Sudan: almeno 220 morti dopo gli scontri inter-comunitari nel Blue Nile
Guerra per la terra, le risorse e la rappresentanza politica tra le tribù sudanesi e gli Hausa
[25 Ottobre 2022]
Mentre in Sudan continuano le proteste (e le vittime) contro la giunta militare fascista che si è impossessata del potere e non vuole restituirlo ai civili, i militari golpisti non riescono nemmeno a mantebere l’unica vera promessa che avevano fatto: riportare l’ordine in un Paese dilaniato da conflitti etnici, politici e per le risorse. Infatti, nello Stato sudanese del Blue Nile – che confina con l’Etiopia e il Sud Sudan – la situazione è sempre più drammatica a causa delle violenze inter-tribali, il 23 ottobre i manifestanti che chiedono lre dimissioni del governatore Ahmed El Omda hanno bruciato gli edifici della Segreteria del governo statale a Ed Damazin, la capitale dello stato del Blue Nile.
Radio Dabanga riferisce che domenica sera ci sono state sparatorie nel mercato di Ed Damazin e nel quartiere di Rabee, durante le quali è stata uccisa almeno una persona e molte sono rimaste ferite. Gli uomini della tribù El Funj hanno fatto irruzione in un deposito della guarnigione dell’esercito a Ed Damazin e hanno rubato le armi.
Le manifestazioni sono scoppiate dopo la scadenza del termine di due giorni per rispondere alle richieste avanzate dai manifestanti che chiedono anche la cancellazione dell’accordo di pace di Juba dell’ottobre 2020 che non ha il sostegno popolare ed è considerato un’invenzione delle forze armate sudanesi, della milizia Rapid Support Forces e dei movimenti ribelli che ha sostenuto il colpo di stato militare dell’ottobre 2021.
I disordini arrivano dopo che il 13 ottobre a Wad El Mahi, vicino a El Roseires, nello Stato del Blue Nile, sono riprese le violenze inter-comunitarie. L’ United Natios Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA) aveva subito lanciato l’allarme: «Mentre i combattimenti continuano, almeno 1.200 persone sono state sfollate e 170 persone non confermate sono state uccise e 327 sono rimaste ferite», poi la situazione è peggiorata, con scontri armati e altre vittime. Ieri le vittime erano salite a 2020.
Gli scontri erano in realtà iniziati a metà luglio a sud di El Roseires, quando le tribù indigene El Funj, El Hamaj e Berta hanno attaccato le famiglie Hausa immigrate della zona. Gli Hausa che vivono in Sudan fanno parte del gruppo etnico Hausa, che è politicamente e culturalmente molto influente nell’Africa occidentale. Gli Hausa, spostandosi e commerciando per secoli, sono emigrati a est verso Paesi come il Sudan, dove, in quanto “neri africani”, sono ancora visti da molti come stranieri. La violenza sarebbe stata innescata dalla decisione di Malik Agar, membro del Sovereignty Council, di inserire i leader Hausa nel sistema amministrativo tribale dello nello stato del Blue Nile per ottenere il loro sostegno. Cercando di recuperare così il sostegno perso quando aveva piazzato i suoi parenti della piccola Tribù Engassana in importanti ncarichi di governo e a capo della sua fazione del Sudan People’s Liberation Movement-North (SPLM-N Agar) Movimento di liberazione del popolo sudanese-Nord (SPLM-N Agar). Il governatore del Blue Nile El Omda è un nipote di Agar.
Il conflitto tra le tribù sudanesi e gli Hausa si era riacceso a settembre, quando almeno 24 persone sono state uccise. L’OCHA dice che prima della ripresa degli scontri il 6 6 ottobre, erano morte 149 persone.
La scorsa settimana, il governo dello Stato del Blue Nile aveva detto che il numero delle vittime nei nuovi scontri tribali a Wad El Mahi era arrivato a 198 e i feriti a oltre 200, con lo sfollamento di un gran numero di persone. Ma i morti potrebbero essere molti di più: Ezzeldin Adam Suleiman, direttore del ministero della previdenza sociale e Capo dell’Alto comitato di emergenza nello stato del Blue Nile, ha ammesso in un’intervista a Radio Dabanga che « Finora, le autorità non sono state in grado di contare le vittime a Medina 3 e Medina 4 nel governatorato di Wad el Mahi».
