CO2 e mercato delle emissioni: quale futuro per l’Ets dopo la Cop21?
Quali saranno le conseguenze dell’accordo di Parigi per il mercato delle emissioni? Di questo si è parlato il 2 dicembre alla Cop21 di Parigi nel side event sul tema organizzato da Ceps in collaborazione con Mistra Indigo Research Program. Si è parlato anche dell’Eu Ets (European union emissions trading scheme), ovvero del sistema europeo di scambio di quote di emissione, considerato il principale strumento dell’Unione europea per ridurre le emissioni di gas a effetto serra nei settori energivori, ovvero i settori industriali caratterizzati da maggiori emissioni.
L’Eu Ets, istituito nel 2003 (con la direttiva 2003/87/CE) è un sistema cosiddetto di “cap & trade”: fissa un tetto massimo totale (appunto cap) che costituisce il limite complessivo di emissioni per tutti i soggetti che fanno parte dell’Ets, con un livello decrescente negli anni; le aziende che emettono più di quanto permesso dovranno comprare crediti da quelle in surplus, con un incentivo quindi a diminuire le emissioni. Tuttaviam questo meccanismo può risultare non efficace se i prezzi delle quote sono troppo bassi; in questo caso infatti i grandi produttori di CO2 acquisteranno quote di emissioni piuttosto che adattarsi e porre misure concrete per un cambiamento concreto e verso un taglio delle emissioni. Ciononostante l’Eu Ets ha avuto una grossa risonanza; la stessa Cina ha messo in atto un progetto pilota, appunto mutuato dal modello europeo, che ha come scopo quello di creare un unico “mercato del carbonio” per tutti i soggetti che ne vogliono far parte.
Tra i tanti temi trattati al side event ciò che è stato maggiormente discusso è l’estensione dei confini del carbon market europeo. Le ragioni che spingono a questa conclusione possono essere sintetizzate in tre punti principali: il primo consiste nella necessità di una forte riduzione dei costi del carbonio (“the broader partecipation leads to the lower cost”). C’e da osservare però che il prezzo dei crediti in Europa è già troppo basso, per cui l’esigenza sarebbe invece di alzarne il costo, attraverso una riduzione dei crediti in circolazione (e proprio di una riforma in tal senso si parlerà, in Europa, nel corso del 2016).
Inoltre secondo i relatori vi sarebbe la possibilità di raggiungere un costo del carbonio uguale per tutti i soggetti aderenti al mercato in modo da favorire le relazioni commerciali tra gli stessi ed evitare differenze tra Stati.
Andrei Marcu, capo del CEPS Carbon Market Forum e vice direttore dell’Energy Climate House, ha spiegato la sua opinione su come reimpostare il carbon market nel Paris Agreement: indirizzare il trasferimento internazionale dei risultati di mitigazione del carbon market europeo; non creare nuovi mercati bensì implementare quello già esistente; creare le condizioni per la nascita di un mercato internazionale, oltre a quello europeo ad esempio creando dei collegamenti con altre nazioni per favorire una maggiore riduzione del prezzo del carbonio; dare notevole importanza agli INDCs nei quali dovrebbe essere suggerito un prezzo minimo (floor price) di CO2, e infine consentire la futura convergenza dei prezzi del carbonio.
A oggi sono ancora in corso trattative in merito a questo argomento. La speranza tuttavia è che alla Cop21 venga introdotto un incentivo concreto per la trasformazione dell’economia, come un carbon market con prezzo di base o una tassa sulla CO2.
di Violetta Vivarelli – Giovani per il clima