Ecco come sostenere le microimprese nella transizione ecologica

Un nuovo studio italiano, basato sul caso dell’Emilia-Romagna, indaga driver e barriere delle innovazioni verdi

In Europa le microimprese, cioè quelle che contano fino a 9 dipendenti, contribuiscono in maniera significativa sia alla crescita economica sia all’impatto ambientale che quest’ultima ha sugli ecosistemi.

Aiutarle a diventare più pulite potrebbe quindi contribuire in modo considerevole al raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica, come promosso sia dal Green deal europeo sia dal programma NextGenerationEu.

Stando ai dati europei fino al 2021 le microimprese, infatti, rappresentano circa il 93% di tutte le imprese europee, contando un valore aggiunto del 18,1% e contribuendo all’occupazione per circa il 19,2%.

Considerando le loro caratteristiche e la loro forte presenza nel tessuto industriale, le microimprese sono un pilastro fondamentale per la transizione verde e tecnologica dell’Europa e, se non adeguatamente supportate, potrebbero essere quelle a pagare i costi di transizione maggiori in termini di reddito, occupazione, quote di mercato e produzione.

Le microimprese hanno un’organizzazione interna più semplice rispetto alle piccole e medie imprese (Pmi); il proprietario o il manager ha il controllo diretto sulla maggior parte dei processi aziendali, con conseguente elevato grado di flessibilità e di adattabilità ai cambiamenti delle tendenze del mercato e dell’ambiente esterno, che può aumentare l’adozione di innovazioni per guadagnare così posizioni competitive.

In un contesto così delineato la loro capacità di introdurre strategie eco innovative incontra simultaneamente elementi di freno e di forza. Da un lato, infatti, la flessibilità consente loro di modificare i modelli business in chiave circolare più agevolmente; dall’altro lato, i vincoli finanziari e la dipendenza dalla conoscenza e intraprendenza del solo titolare o manager possono costituire forti barriere.

Assume un ruolo considerevole, quindi, conoscere quali siano le determinanti che spingono le loro scelte strategiche circolari, per delineare strumenti di supporto adeguati a traghettarle nel “nuovo mondo” circolare.

Lo studio che presentiamo, sfruttando i dati raccolti su 439 microimprese emiliano romagnole, non solo ci dà una fotografia di quanto si presenta all’interno della regione, ma ci consente di conoscerne i meccanismi che sottendono le loro scelte in direzione circolare.

In particolare, lo studio ha osservato il ruolo che ricoprono gli investimenti di ricerca e sviluppo (R&S) per le imprese di questa dimensione. Ciò che emerge è che programmi generici non incrementano l’adozione di eco innovazioni, che sembrano invece essere stimolate da un’attività di R&S specifica e incentrata sul miglioramento dell’ambiente e sulla sostenibilità.

Anche una formazione specifica sembra assumere un aspetto rilevante: le competenze verdi rappresentano la chiave di volta per l’introduzione di strategie circolari, anche per le microimprese che puntano sulla formazione verde dei loro dipendenti.

Nell’economia moderna sempre più notevole è il supporto che le reti e i network di imprese possono avere per lo sviluppo economico, e infatti collaborazioni fra imprese rappresentano un forte driver che spinge anche le microimprese verso comportamenti verdi.

Com’era ragionevole aspettarsi, risultano completamente assenti i rapporti con università e istituti di ricerca in questo caso, date le modeste dimensioni, è particolarmente complicato tessere rapporti di collaborazione stabili, a differenza di quanto avviene per le piccole e medie imprese che dimostrano sempre più interesse in collaborazioni con gli enti di ricerca, e in questo campo i programmi come Pnrr e NextGenerationEu hanno certamente avuto un ruolo positivo nel promuovere la cooperazione fra il mondo industriale e quello della ricerca.

Quello che lo studio sottolinea è il ruolo positivo che nella maggior parte dei casi è giocato dalla “visione ambientale” che si riferisce al contributo della transizione ecologica come motore di crescita futura per l’azienda. Certamente questo può essere dovuto al fatto che imprese di dimensioni micro hanno strategie di business che da un lato riflettono la consapevolezza ambientale del titolare, e dall’altro vedono nelle pratiche circolari – specialmente quelle legate al riuso e al riciclo – un’opportunità per abbattere i costi.

Seppur con le dovute limitazioni date dal ristretto ambito geografico e dal numero di imprese che hanno partecipato alla rilevazione, ciò che emerge è che le microimprese appaiono interessate dalla nuova dimensione circolare.

L’adozione di strategie eco innovative, però, dipende da interventi mirati che puntino a supportare attività finalizzate al miglioramento delle condizioni ambientali. Inoltre, le loro peculiari caratteristiche – che le distinguono sensibilmente dalla Pmi – suggeriscono la necessità di politiche innovative che siano indirizzate in maniera specifica alla loro dimensione che, sebbene micro, non è certo irrilevante nella sfida contemporanea verso la transizione ecologica.