Anche a Brisbane il G20 sostiene azione contro global warming. Come?

Emissioni, come cambia il clima mondiale dopo l’accordo Cina – Usa

Per allontanare l’economia dal business as usual servono strumenti di shock: ecco quali

L’accordo tra Cina e Stati Uniti verso una riduzione statunitense di più del 20% rispetto al 2005, e per una riduzione delle emissioni cinesi (un turning point della dinamica) intorno al 2030 sono sicuramente un passo positivo, soprattutto di riconoscimento politico del problema a livello globale come evidenziato anche da quanto emerso nel vertice G20 di Brisbane, appena concluso. L’Europa ha bisogno di Usa e Cina per aumentare efficienza ed efficacia globale della strategia 2020-2030-2050 verso la low carbon economy.

Tuttavia, la definizione di un target, la cui credibilità e realizzazione nessuna autorità sovranazionale può garantire, rimanda agli strumenti di policy che sono volti a perseguirlo. Strumenti di politica ambientale, industriale, sull’innovazione. Se rimaniamo nell’alveo della politica e regolamentazione ambientale ed energetica, possiamo osservare come la situazione attuale sia caratterizzata in Europa da (i) un importante ma fragile mercato delle emissioni – EU ETS – il cui funzionamento e miglioramento è rimandato a dopo il 2020, (ii) assenza di carbon tax e livello delle tassazione energetica ed ambientale in calo in termini reali sul PIL rispetto a fine anni 90 in molti paesi, (iii) politiche energetiche, inclusi i pacchetti di supporto/sussidio alle rinnovabili, eterogenee in quanto – anche giustamente su basi economiche – decentrate nella loro implementazione.

Il ruolo delle politiche è aumentare il costo delle opzioni fossili e fornire incentivi all’innovazione di medio-lungo periodo. La fissazione di obiettivi è il primo passo. Le politiche sono tra i fattori che possono cambiare il business as usual (BAU). Senza confronti tra questo e gli scenari alternativi non è possibile nemmeno giudicare il costo sociale, o la difficoltà di raggiungere un determinato obiettivo. Ad esempio, non era chiaro dai meri obiettivi fissati a Kyoto se il -12.5% britannico fosse più ambizioso o costoso dei +x% spagnoli, greci e portoghesi senza il confronto tra quella che sarebbe stato lo sviluppo di PIL ed emissioni senza e con Kyoto. Il 12.5%, ad esempio, poteva essere una mera scrittura del business as usual. Questo è vero oggi per gli obiettivi cinesi e Usa, forse più per i primi (The Economist, 15 Novembre, pag. 39). Anche se non fossero meri BAU, come non è per la maggior parte dei settori europei un BAU il -40% entro il 2030, rimane la domanda: quali sono i fattori di ‘shock’ o cambiamento che permetteranno di raggiungerli? I fattori possono essere o di mercato, in primis i prezzi del petrolio, e/o di policy (e.g. un prezzo delle emissioni di 50, 100, 200$ per tonnellata).

Il prezzo del petrolio è ora sotto i 100$, un livello che non muterà sostanzialmente il mix energetico nei prossimi 30 anni (Le Monde, 13 Novembre 2014) secondo la IEA. Il prezzo della CO2 è sì oggi positivo in alcune aree del globo, ma basso e senza aspettative di forti rialzi nel breve futuro, nonostante l’ETS europeo potrebbe portare a prezzi in incremento causa riduzione delle quote concesse e (eventuali) aumenti del PIL.  Nell’ultimo anno il carbon price è salito a 7€, del 35% in dollari.

L’introduzione di carbon taxes, le quali definiscono un prezzo e danno più certezza sullo stesso (in quanto non lo lasciano, come l’ETS, al gioco di mercato), è sempre frenato da ragionamenti sul costo di breve e sui rialzi dei prezzi. Anche se, si nota, il momento per l’uso di carbon tax ai fini di abbattimenti di altri gettiti o sussidi all’innovazione sarebbe adatto, con un’inflazione molto bassa e alta disoccupazione.

In sintesi, strumenti e fattori di shock ‘servono’: la storia insegna che per allontanarsi dal BAU l’economia deve ‘reagire’, con innovazione (Gilli et al. 2014), cambiamento strutturale e composizione settoriale, nuovi mix energetici. È quello che è successo in Europa del Nord dopo il secondo shock petrolifero e Rio. Vero che parte delle emissioni potrebbero essere state solo dislocate vero produzioni in paesi emergenti, ma questo è vero anche per gli altri paesi industrializzati. Recenti studi dimostrano come la dinamica delle emissioni possa ‘svotare’ non per fattori legati al PIL, ma piuttosto per fattori legati a cambiamenti strutturali e specifici avvenimenti temporalmente definiti (Mazzanti e Musolesi, 2013; 2014, e le figure 1-3).

  1. Gilli M. Mancinelli S. Mazzanti M., 2014, Innovation complementarity and environmental performances: reality or delusion? Evidence from the EU, Ecological Economics.
  2. Mazzanti M. Musolesi A., 2014, Non linearity, heterogeneity and unobserved effects in the CO2 income relation for advanced countries, Studies in non linear Dynamics and Econometrics, Ottobre
  3. Mazzanti M. Musolesi A. 2013, Carbon Kuznets curves for advanced countries, Applied Economics

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