Alla scoperta di Humboldt, il «più grande viaggiatore-scienziato che sia mai esistito»
Andando in cerca dei più grandi uomini nella storia della scienza e dei viaggi, oggi il nome di Alexander von Humboldt – almeno in questa parte del mondo, nonostante fosse europeo – non è certo il primo a saltare in mente. Eppure se un tale Charles Darwin, che su entrambi i temi qualcosa da dire l’aveva, l’ha descritto come il «più grande viaggiatore-scienziato che sia mai esistito», qualcosa di buono dovrà pure averlo fatto. Uno dei più alti letterati che il mondo ricordi, Goethe, parlava del suo amico Humboldt come di «una fontana con tante cannelle da cui fluiscono all’infinito rivoli rinfrescanti». Altri, come il re di Prussia Federico Guglielmo IV – che Humboldt si trovò suo malgrado a servire come ciambellano – si spinsero fino a definirlo «il più grande di tutti gli uomini dal Diluvio universale». Eppure, oggi il ricordo di Humboldt è avvolto nell’ombra. Perché?
A questo avverso destino hanno contribuito certamente le sue origini – nell’aristocrazia tedesca, non sempre apprezzata soprattutto nel mondo anglosassone a partire dalla I Guerra mondiale – e il suo approccio scientifico (eclettico, in un mondo ormai dominato da progressivo riduzionismo), ma l’influenza di Humboldt sul pensiero moderno è tanto profonda da essere divenuta trasparente. Invisibile, eppure ovunque presente. Sfidando la salute precaria che ne minava la giovinezza, una madre distante, i tutori che educandolo si chiedevano «se in lui si fossero mai sviluppate persino le ordinarie capacità intellettive», e la diffidenza mossa all’epoca dalle sue inclinazioni personali (non sembrava avvertire particolari bisogni sessuali, ma preferiva comunque la compagnia di gagliardi giovanotti rispetto a quella di giovani fanciulle), Humboldt oggi è un fantasma che risorge ovunque ci giriamo.
Compare guardando una qualsiasi cartina geografica che riporti isoterme, ideate da Humboldt; si intravede dietro la lotta ai cambiamenti climatici e al «danno prodotto dal genere umano… che disturba l’ordine naturale della natura», constatato per la prima volta osservando i danni da monocoltura che l’impero coloniale spagnolo aveva imposto al Sudamerica; non a caso spicca nelle lotte per l’indipendenza condotte in questa metà del mondo da Simon Bolivar, El Libertador che proprio dalle teorie – e dall’amicizia – di Humboldt trasse forza per innescare la sua Rivoluzione, imponendo nel mentre al neonato governo della Bolivia la piantumazione di 1 milione di alberi dopo essersi reso conto delle conseguenze devastanti della desertificazione. Lo stesso Darwin, durante il suo celebre viaggio sul Beagle, ricopiava e imparava a memoria i testi di Humboldt per essere sicuro di apprenderne la lezione.
Alexander von Humboldt è stato il primo uomo a considerare la natura «come una forza globale, con zone climatiche corrispondenti attraverso i continenti: un concetto radicale a quei tempi, ancora capace di influenzare la nostra concezione degli ecosistemi».
Il suo grande merito quello di rendere la scienza aperta a tutti (le sue conferenze nell’odiata Berlino erano un evento rock), unendo i numeri alle muse dell’arte. La conoscenza, diceva, non può mai «uccidere la forza creativa dell’immaginazione» ma anzi alimenta emozione, meraviglia e ammirazione verso la natura. Una concezione questa che deve molto all’amicizia di Humboldt con Goethe, che nel suo celeberrimo Faust sosteneva che non c’è osservazione, strumento o esperimento che, da solo, sia capace di strappare informazioni alla natura:
Natura è mistero alla luce del giorno,
non permette che il velo le sia tolto
e quel che alla tua mente non vuole rivelare
con le leve o le viti non glielo strapperai.
A ripescare il nome di Humboldt dal mare d’oblio in cui era malamente caduto è la storica e scrittrice Andrea Wulf, con il suo volume L’invenzione della natura – edita in Italia grazie al lavoro della Luiss university press –, che non ha scelto il suo soggetto per mero interesse biografico quanto per accendere una consapevolezza tremendamente utile al giorno d’oggi: «Ambientalisti, ecologisti e quanti scrivono sulla natura oggi restano saldamente legati alla visione di Humboldt – benché molti non ne abbiano mai sentito neanche parlare. Non importa: Humboldt è il loro padre fondatore». Una lezione antica che faremmo bene a rispolverare.