Come prendere coscienza dell’elefante nella stanza: la crisi climatica
Canova: «Mettere nelle condizioni il pensiero più elaborato e quello impulsivo di lavorare insieme per aiutarci a fare scelte migliori e consapevoli»
Mai giudicare un libro dalla copertina: in quella che dà l’imprinting all’ultima fatica letteraria dell’economista comportamentale Luciano Canova, L’elefante invisibile (Il Saggiatore), dei “temi ambientali” sembra non esserci traccia. Eppure è un libro sulla crisi climatica: su come la percepiamo, su come la comunichiamo e soprattutto su come potremmo affrontarla al meglio.
In questo volume, Canova ha il merito di fare il punto – in maniera talvolta scanzonata ma sempre precisa – su quel «guazzabuglio di trappole mentali, bias cognitivi e giogo delle emozioni che, in qualche modo, concorrono a fare del global warming la tempesta perfetta delle decisioni irrazionali».
La crisi climatica in corso è infatti un problema assai complesso, che per definizione non si presta a letture semplicistiche; va contro la predilezione naturale dell’homo sapiens per storie lineari e senza sfumature, e facciamo fatica a comprenderne la portata – anche solo temporale – e dunque re-agire adeguatamente di conseguenza.
«Il fatto è che, proprio evolutivamente – sottolinea Canova – non ci piace la probabilità e la lungimiranza viene messa a repentaglio attraverso gli specchi deformanti cui guardiamo la realtà: ingigantendo o rimpicciolendo a piacere la probabilità che si verifichi un evento sulla base delle nostre emozioni e delle nostre percezioni, con il risultato indesiderato di una sottovalutazione, nel caso del global warming, del rischio».
Il paradosso della crisi climatica è che qui davanti a noi, ingombrante come l’elefante del titolo ma spesso invisibile. Ma in questo caso l’elefante è anche il ruolo giocato dalle emozioni nel guidare i nostri comportamenti.
«Le emozioni sono una parte integrante del set informativo con cui decodifichiamo la realtà. Il loro ruolo non va neutralizzato – argomenta con pragmatismo Canova – Sapiens ha una parte di cervello ancestrale, che ha un’età di milioni di anni, allenata dunque alla risposta d’impulso di fronte a un problema. Quella cognitivo-razionale invece è molto più giovane: consente di elaborare un pensiero strategico ma non autorizza l’instaurarsi di alcuna gerarchia effettiva all’interno della mente».
Come gestirla e gestirci, dunque? È un compito che chiama a raccolta “designer comportamentali” di tutte le risme, compresi quei giornalisti e comunicatori chiamati a dare un framing (incorniciamento) adeguato al problema, provando a prendere coscienza – e dunque piegare a nostro favore – delle scorciatoie mentali con cui gli esseri umani prendono decisioni (le euristiche di giudizio) cercando di limitare al contempo i vicoli ciechi (bias) basati su pregiudizi e percezioni fallaci.
L’obiettivo è uno solo: conoscerci più a fondo, in modo tale da «mettere nelle condizioni il pensiero più elaborato e quello impulsivo di lavorare insieme per aiutarci a fare scelte migliori e consapevoli». Anche il clima ne guadagnerà.