Ma nella Repubblica democratica del Congo potrebbe essere iniziato un altro genocidio per le risorse
Solo la giustizia sociale ed economica può evitare nuovi genocidi
L'impegno per lo sviluppo sostenibile non è sufficiente. L'incitamento all'odio è il precursore della violenza genocida
[25 Gennaio 2023]
Ambasciatori, funzionari Onu ed esperti della comunità internazionale che hanno partecipato alla riunione delll’United Nations Economic and Social Council (ECOSOC) dedicata alle misure economiche e sociali per prevenire il genocidio, i crimini di guerra, la pulizia etnica e i crimini contro l’umanità, concordato sul fatto che «La giustizia sociale ed economica, unita al riconoscimento della dignità e valore della persona umana sono essenziali per evitare crimini di atrocità».
La presidente dell’ECOSOC Lachezara Stoeva ha ricordato che «L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, così come il Global commitment on the responsibility to protect (R2P), adottata nel 2005, richiede che tutti noi facciamo ciò che è in nostro potere per creare un ambiente favorevole che garantisca il rispetto e il riconoscimento la dignità e il valore di ogni essere umano. Questo significa andare incontro ai bisogni economici, sociali, religiosi, educativi e sanitari delle persone, ovunque, cercando di raggiungere prima di tutto i più svantaggiati».
La Stoeva ha citato due Obiettivi di sviluppo sostenibile: «L’SDG10 sull’eliminazione delle disuguaglianze e l’SDG16 sulla promozione dell’accesso alla giustizia e istituzioni efficaci, che invitano, con il sostegno dei diritti umani, a politiche volte alla riduzione di ogni forma di violenza, e contribuire ad attaccare le cause profonde dei conflitti e a rendere le comunità più inclusive e resilienti». Ma la presidente ECOSOC ha anche riconosciuto che «Questo impegno per l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite semplicemente non è sufficiente. Le attuali sfide globali come la pandemia di Covid-19 , la guerra in Ucraina, i cambiamenti climatici e i conflitti prolungati in tutto il mondo stanno cancellando il progresso dello sviluppo. Richiedono in alternativa un multilateralismo rinvigorito e Nazioni Unite più forti, un nuovo impegno per promuovere il progresso sociale, migliori condizioni di vita e diritti umani per tutti».
Il presidente dell’Assemblea generale dell’Onu, Csaba Kőrösi, ha evidenziato che «L’ECOSOC è stato il primo, nel 1946, a redigere un trattato internazionale sul genocidio, seguito nel 1948 dall’Adozione da parte dell’Assemblea generale della Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide. Questa stessa assemblea ha ottenuto un grande successo nel 2022, dichiarando la Giornata internazionale contro l’incitamento all’odio. Ha preso posizione contro un acceleratore del genocidio: l’appello incontrollato all’odio, in particolare attraverso i social network».
Infatti, Kőrösi ha sottolineato che «Il genocidio è un processo graduale. “Il tragico compimento di un programma di intolleranza”, secondo le parole della Dichiarazione di Norimberga». Poi ha citato Simon Wiesenthal che vedeva nella distruzione dei popoli il risultato di «Troppo potere in troppe poche mani». Il presidente dell’Assemblea generale ha osservato che «L’incitamento all’odio, la disumanizzazione degli “altri” e la violazione ricorrente dei loro diritti sono tutti precursori di atrocità di massa. Dovremmo sapere ormai che di solito è un mix esplosivo di risorse limitate e propaganda “noi contro loro” che fa a pezzi le società e che il germe del genocidio prolifera quando lo stato di diritto crolla. L’educazione è la chiave per un cambiamento trasformativo perché promuove un ambiente di convivenza, rispetto reciproco, tolleranza e cooperazione».
Per Kőrösi, «Abbiamo sentito dire “Mai più” troppo spesso e misuriamo il nostro fallimento in vite perse. Dobbiamo trarre lezioni dalle politiche che hanno fomentato gli orrori dell’Olocausto, le tragedie in Cambogia, nell’ex Jugoslavia e in Rwanda. Spetta a tutti noi – attraverso le Nazioni Unite – lavorare con i leader comunitari e religiosi, i popoli indigeni, la società civile, il settore privato, il mondo accademico, i media e altri e definire soluzioni trasformative- Non è per caso, c’è un motivo per cui l’Agenda 2030 include esplicitamente la riduzione di ogni forma di violenza. L’impunità ci allontana tutti dalla prospettiva di un mondo pacifico, giusto e inclusivo».
Alice Nderitu, consigliere speciale del segretario generale Onu per la prevenzione del genocidio, ha ricordato il periodo nei primi anni 2000 in cui, come insegnante e coinvolta nella creazione di istituzioni per i diritti umani in Africa, lavorava in Kenya per collegare i diritti umani sviluppo e prevenzione dei conflitti: «Dobbiamo prendere in considerazione misure sociali ed economiche volte a prevenire il genocidio, i crimini di guerra, la pulizia etnica e i crimini contro l’umanità attraverso il prisma dei diritti fondamentali. La mancanza di cibo adeguato, alloggi adeguati, istruzione, sanità, sicurezza sociale, lavoro, acqua e servizi igienici crea condizioni favorevoli alla perpetrazione di crimini efferati. I diritti economici e sociali sono in ogni senso interdipendenti con la prevenzione dei crimini di atrocità».
