Dopo il mare territoriale cosa c’è? L’Italia aspetta la propria Zona economica esclusiva (Zee)
A valle della legge 14 giugno 2021, n. 91 che la istituisce, l’iter si è fermato mentre gli altri Stati mediterranei si sono fatti avanti. Non senza problemi, come nel caso dell’Algeria
Nell’attuale cornice dettata dalla necessità di accelerare la transizione ecologica, un ruolo di assoluto rilievo assume la produzione di energia che origina dalle fonti rinnovabili (in primis sole e vento). Pertanto, spiccano per importanza e volumi di produzione gli impianti eolici offshore: esaminiamo la situazione attuale esistente in Italia, partendo dal panorama internazionale dei mari.
Il quadro giuridico internazionale scaturente dall’Unclos (United Nations convention on the low of the sea) costituisce uno dei più importanti risultati dell’attività di codificazione del diritto internazionale all’interno delle Nazioni Unite.
Molte delle previsioni della Convenzione in parola, peraltro, facevano già parte del diritto internazionale consuetudinario, ma non v’è dubbio che la loro puntuale codificazione, con la previsione di meccanismi ben definiti di risoluzione delle controversie, abbia costituito un progresso notevole sul piano giuridico-internazionale.
La Convenzione, spesso indicata col solo nome Montego Bay – dalla città caraibica dove venne firmata –, si configura come un codice esaustivo volto a regolare i comportamenti degli Stati sui mari e sugli oceani, e a regolare lo sfruttamento delle risorse, garantendo la salvaguardia dell’ambiente naturale in tali ambiti.
La ratio della Convenzione è legata al superamento delle quattro Convenzioni adottate nella Conferenza di Ginevra del 29 aprile 1958, che coprivano le materie dell’alto mare, del mare territoriale e della zona ad esso contigua, della piattaforma continentale, della pesca e preservazione delle risorse biologiche marine.
La messa a punto, quindi, della Convenzione di Montego Bay, che consta di 320 articoli e 9 allegati, adeguava il diritto del mare anzitutto al riconoscimento degli interessi degli Stati costieri, espandendone i poteri sui mari adiacenti, in particolare con la previsione dell’istituto giuridico della zona economica esclusiva.
Nella Convenzione veniva altresì riconosciuto l’interesse collettivo a preservare l’ambiente marino, consentendo allo stesso tempo lo sfruttamento di talune risorse minerarie al di là della giurisdizione marina nazionale dei vari Stati. La Convenzione lasciava intatta la tradizionale libertà di movimento e di comunicazione in mare ed un articolato sistema di risoluzione delle controversie.
Nella Convenzione del 1982, va ricordato, appaiono strettamente correlate le nozioni di “zona economica esclusiva” (Zee) e di “piattaforma continentale” (Pc).
La zona economica esclusiva, disciplinata dalla Parte V della Convenzione, può estendersi tassativamente non oltre le 200 miglia dalle linee di base da cui è misurata l’ampiezza del mare territoriale. A differenza della Pc, per poter divenire effettiva, deve essere oggetto di una proclamazione ufficiale da parte dello Stato costiero, notificata alla Comunità internazionale.
Il regime di delimitazione delle Zee tra Stati con coste adiacenti od opposte, analogamente a quello previsto per la piattaforma continentale, deve farsi per accordo in modo da raggiungere un’equa soluzione. In tale zona di mare lo Stato costiero:
1. Beneficia di diritti sovrani ai fini dell’esplorazione, dello sfruttamento, della conservazione e della gestione delle risorse naturali, biologiche e minerali, che si trovano nelle acque sovrastanti il fondo del mare, sul fondo del mare e nel relativo sottosuolo; questi poteri si sovrappongono a quelli sulla piattaforma continentale, assorbendoli completamente, e includendo anche altre attività dirette a fini economici, come la produzione di energia a partire dall’acqua, dalle correnti e dai venti, ma soprattutto la risorsa di maggior rilievo, ossia la pesca, oggetto principale della sovranità economica dello Stato costiero;
2. Esercita la propria giurisdizione in materia di:
a) installazione ed utilizzazione di isole artificiali, impianti e strutture;
b) ricerca scientifica;
c) preservazione e protezione dell’ambiente marino.
Nella Zee tutti gli Stati, costieri e privi di litorale, hanno libertà di navigazione e di sorvolo, di posa in opera di cavi e condotte sottomarine. Indubbiamente, la disciplina convenzionale attribuisce allo Stato costiero nella Zee vantaggi prima sconosciuti. Infatti, nell’area tutte le attività concernenti l’utilizzazione delle risorse rientrano nelle competenze dello Stato costiero, mentre tutte le attività relative alle comunicazioni internazionali restano comprese fra i diritti degli Stati terzi.
È importante aggiungere che, a prescindere dalla proclamazione della Zee, il suo esercizio può tuttavia essere attuato in modo parziale, relativamente all’ambiente marino, o alla pesca, o anche ad entrambe. A questo fine alcuni Stati – tra i quali l’Italia – hanno creato zone di protezione ecologica (Zpe) ovvero zone di riserva o protezione della pesca (Zrp/Pp). Benché tali zone non siano espressamente previste da norme positive, la prassi internazionale ne ammette l’istituzione quali zone sui generis costituenti un minus, alle quali si applica in via analogica la normativa prevista dall’Unclos per le Zee relativamente ad estensione, delimitazione ed esercizio di poteri di enforcement.
Le zone economiche esclusive attualmente esistenti nel Mar Mediterraneo
Nel Bacino mediterraneo, a fronte dell’esigenza di tutelare le proprie risorse ittiche dal continuo depauperamento messo in atto da flotte pescherecce provenienti da Paesi al di fuori del bacino medesimo o con la finalità di proteggere le loro coste dai rischi di inquinamento, molti Stati hanno già istituito da tempo delle Zee.
Tra questi alcuni Stati contigui o frontisti dell’Italia e, segnatamente: Croazia; Francia, che ha trasformato in Zee la preesistente Zpe (zona di protezione ecologica); Spagna, che ha trasformato la preesistente Zpp (zona di protezione della pesca); Tunisia; Libia, che ha trasformato in Zee la precedente Zpp. Tra gli altri Stati mediterranei che hanno proceduto ad istituire proprie Zee ricordiamo anche Cipro, Egitto, Israele, Libano, Marocco, Monaco, Siria e Turchia.
Una citazione a parte merita l’Algeria, che ha proceduto ad istituire una propria Zee (decreto presidenziale del 20 marzo 2018) senza un preliminare accordo con gli Stati frontisti e confinanti, creando un’area sovrapposta, ad ovest della Sardegna, alla Zpe istituita dal nostro Paese nel 2011 e con l’analoga Zee istituita dalla Spagna nel 2013: in particolare, la Zee algerina lambisce per 70 miglia le acque territoriali italiane a sud-ovest della Sardegna.
A fronte dell’attività compiutamente posta in essere da parte dei sopraelencati Stati mediterranei, stride come in Italia, fino ad oggi, non sono stati emanati decreti attuativi che stabiliscono con la necessaria certezza quali sono le Zee italiane.