Il caso della stenella rinvenuta a Marinella di Selinunte, il cui scheletro è oggi esposto al Museo di zoologia “P. Doderlein” dell’Università di Palermo

Dal mare al museo: quando lo spiaggiamento di un cetaceo diventa divulgazione scientifica

Le minacce che colpiscono questo gruppo animale stimolano, anche emotivamente, l’interesse da parte della società civile verso i problemi ambientali legati alla perdita di biodiversità o al cambiamento climatico

Nel 2018 a Marinella di Selinunte, in Provincia di Trapani, sulla costa meridionale della Sicilia, venne trovatala la carcassa spiaggiata di una stenella striata (Stenella coeruleoalba) in buono stato di conservazione, probabilmente perché deceduta da poco.

Lo spiaggiamento di cetacei lungo la fascia costiera di quella zona è un evento frequente, per molteplici cause di origine antropica, dalle interazioni con le attività di pesca a quelle con il traffico nautico. Uno studio condotto recentemente ha stimato che nell’arco degli ultimi trent’anni, soltanto lungo quel tratto di costa siciliana del Mediterraneo centrale, di poco più di 300 km, si sono spiaggiati oltre duecento cetacei, per la gran parte stenelle. Quasi 5.000 invece gli spiaggiamenti in tutta Italia.

La notizia, quindi, potrebbe non sembrare di particolare rilievo, se non fosse perché al povero delfino è stata data una seconda chance di “vita”, The second life diremmo citando un recente film-documentario del regista Davide Gambino, dedicato al mondo dei musei e della tassidermia.

Un film che partendo da una tra le più antiche professioni museali, quella del tassidermista, per molti conosciuta come l’arte di imbalsamare gli animali, ci conduce ad una riflessione molto attuale sul rapporto uomo-natura.

Della rivalutazione del ruolo del tassidermista, interprete del linguaggio animale e traduttore del messaggio ambientale che il reperto può trasmettere, se n’è peraltro parlato in una giornata del Festival delle scienze a Roma.

In questa prospettiva di tutela e conservazione della biodiversità, i mammiferi marini hanno un apprezzabile ruolo comunicativo nella nostra società, perché veicolano informazioni sui processi ecosistemici che stanno alla base dello stato di salute degli oceani, il cui benessere, oggi, è sempre più legato alla salute umana in una visione olistica della natura, visione descritta con il termine One health. Di fatto, le minacce che colpiscono questo gruppo animale stimolano, anche emotivamente, l’interesse da parte della società civile verso i problemi ambientali legati alla perdita di biodiversità o al cambiamento climatico.

Non tutti sanno che i grandi cetacei hanno un ruolo fondamentale nell’immagazzinamento di carbonio su scala globale. Questi mammiferi marini sono gli unici organismi nell’oceano paragonabili ai grandi alberi delle foreste terrestri, in termini di dimensioni e capacità di stoccaggio del carbonio nel lungo periodo.

I cetacei di grandi dimensioni forniscono di fatto un servizio ecosistemico inestimabile; sono in grado di sequestrare grandi quantità di carbonio dall’atmosfera, di fatto assumendolo dalla dieta, contribuendo a limitare il riscaldamento globale.

Il loro ruolo è legato anche al mantenimento del fitoplancton (organismi microscopici vegetali), altro elemento marino che assorbe l’anidride carbonica. Le balene contribuiscono al mantenimento dell’abbondanza del plancton grazie alla loro azione di “fertilizzazione” delle acque a opera dei processi di escrezione ed eliminazione fecale e del successivo mescolamento degli strati marini superficiali durante le immersioni. Potremmo dire che i grandi cetacei hanno un duplice ruolo nell’azione di contrasto ai cambiamenti climatici.

Ritornando agli eventi di spiaggiamento, la carcassa di un cetaceo rappresenta un insostituibile materiale di riferimento per studi e ricerche in ambito marino; allo stesso tempo, può assumere un ruolo educativo che si realizza con il recupero e la musealizzazione dell’apparato scheletrico.

I mammiferi marini sono, infatti, specie carismatiche che possono trasmettere messaggi e contenuti di educazione ambientale in modo efficace.

Le loro grandi dimensioni corporee (l’animale più grande al mondo è la balenottera azzurra), la loro stretta parentela con noi esseri umani e la limitata possibilità da parte del cittadino comune di vederli vivi nel loro ambiente naturale contribuiscono ad accrescere la curiosità nei loro confronti e fanno di questo gruppo animali-totem nei musei naturalistici.

Non a caso nei più importanti musei naturalistici il pubblico è accolto da delfini e balene in una ostensione che valorizza l’imponenza di un singolo reperto, come la balenottera azzurra nel Museo di storia naturale di Londra, oppure viene condotto in un percorso tra la diversità delle specie, come la Galleria dei cetacei del Museo di storia naturale di Pisa o la Sala del mare nel Museo di storia naturale del Mediterraneo a Livorno, soltanto per citare alcuni esempi.

Una buona prassi in ambito museale, quindi, è quella che sfrutta le opportunità fornite dagli eventi di spiaggiamento per pianificare allestimenti e attività di divulgazione scientifica, concretizzate nella musealizzazione degli animali.

In Italia diverse strutture museali o spazi educativi tendono a seguire questa direzione, riprendendo comportamenti virtuosi che hanno visto realizzare le più importanti collezioni osteologiche di cetacei.

La stenella deceduta nel 2018 era un esemplare di femmina sub-adulta, lunga 179 cm, del peso di 65 kg. Dalla segnalazione alla Capitaneria di porto, all’affidamento all’Istituto zooprofilattico territoriale per la diagnostica e alla sede di Capo Granitola dell’Istituto Ias del Cnr, il delfinide ha seguito un iter che lo ha condotto al Laboratorio di allestimenti museali Naturaliter, per poi trovare la sua collocazione nel Museo di zoologia “P. Doderlein” dell’Università di Palermo.

Lo scheletro recuperato è stato montato all’interno di una sagoma trasparente posizionata a contorno per far comprendere la collocazione spaziale dei distretti osteologici nel piano strutturale del corpo. Oggi la stenella accoglie il pubblico all’ingresso del Museo, sospesa in alto, in un assetto dinamico, a voler ricordare i momenti giocosi in acqua e quanto la sua vita sia dipesa dal comportamento dell’uomo.