La Nderitu ha ribadito le osservazioni del segretario generale dell’Onu António Guterres che ha sottolineato che «Le disuguaglianze socio-economiche non sono solo una fonte di tensione e conflitto in sé, ma ostacolano anche la capacità di una società di prevenire i crimini atroci» e ha agiunto: «La pandemia di Covid-19 ha avuto un profondo impatto sui diritti economici e sociali e ha aumentato il rischio di crimini atroci, a causa dell’aumento dell’incitamento all’odio e della discriminazione. In risposta alla crisi globale, i governi hanno implementato misure per sostenere le loro popolazioni, come trasferimenti di denaro, pasti scolastici, protezione contro la disoccupazione e modifiche temporanee ai pagamenti dei contributi previdenziali. Alcuni hanno anche collaborato con le Nazioni Unite e le v companies dei social media per affrontare l’incitamento all’odio e la discriminazione».
Sebbene queste misure abbiano contribuito a mitigare e prevenire molti impatti negativi della pandemia, la Nderitu ha concluso chiedendo ulteriori azioni: «Dobbiamo quindi eliminare le vulnerabilità socio-economiche come causa principale dei crimini atroci. Questo richiede di dare priorità alle politiche che riducono la povertà e la disuguaglianza economica, promuovono l’inclusione sociale, assicurano condizioni di vita adeguate, promuovono l’istruzione e creano opportunità di lavoro. Conto anche sulla leadership dell’ECOSOC e degli Stati membri per continuare ad affrontare le vulnerabilità sociali ed economiche e rendere operativo l’appello del Segretario generale per un rinnovato contratto sociale incentrato sul rispetto di tutti i diritti umani senza discriminazioni e mirare a realizzare un mondo libero dalle atrocità crimini».
Ma intanto la stessa Nderitu, ha espresso la sua profonda preoccupazione, per quanto riguarda quel che sta succedendo nella provincia di Ituri, nella Repubblica democratica del Congo (RDC) mentre la rappresentante Speciale del segretario generale per i bambini e i conflitti Armati, Virginia Gamba, ha denunciato che «Il deterioramento della situazione della sicurezza nella parte orientale della RDC sta colpendo in modo significativo i bambini».
Il genocidio strisciante per le risorse da decenni in atto nella RDC ha fatto più di 200 vittime civili nelle ultime sei settimane nell’Ituri in una serie di attacchi da parte di gruppi armati non statali, che hanno anche distrutto 2.000 case e chiuso o demolito 80 scuole. L’ultimo attacco mortale è avvenuto il 19 gennaio presso il sito per gli sfollati di Plaine Savo , dove uomini armati hanno ucciso 2 adulti e 5 bambini. «Molti rifugi sono stati saccheggiati e rasi al suolo», ha detto martedì Eujin Byun, portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati – Ben 17.000 persone sono fuggite nella vicina città più sicura di Bule. Ora sono ospitati in scuole, chiese e mercati all’aperto scarsamente coperti, senza cibo o acqua sufficienti».
Dalla provincia dell’Ituri sono fuggite dai loro villaggi 52mila persone che si vanno ad aggiungere agli 1,5 milioni di sfollati. Di questi, 35.000 hanno trovato rifugio nella relativa sicurezza del sito di Rhoe, dove le infrastrutture di rifugi di emergenza, latrine comuni e cucine condivise si stanno ora letteralmente sgretolando sotto il peso di una popolazione di 70.000 persone, quasi il doppio della capacità prevista.
La Nderitu ha espresso la sua più profonda preoccupazione per «Il continuo deterioramento della situazione della sicurezza e dei diritti umani , in particolare nella provincia dell’Ituri. Ho ricevuto segnalazioni allarmanti di molteplici attacchi contro civili perpetrati lungo linee etniche, nonché massacri, violenze sessuali, rapimenti, distruzione di proprietà e attacchi a campi per sfollati perpetrati da attori armati. Mentre la situazione nel nord e nel sud Kivu richiede un’azione immediata, lo stesso vale per la situazione nell’Ituri. I civili vengono nuovamente massacrati sulla base dell’identità etnica. Le condizioni necessarie per la commissione di crimini atroci continuano ad essere presenti in un’area in cui si è verificato il genocidio nel 1994. Dobbiamo fare tutto il possibile per garantire che la storia non si ripeta. Mi complimento con l’Unione africana e la Comunità dell’Africa orientale per i loro sforzi per negoziare misure volte a porre fine al violento conflitto e costruire una cultura duratura di pace nella regione».
La Nderitu è anche preoccupata per «Le segnalazioni di molteplici attacchi ai campi per sfollati interni, nonché per l’uso sistematico della violenza sessuale come arma di guerra e per il mancato rispetto da parte delle autorità del proprio dovere di prevenire la violenza. L’impunità non può prevalere. Quando vengono commessi crimini così atroci, gli autori non devono mai farla franca. La situazione nell’Ituri rimane estremamente instabile. Se non agiamo in fretta, la regione potrebbe essere inghiottita da atrocità come è accaduto in passato».