Dalla crisi la possibilità di una nuova sovranità alimentare: l’ottimismo dei contadini africani
All’Expo dei popoli il sindacalista maliano Ibrahima Coulibaly, fondatore del Cnop
La crisi delle economie mondiali, e di quella africana in particolare, farà sì che un modello “alternativo” come la sovranità alimentare possa imporsi sempre di più. E’ ottimista in questo senso Ibrahima Coulibaly il sindacalista contadino maliano fondatore del Cnop (Coordinamento nazionale delle organizzazioni contadine del Mali) e vicepresidente di Roppa (Rete delle organizzazioni contadine in Africa occidentale) ospite dell’ultima giornata di “Expo dei Popoli” (3-5 giugno a Milano) che chiude la tre giorni con la plenaria del titolo “La sovranità alimentare come atto politico”.
Coulibaly, coinvolto nella costituzione del nuovo diritto agrario in Mali, ha lavorato perché fosse riconosciuto il diritto alla sovranità alimentare e a “Expo dei Popoli” parla della sua lunga esperienza di militante: “Nei 15 Paesi africani che fanno parte di Cedeao (Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale) , grazie a un lungo lavoro di adovcacy, i governi hanno assunto e approvato delle linee politiche sulla sovranità alimentare. Questo non vuol dire che siano del tutto applicate”.
Associazioni come Cnop e Roppa hanno portato avanti battaglie importantissime da questo punto di vista e sono riuscite a mobilitare associazioni di produttori e società civile intorno alla causa della produzione e commercializzazione delle derrate alimentari. In questo senso il concetto di sovranità alimentare è politico: «L’approccio alla sovranità alimentare – dice Ibrahima Coulibaly – è nato in un contesto in cui in Africa occidentale c’era una forte linea politica dettata da Banca Mondiale che spingeva alla privatizzazione e allo smantellamento di ogni sostegno pubblico e di strutture di servizio per l’agricoltura. Si è assistito, in quel momento, a una spinta verso un’agricoltura di tipo liberalista e di un mercato in cui i piccoli agricoltori venivano tagliati fuori. La sovranità alimentare nasce quindi anche come strategia politica e di resistenza da parte delle comunità locali».
Un modo di resistere al liberismo e ai meccanismi che questo modello impone. «Con sovranità alimentare – continua il rappresentante del Cnop – non intendiamo una forma autarchica di organizzazione quanto piuttosto un sistema di produzione che si rivolge e crea un altro tipo di mercato: un mercato locale che non crea surplus per vendita all’estero e non è soggetto a dumping. Un mercato che dà giusto e equo compenso ai produttori” . La lotta è impari, le forze in campo ben diverse “ma – dice ancora Coulibaly – di fronte alla crisi i sistemi implodono ed è qui che si innesca il cambiamento e può entrare in gioco la sovranità alimentare».
Sui Paesi africani i problemi da fronteggiare secondo il sindacalista sono: l’accesso alle risorse naturali acqua e terra, accesso ostacolato anche dai fenomeni sempre più invasivi di land e water grabbing e dagli enormi interessi di multinazionali che hanno il controllo tanto delle risorse che dei governi stessi: «In Africa la situazione è politica molto complessa, abbiamo ereditato dei sistemi di governo dal colonialismo e adesso non sono allineati con la situazione africana. Inoltre molto spesso vengono fatte campagne elettorali da milioni di euro e i politici di indebitano con le multinazionali a cui poi devono rendere i soldi, quelli statali…».
Coulibaly fa parte di un comitato contro l’accaparramento delle risorse naturali, ma dice il percorso è lungo e anche pericoloso dati gli interessi in campo. Nel frattempo il principale lavoro della sua associazione, il Cnop, è quello della formazione con i piccoli produttori sia tecnica che politica. Cnop è partner COSPE nel progetto multi paese “Terra e Pace” e cura un programma di agro ecologia, che ha la sua base a Nyeleni (dove è stata fatta la dichiarazione di sovranità alimentare nel 2007 e sull’agroecologia proprio quest’anno) e che mira proprio a formare i contadini ( in particolare giovani e donne) e a creare scuole permanenti nelle zone rurali del Mali con l’obiettivo di realizzare vere e proprie filiere agro ecologiche dalle sementi fino alla commercializzazione .
«Senza l’accesso alla terra – chiude Coulibaly commentando il titolo del progetto – alla terra degli avi e al suo riconoscimento da parte degli stati, non si ha sovranità alimentare, non si ha pace».