Bomba demografica, un nuovo approccio per il disinnesco della popolazione mondiale
Cambia il problema. Questo che viviamo sarà il secolo dell’invecchiamento: dobbiamo passare dalla quantità alla qualità della vita
Nel corso del XX secolo la popolazione è saltata (più che salita) da 1,6 a 6,1 miliardi. Rimarrà per sempre il secolo del record della crescita della presenza umana sul pianeta Terra. La crescita non si è certo oggi esaurita, ma sta rallentando. Il tasso di crescita della popolazione ha toccato il suo apice tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta (attorno al 2%). Il valore attuale è attorno all’1,2% e scenderà, secondo le previsioni delle Nazioni Unite (base 2012) sotto lo 0,5% nella seconda metà del XXI secolo. Non sarà pari a zero, quindi la popolazione continuerà a crescere, ma a ritmo più rallentato.
Il numero dei nati si è già “stabilizzato”. L’apice, pari a 139 milioni, è stato raggiunto a fine anni Ottanta e non è più andato oltre. Ogni anno non si aggiungono quindi più nascite rispetto agli anni precedenti, ma si vive sempre più a lungo e questo espande il numero dei viventi simultaneamente calpestanti il suolo terrestre. Proprio per l’aumento della longevità, a crescere è soprattutto la popolazione anziana. Il XXI sarà quindi ricordato come il secolo “dell’invecchiamento”. La popolazione con 60 anni e oltre passerà dai 600 milioni nel 2000 a oltre 2 miliardi nel 2050.
In un articolo pubblicato su Foreign Affairs nel marzo 2010, il politologo Jack Goldstone ben chiarisce il cambio di prospettiva che i mutamenti in corso impongono: «Quarantadue anni fa, nel volume The Population Bomb (La bomba demografica, ndr), il biologo Paul Ehrlich segnalava che gli anni Settanta e Ottanta sarebbero stati segnati dalla carestia e da un crescita della popolazione mondiale superiore alla produzione alimentare e alle altre risorse primarie. Grazie a innovazioni e a iniziative come la ‘rivoluzione verde’ nell’agricoltura e il diffondersi della pianificazione familiare, i timori di Ehrlich non si sono concretizzati […]». Ma questo non significa certo che i problemi demografici siano completamente stati risolti e tutti superati.
La questione della crescita assoluta della popolazione rimane un tema di rilievo. La sicurezza e il benessere del XXI secolo dipenderanno però sempre più «dal modo in cui la popolazione mondiale si compone ed è distribuita: in che aree essa è in diminuzione e in quali è in crescita, quali paesi sono relativamente più vecchi e quali più giovani, in che modo i dati demografici influenzeranno gli spostamenti della popolazione nelle diverse aree» (Reset Marzo/Aprile 2010, pg. 34).
In particolare, l’invecchiamento vede in primo luogo interessati i paesi più ricchi, già da alcuni decenni caratterizzati da una riduzione della base della piramide demografica e da un crescente peso della fascia anziana. Ma nei prossimi decenni i problemi connessi all’invecchiamento demografico interesseranno anche quei paesi emergenti che hanno ridotto velocemente le nascite negli ultimi decenni, come i cosiddetti Bric (Brasile, Russia, India, Cina). Tali paesi hanno conosciuto una fase di sviluppo favorita da una larga quota di popolazione in età attiva che ha incentivato produzione e consumi, con crescente peso dell’impronta ecologica. Nei prossimi decenni ad aumentar maggiormente sarà invece la popolazione anziana.
Il paese attualmente più popolato del mondo, la Cina con i suoi 1,37 miliardi di abitanti, più che della crescita demografica è oggi proprio preoccupato proprio dall’accelerato invecchiamento della popolazione. Negli ultimi trent’anni la politica del figlio unico ha frenato la crescita della popolazione, ma ha fatto fortemente aumentare il peso degli anziani. Detto in altri termini, se per frenare la crescita demografica si riducono le nascite non si ottiene un ridimensionamento proporzionale a tutte le età, a svuotarsi sono infatti solo le nuove generazioni.
E’ questo ora il tema demografico considerato nel gigante asiatico come il più problematico, sia in termini sociali che economici, da gestire nei prossimi decenni. Diminuiranno sempre di più i giovani lavoratori e cresceranno i pensionati e i vecchi non autosufficienti. La Cina è il paese con processo di invecchiamento più accelerato tra quelli che non hanno ancora raggiunto un benessere diffuso, con rischio di forti ripercussioni sul mercato del lavoro, sul sistema di welfare e quello sanitario. Da un lato la copertura pensionistica è molto carente e lascia fuori molte categorie.
D’altro lato anche la solidarietà tra generazioni non potrà rispondere in modo molto generoso al sostegno dei più vecchi, soprattutto nelle aree rurali in cui la carenza di giovani è accentuata dall’emigrazione. Gli over 60 cresceranno esponenzialmente dal 13% attuale al 34% del 2050. Come riporta Mara Hvistendahl su Science, tra essi uno su quattro è stimato vivere in condizione di povertà e oltre la metà ha problemi di salute. Molti non hanno mai visto un medico nella loro vita.
La sfida potrà essere vinta, in Cina come negli altri paesi emergenti e in tutto il mondo sviluppato, solo se dalla preoccupazione della riduzione della quantità si passa a quella del miglioramento della qualità della vita delle persone. Senza vincere questa sfida c’è solo decrescita infelice.
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