Cooperazione sostenibile: progetto in Angola contro il land grabbing
Di land grabbing se ne parla tanto, ed è un’espressione drammaticamente di moda nell’Africa di oggi, in particolare in Angola è un fenomeno che minaccia alla radice la sopravvivenza e le possibilità di sviluppo futuro delle comunità locali.
In Angola infatti la terra è formalmente proprietà dello Stato, che può darla in uso a privati attraverso il sistema delle concessioni, basato sul diritto amministrativo moderno, o alle comunità rurali residenti, in base al diritto consuetudinario riconosciuto dalla “Lei de Terras” approvata nel 2004.
Nonostante la “Lei de terras” sancisca l’importanza che le comunità rivestono nella gestione e nell’occupazione degli “habitat di origine”, i loro diritti restano spesso lettera morta mentre si estendono sempre di più le terre date in concessione ai grandi proprietari privati, i “fazeinderos”.
Le nuove concessioni ai privati sono accompagnate dall’espropriazione delle terre delle comunità, che non sono in grado di difendersi perché prive di titoli giuridicamente validi. L’insicurezza della proprietà fondiaria porta con sé un altro grave effetto negativo: i membri della comunità sono meno disposti ad investire in pratiche di gestione della fertilità del suolo, che spesso si rivelano efficaci solo dopo alcuni anni, in terreni su cui non hanno la certezza di poter continuare a coltivare in futuro e questo contribuisce ad aumentare l’impoverimento dei suoli e a diminuire la loro produttività.
Il progetto di COSPE presente in Angola dal 1998, sta affrontando questo complesso insieme di problemi mettendo al centro della sua iniziativa il tema della demarcazione delle terre comunitarie, e della stipula di veri e propri contratti di concessione con le autorità statali, basati sui piani di gestione delle risorse forestali che si stanno elaborando.
Questo processo è iniziato lo scorso anno con la delimitazione ed il censimento delle foreste comunitarie. Nel processo sono stati coinvolti i“soba” (le autorità tradizionali), l’ amministrazione pubblica e i tecnici forestali. Le bozze delle mappe con i dati GPS dei confini sono state inviate al catasto per il riconoscimento e il nulla osta all’avvio dell’iter legale per il riconoscimento della proprietà alle comunità.
In questo momento stiamo promuovendo questo percorso in quattro comunità, nelle province di Kwanza Sul e Benguela: si tratta di un’esperienza pilota, fra le prime in tutto il Paese, cui le comunità guardano con speranza e volontà di riscatto A differenza dell’Italia dove il catasto ha ormai una storia secolare di documenti scritti e di mappe, in Angola, (come nella maggior parte dell’Africa), i catasti sono storia recente e le controversie vengono e venivano risolte principalmente attraverso l’autorità tradizionale.
Quindi questo lavoro riveste un’importanza cruciale nel processo di legalizzazione delle terre: si tratta di un lavoro partecipato, dove le comunità e le autorità tradizionali devono indicare fisicamente dove si trovano i confini delle loro terre e foreste. Si cammina per ore, rilevando i punti GPS e quando i limiti non sono rappresentati fisicamente da elementi topografici chiari e indiscutibili, come un fiume o una strada, ci si deve affidare alle conoscenze ereditate attraverso la trasmissione orale, con qualche inevitabile controversia tra i membri della comunità che ci ha portato a ridisegnare più volte i confini e a rivedere le carte.
Il processo dovrebbe concludersi entro la metà del 2014, quando saranno finalmente disponibili i titoli di proprietà dei terreni forestali, o quanto meno i documenti di concessione a favore delle comunità. L’acquisizione di questi titoli segnerà il momento chiave di un’esperienza che potrà essere replicata in altre parti dell’Angola, e garantirà alle generazioni a venire il diritto alla terra.
Alberto Maria Rigon, rappresentate COSPE in Angola