Dopo i combattimenti, molte persone sono fuggite in altre aree di Wad El Mahi e altrove e circa 15.000 persone sono arrivate solo a El Roseires. Suleiman ha avvertito che «Le condizioni negli ospedali superano le capacità del ministero della salute dello Stato del Blue Nile. Gli aiuti alimentari e di alloggio disponibili non coprono ciò che è necessario». Suleiman ha anche confermato che le immagini di corpi bruciati e carbonizzati che circolano da giorni sui social sono vere e che «Un gran numero di case sono state bruciate durante gli scontri»”.
Gli scontri sono particolarmente violenti tra le milizie popolo Ber e gli Hausa che non sono d’accordo su chi abbia i diritti sulla terra a Wad el-Mahi. Il leader Hausa Mohamed Moussa Ibrahim, ha detto a Radio Dabanga che «La persistenza della tensione nella regione di Wad El Mahi ha causato un grave deterioramento delle condizioni umanitarie della zona. Un certo numero di corpi sono ancora allo scoperto e un certo numero di feriti non è stato portato in ospedale a causa della situazione della sicurezza», ma ha negato l’autenticità delle immagini circolate sui social dei corpi bruciati e carbonizzati.
L’Humanitarian Aid Commission in the Blue Nile state denuncia che «Le autorità non sono state finora in grado di seppellire i corpi bruciati o rimuovere i feriti da Medina 4». Secondo Ramadan Yasin, Commissario per gli aiuti umanitari della regione, ha dichiarato a Radio Dabanga che «Il numero di morti finora conteggiato a Medina 4 nel governatorato di Wad El Mahi ha raggiunto i 157 e il numero di feriti a Medina 4 è di 98. I morti a Medina 3 non sono stati contati perché le forze di sicurezza non sono state finora in grado di entrarvi. Il governatore di Wad El Mahi, Abdelaziz El Amin, è stato colpito a colpi di arma da fuoco a Medina 4 mentre cercava di seppellire i corpi, il che lo ha portato a ritornare nel suo ufficio in città». Yasin condanna «Gli incendi che hanno portato alla morte molte persone, tra cui bambini, anziani e donne incinte all’interno delle loro case» e ha ammesso che nelle aree di conflitto la situazione umanitaria sta addirittura peggiorando: «17.153 famiglie (85.765 persone) sono state sfollate a seguito degli scontri avvenuti la scorsa settimana nel governatorato di Wad El Mahi in 10 aree, tra cui El Azaza, Guneis Sharg e Medina 5, 6 e 12».
Chi è fuggito dagli scontri tribali e ha cercato rifugio nelle scuole di Guneis Sharg e El Roseires sta affrontando condizioni umanitarie critiche. Ehab Babiker, del pronto soccorso di El Roseiris, ha detto domenica a Radio Dabanga che «4 scuole a Guneis Sharg sono completamente sovraffollate di sfollati, compresi alcuni che hanno camminato per due giorni per raggiungere l’ospedale. C’’è un urgente bisogno di cibo e riparo, in particolare teloni, zanzariere, coperte ed elettrodomestici, e l’istituzione di cliniche temporanee a Guneis e El Roseires per curare i numerosi feriti».
Il 22 ottobre, El Omda ha dichiarato lo stato di emergenza di 30 giorni nello Stato del Blue Nile e ha ordinato al comandante della 4a divisione di fanteria dell’esercito sudanese, al comandante della polizia locale, ai servizi di intelligence e alle forze di supporto rapido di «Ripristinare il prestigio dello Stato».
Ma è difficile farlo in un Paese dove chi governa lo Stato – la giunta militare fascista – è odiatissimo e dove il direttore generale del ministero della Salute nello Stato del Blue Nile, Fata El Rahman Bakhit, ha ammesso che «Le autorità non sono in grado di contare il numero delle vittime e dei feriti a causa della pessima situazione della sicurezza». Poi ha invitato il governo militare di Khartoum – che finora è stato a guardare le tribù che si massacravano – a intervenire urgentemente per calmare la situazione.