragazze indigene e omicidi. Come risultato di questa crisi, le comunità indigene stanno soffrendo un’emergenza multiforme, poiché la loro salute, sicurezza, territori e integrità culturale sono sotto attacco».

Il 19 settembre, leader indigeni brasiliani e Amazon Watch hanno presentato il rapporto alla New York Climate Week,  durante l’’iniziativa  “Blood gold: Is your cell phone or electric car stained with indigenous blood from the Amazon?” che ha discusso della distruzione, della violenza e degli attacchi contro le comunità indigene amazzoniche causati dai minatori illegali e dalla complicità delle multinazionali in questo commercio illecito.

Dinamam Tuxá, coordinatore esecutivo dell’APIB, ha ricordato che «L’estrazione illegale non arriva mai da sola. Porta sempre conflitti, malattie, inquinamento dei fiumi, violenza alle comunità indigene, in particolare donne e bambini, e violazione dei nostri territori e dei nostri diritti. Stiamo assistendo alla distruzione di ecosistemi e intere comunità e le persone stanno morendo a causa di questa industria mortale. La fattibilità [dell’industria mineraria] richiede un mercato di consumo che ne finanzi la distruzione. Questa esposizione fornisce risultati rivoluzionari che identificano le aziende leader potenzialmente complici dell’estrazione illegale in Amazzonia. Ora chiediamo a queste gigantesche corporations di dimostrare che non stanno acquistando oro estratto dalle nostre terre».

Alessandra Korap Munduruku, presidente dell’Associação Indígena Pariri Munduruku, ha raccontato una situazione terribile: «Stiamo attualmente vivendo un momento critico di terribili conflitti, con molti invasori di terra all’interno del nostro territorio introdotti dai minatori. L’estrazione illegale contamina i fiumi con il mercurio e il mercurio contamina i pesci e il nostro corpo. L’attività mineraria uccide e fa spostare a le persone dalla loro terra. Sa solo come distruggere. Non negozieremo mai il nostro territorio, la vita della nostra gente, dei nostri bambini, delle nostre donne, degli anziani, degli sciamani e dei luoghi sacri che l’estrazione distrugge mineraria. Non abbiamo bisogno dell’oro. Abbiamo bisogno della vita».

Toya Manchineri, coordinatrice della Coordenação das Organizações Indígenas da Amazônia Brasileira (COIAB) ha ricordato che «I popoli indigeni dell’Amazzonia sono i veri guardiani della foresta e i nostri diritti devono essere rispettati. L’attività mineraria è oggi una delle principali cause di violenza contro i popoli indigeni e di distruzione di foreste e fiumi. Nessuna impresa  coinvolta in alcun modo con l’oro estratto dalle terre indigene può essere considerata un alleato nella lotta al cambiamento climatico».

Christian Poirier, direttore programma di Amazon Watch ha concluso: «I marchi più noti del settore della tecnologia, dell’elettronica e dei veicoli elettrici non devono consentire gli impatti disastrosi e tragici dell’estrazione illegale dell’oro sull’Amazzonia e sui suoi popoli. La loro incapacità di agire di fronte a comprovati collegamenti della catena di approvvigionamento a questo settore illecito li esporrà a rischi finanziari, legali e reputazionali. I consumatori coscienziosi non si utilizzeranno prodotti macchiati di sangue indigeno e dalla distruzione irreparabile dell’ecosistema. Queste compagnie devono quindi dimostrare di non acquistare oro illegale dal Brasile».