Chiuse le indagini preliminari per l’inchiesta “Stop stinks” a Scapigliato, verso il processo
La Procura: «La responsabilità degli indagati e del soggetto imprenditoriale dovrà essere oggetto di accertamento»
La Dda della Procura di Firenze, in collaborazione con la Procura di Livorno, ha notificato ieri la conclusione delle indagini preliminari dell’inchiesta “Stop stinks”, risalente al 2020 e legata alla gestione del percolato generato nella discarica per rifiuti non pericolosi attiva nel Polo impiantistico di Scapigliato, a Rosignano Marittimo.
«La responsabilità degli indagati e del soggetto imprenditoriale dovrà essere oggetto di accertamento nel prosieguo del procedimento», spiegano dalla Procura.
Sono sette le persone indagate: sei dirigenti della società interamente pubblica e il sindaco di Rosignano, in quanto il Comune era al tempo socio unico di Scapigliato (oggi resta di maggioranza, col 83,5%).
A comunicarlo è stato lo stesso Comune, affermando che «il sindaco Daniele Donati, nella certezza che potrà dimostrare la sua estraneità alla vicenda, conferma la piena collaborazione alla magistratura per chiarire i fatti e le relative responsabilità».
«Siamo sereni riguardo la correttezza del nostro operato e la serietà del nostro personale – aggiungono nel merito dalla società Scapigliato, contattata da greenreport – Esprimiamo piena e totale fiducia nell’azione della Magistratura che sta portando avanti l’inchiesta e della quale rimaniamo a completa disposizione, e ci auspichiamo la positiva e rapida conclusione del procedimento».
Le accuse mosse nei confronti degli indagati spaziano dal traffico illecito di rifiuti – con l’aggravante ambientale di “inondazione, frana o valanga” – alla gestione di rifiuti senza autorizzazione, fino a illeciti amministrativi. Il tutto sostanzialmente derivante ad una supposta malagestione del percolato di discarica, che dalla Procura collegano anche alle dinamiche di dissesto avvenute sul versante est della discarica.
Entrambi i punti sono stati esplorati dalla precedente dirigenza Scapigliato (che dal giugno 2022 ha rinnovato i vertici con un nuovo cda) con l’iniziativa Legalità e trasparenza. È meglio che i cittadini sappiano, rivolta alle famiglie del territorio per spiegare il tema di fronte al clamore mediatico sollevato dall’inchiesta già nel 2020, sebbene il processo non sia ad oggi ancora partito e le vicende restino dunque da accertare.
Di che si tratta dunque? Il percolato è il liquido che si origina dall’acqua piovana che filtra attraverso la discarica e dalla decomposizione delle componenti organiche dei rifiuti stessi: la sua corretta gestione è uno dei principali aspetti per mantenere in sicurezza ambientale una discarica.
Nel caso di Scapigliato il percolato, una volta depositatosi sul fondo impermeabilizzato della discarica, veniva aspirato tramite pompe e convogliato in un sistema di vasche di sedimentazione, per poi confluire in alcuni silos e infine venire prelevato e avviato a depurazione esterna; i residui solidi di tale percolato (il fondame), aspirati durante la ciclica pulizia di serbatoi e pompe, venivano invece ricollocati nella discarica di Scapigliato, da cui provenivano.
Una procedura a norma secondo la società ma non secondo gli inquirenti, che parlano di «smaltimenti abusivi» e sostengono che le «dolose condotte omissive, inerenti al mancato drenaggio e regolare smaltimento del percolato, hanno determinato l’instabilità del versante di coltivazione dei rifiuti»; anche in merito a quest’ultimo punto la società illustrava già un anno fa le azioni intraprese (ad oggi con successo) per evitare dissesti.
Nell’arco di questi anni Scapigliato ha invitato la Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti (che non ha poi ritenuto d’intervenire) a valutare nuovamente la bontà del proprio operato, dopo che nel 2019 un’indagine della Commissione regionale d’inchiesta – a valle di un’altra inchiesta, la Dangerous trash coordinata sempre dalla Dda di Firenze nel 2017, per la quale il processo è iniziato solo nel 2022 ed è ancora in corso – valutò Scapigliato come «un esempio di sistema virtuoso» e «una struttura che merita credibilità e sostenibilità».
L’auspicio dunque è che stavolta il processo possa iniziare e concludersi rapidamente per accertare o escludere la presenza di reati, al contrario di quanto ormai da anni sta avvenendo in Toscana. Le inchieste sulla gestione dei rifiuti si moltiplicano, per poi restare però sospese in un limbo per anni.
Basti osservare il processo in merito alle accuse di corruzione e turbativa d’asta per la gestione rifiuti nell’Ato Toscana sud, conclusosi nel dicembre 2022 con sentenza sempre del tribunale penale di Firenze, che ha assolto tutti gli indagati perché “il fatto non sussiste”.
Una sentenza arrivata a dieci anni di distanza dall’asta cui si riferiva, mettendo sì un punto fermo alla vicenda ma senza poter riconquistare tutto il capitale di fiducia eroso nella cittadinanza in merito all’economia circolare; in questo contesto non è un caso se dilagano le sindromi Nimby & Nimto, che frenano ovunque la possibilità di realizzare nuovi e più sostenibili impianti per la gestione dei rifiuti che nel mentre continuiamo a produrre.
Ma senza un riordino legislativo della normativa di settore, in favore di una semplificazione che elimini la discrezionalità delle interpretazioni normative e tecniche, il copione continuerà inevitabilmente a ripetersi.