Francia, Macron tira le fila del Grande dibattito
Un inedito esercizio di democrazia deliberativa al quale hanno partecipato 1,5 milioni di francesi: il presidente propone di creare un Consiglio di difesa ecologica e di una Convenzione popolare di 150 membri (tirati a sorte) sul clima
Il 25 aprile il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, ha annunciato gli indirizzi politici scaturiti dal Grande dibattito nazionale. Come siamo arrivati sin qui? Vale la pena ricapitolare le vicende politiche francesi legate alla crisi dei gilet gialli scatenata dalla tassa sui carburanti. 17 novembre 2018: primo sabato di protesta dei gilet; 10 dicembre: le prime misure annunciate da Macron, riguardanti salari, pensioni e soppressione della tassa sui carburanti (costo stimato circa 10 miliardi di euro); 14 gennaio 2019: lettera ai francesi; 15 gennaio: inizio del Grande dibattito nazionale che si conclude il 15 marzo; 8 aprile: il primo ministro Édouard Philippe tira le prime conclusioni; 15 aprile: l’intervento di Macron rimandato a causa dell’incendio di Notre-Dame. L’intervento si trasforma in una conferenza stampa tenuta il 25 aprile. Nel frattempo i gilet hanno continuato le loro manifestazioni con una diminuzione di partecipanti e un crescendo di violenza.
Il Grande dibattito è stato un inedito esercizio di democrazia deliberativa con il quale Macron ha cercato di rispondere al problema della crisi politica e di fiducia nelle elite sollevato dalla protesta dei gilet. Al Grande dibattito hanno partecipato circa un milione e mezzo di francesi, con varie modalità: cahiers de doléances, contribuzioni sulla piattaforma internet, riunioni locali e conferenze regionali.
Il primo ministro Philippe nella sua sintesi politica dell’8 aprile ha indicato quattro urgenze sociali: diminuzione delle tasse, prossimità dei servizi sociali, una democrazia più rappresentativa e infine il cambiamento climatico. Temi simili a quelli annunciati nella lettera di Macron: la fiscalità e le spese pubbliche, l’organizzazione dello Stato e dei servizi pubblici, la transizione ecologica, e la democrazia e la cittadinanza.
In pratica gli stessi temi si ritrovano nella sintesi fatta il 25 aprile da Macron che ha indicato quattro orientamenti principali, dato che il Presidente, secondo lo spirito della Quinta repubblica, si limita a indicare gli indirizzi lasciando al Governo e al Parlamento la realizzazione di misure concrete. Il primo riguarda la democrazia e le istituzioni: diminuzione del numero di firme per chiedere un referendum di iniziativa condivisa col parlamento, quota proporzionale nelle elezioni politiche, diminuzione del numero dei deputati. Il secondo la giustizia fiscale con una diminuzione delle tasse dei ceti medi per 5 miliardi. Il terzo il clima e la creazione di una Convenzione popolare di 150 membri tirati a sorte per discutere sulle misure per la transizione ecologica e un Consiglio di difesa ecologica. E infine un progetto nazionale francese in cui vengono toccati i temi dell’identità francese come la laicità.
Mentre sui temi economici e politici Macron ha dato indirizzi precisi, su quelli ecologici ha rimandato la palla al giudizio popolare. Macron non poteva rimettere la tassa sui carburanti che aveva dato origine alla protesta e neppure rimanere senza far nulla quando il cambiamento climatico è sempre stato al centro del suo programma. Quindi ha proposto la commissione di 150 sorteggiati che dovrebbe preparare una proposta da sottomettere all’Assemblea, e forse andare a un referendum popolare. A livello governativo propone invece il Consiglio di difesa ecologica in analogia col Consiglio di difesa (militare) dato che la transizione è trasversale ai vari ministeri.
Le reazioni a questi indirizzi ambientali sono state di vario tipo: Jean-François Julliard, direttore di Greenpeace-France critica la mancanza di misure concrete sulla transizioni ecologica, come per esempio la ristrutturazione degli edifici per l’efficienza energetica, mentre Pascal Canfin, ex-direttore Wwf-France, ma schierato col partito del Presidente, mette l’accento sul Consiglio di difesa ecologica, come fa anche Nicolas Hulot, ex-ministro per la Transizione ecologica, che aveva dato le dimissioni nell’agosto 2018 in polemica con la politica del Governo, che apprezza il Consiglio di difesa in quanto organo trasversale e anche la Convenzione nazionale, ponendo tuttavia il problema della competenza scientifica in materia di questioni ecologiche che rimane in dubbio sui 150 tirati a sorte.
Ovviamente le reazioni dei gilet sono state negative, ma lo sarebbero state comunque a meno che Macron non avesse annunciato le sue dimissioni e nuove elezioni. L’interesse di Macron non era convincere l’opposizione dura ma riconquistare il consenso del suo variegato movimento, “La République En Marche!”, che tiene insieme frange della destra e della sinistra non estreme.
Da un sondaggio si rileva che solo il 37% ha ritenuto convincente il discorso del presidente. Certo non ha aiutato l’accento posto sulla necessità di lavorare di più, da ottenere con l’aumento dell’età pensionabile su base di incentivo per il calcolo della pensione. Il problema è che Macron e populismo non vanno d’accordo sia per formazione che per carattere, il che lo porta a scelte talvolta impopolari anche se necessarie.