A greenreport Dan Ariely, uno dei più noti economisti comportamentali al mondo
(Dis)onestà: la verità sulle bugie. Ecco perché mentiamo, anche a noi stessi
Ci piace pensarlo dei politici, ma in realtà tutti diciamo menzogne. Un nuovo film sta raccogliendo fondi per spiegarci come mai imbrogliamo (pure sull’ambiente)
«L’uomo è l’unico animale che arrossisce. O che ne ha bisogno», scrisse Mark Twain, e il vostro film (Dis)Onestà – La verità sulle bugie esamina la tendenza umana ad essere disonesti. L’uomo è anche l’unico animale a dire bugie?
«L’uomo non è l’unico animale in grado di mentire, tuttavia lo fa in maniera diversa rispetto agli altri animali. Ad esempio, immaginiamo una scimmia che occupa uno dei gradini più bassi della scala gerarchica e trova una mela: teoricamente dovrebbe offrirla alla scimmia che appartiene a un gruppo sociale superiore, eppure non lo fa. Quindi, anche gli animali mentono, ma lo fanno senza preoccuparsene. Tuttavia se ne rendono perfettamente conto, e sanno che ne subiranno le conseguenze. Al contrario, nell’essere umano la menzogna genera disagio e malessere, a prescindere dal fatto che qualcun altro se ne accorga. In un certo senso, ciò ci rende più onesti, dal momento che, diversamente dagli altri animali, il nostro Super-io è in grado di discernere il bene dal male. Al contempo, siamo in grado di razionalizzare le nostre azioni, al punto tale da non renderci più conto della scorrettezza del nostro comportamento, ossia non interiorizziamo la natura negativa della nostra condotta».
Perché l’uomo racconta bugie, secondo l’economia comportamentale?
«Possiamo distinguere due tipologie: la prima, non molto frequente, consiste in una valutazione dei pro e contro, finalizzata a imbrogliare, rubare o intraprendere simili azioni. La seconda, invece, si basa sulla razionalizzazione a proprio vantaggio. Ad esempio, quando si scarica illegalmente una canzone da Internet con la convinzione di non danneggiare nessuno; oppure, quando si evadono le tasse, con la scusa che si tratti ormai di una prassi comune o che i politici siano corrotti. Tutto ciò rientra nei modelli di cui si occupa l’economia comportamentale. Inoltre, esiste anche il caso dell’autoconvinzione, ossia una sorta di bugia rivolta a se stessi che sottintende una motivazione nel vedere le cose in un certo modo».
Spesso l’uomo sembra mentire anche a se stesso, come quando si nega l’evidenza scientifica del cambiamento climatico o dell’esaurimento delle risorse naturali. Perché, secondo lei?
«Prendendo in prestito un esempio sportivo, poniamo il caso di una partita: se l’arbitro fischia un fallo a favore della squadra avversaria, subito lo insultiamo o pensiamo male di lui, poiché siamo convinti e motivati ad agire in questa direzione. La motivazione gioca un ruolo fondamentale non solo in questo contesto, bensì anche in relazione al denaro, alla pigrizia, ecc. Così, ad esempio, possiamo avere una certa motivazione che ci impedisce di prendere atto degli effetti del riscaldamento globale o della crescente ingiustizia sociale. In un esperimento di cui mi sono occupato, ho studiato il fenomeno dell’elemosina, ossia nello specifico delle modalità con cui la gente fa l’elemosina ai mendicanti. Sostanzialmente, l’elemento chiave che spinge a fare l’elemosina è lo scambio di sguardi. Di fronte ai mendicanti, la gente, tuttavia, cercava in tutti i modi di non incrociare il loro sguardo, volgendosi piuttosto altrove per non essere testimone di queste ingiustizie, ma spesso non possiamo fare altro che guardare in faccia la realtà».
Traduzione a cura di Valentina Legnani, Valentina Legnani Traduzioni