Gli animali del Parco Adamello Brenta in nove racconti e due interviste

Dal Trentino una “prima” nell’ambito della divulgazione scientifica, con il nuovo libro “Noi Parco: la fauna”

Si possono coniugare una fiction intelligente ed empatica con il rigore dell’informazione scientifica? Filippo Zibordi, Mauro Fattor e Anna Sustersic sono convinti di sì e il risultato è decisamente efficace e sorprendente. I tre sono gli autori del libro “Noi Parco: la fauna”, primo volume del nuovo progetto di comunicazione del Parco Naturale Adamello Brenta, in Trentino, che prevede due collane editoriali: una di taglio più scientifico, “Conoscere”, e l’altra di taglio più divulgativo, che si sviluppa a sua volta lungo due percorsi, “Luoghi” e “Natura Cultura”.

Per la struttura innovativa che lo caratterizza, l’impianto narrativo di “Noi parco: la fauna”, primo titolo del percorso “Natura e cultura”, costituisce una prima assoluta nell’ambito della divulgazione scientifica di una grande area protetta italiana.

L’obiettivo è di informare abitanti e frequentatori del Parco in merito ad habitat, specie, ricchezza della biodiversità, criticità, dell’area protetta più vasta del Trentino, promuovendo comportamenti a favore della tutela dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile.

Nella prima parte del libro, dopo l’introduzione del presidente del Parco Walter Ferrazza, trovano spazio due interviste ad altrettanti zoologi, Andrea Mustoni, coordinatore scientifico del Parco, e Marco Apollonio, docente di Zoologia e Wildlife Management all’Università di Sassari, che raccontano in modo puntuale e dettagliato cosa caratterizza la fauna dell’Adamello-Brenta, quali sono le ricerche scientifiche in corso e quali le sfide alla conservazione della biodiversità locale: dall’orso al lupo fino agli invertebrati, affrontando i temi della coesistenza uomo-animale e degli adattamenti alla crisi climatica, lungo un equilibrio dinamico che va costruito giorno dopo giorno.

Fin qui ci muoviamo nel solco di uno schema che potremmo definire quasi classico se non fosse che la scelta della forma-intervista per toccare questo tipo di temi – tanto più trattandosi di un libro – evidenzia già di per sé lo sforzo di una comunicazione molto diretta, una semplificazione che ha come obiettivo quello di arrivare al lettore senza fronzoli e senza troppe mediazioni.

Di tutt’altro tenore la seconda parte, quella di taglio più prettamente narrativo – e anche quella più innovativa e interessante –, dove a parlare sono invece nove personaggi, immaginari ma “reali”.

Tutti hanno qualcosa da dire, e lo dicono con le voci che gli sono proprie: la turista nipote di immigrati che scrive una lettera al nonno traboccante di entusiasmo, il coreografo che mette in scena uno spettacolo di danza all’interno del Parco e che confessa il suo stupore nello scoprire un’arena di canto del gallo forcello, il ricercatore che illustra al suo responsabile i risultati delle sue attività e così via.

Nove inconsapevoli “testimoni”, o forse sarebbe meglio dire “esploratori” che, attraverso linguaggi diversi e modulati con differente intensità narrativa, danno voce a chi il Parco lo vive e lo frequenta per davvero, tanto da residente quanto da turista.

Ma perché questo doppio registro, questa differenza così marcata tra la prima e la seconda parte? A spiegarlo, tra le righe. Sono gli stessi autori: «L’idea di fondo – scrivono gli autori nell’introduzione – è quella che in ogni animale selvatico c’è qualcosa che parla di noi e che in noi c’è sempre il modo di tendere l’orecchio e di ascoltare quel mondo di pelo e di piume. Magari entrandoci di traverso, come in qualche caso abbiamo fatto».

Insomma, non conta chi tu sia, quale sia il tuo retroterra sociale o culturale: a contare davvero sono la tua curiosità e capacità di metterti in ascolto. Attenzione però: la differenza tra la prima e la seconda parte del libro non diventa mai una cesura perché pensieri diversi, emozioni, divagazioni, parole dette e non dette dai nove inconsapevoli esploratori trovano la propria cornice di riferimento proprio nelle due interviste iniziali, a garanzia che non un solo dato scientifico risulta inesatto o fuori posto, dalla prima all’ultima pagina.

Il consiglio, dunque, è semplice: mettetevi il libro nello zaino. Ne vale la pena. Il volume è già disponibile presso gli uffici dell’area protetta e lo sarà a breve anche in una serie di librerie trentine.

Per finire due parole sugli autori: Filippo Zibordi, esperto in conservazione della fauna alpina, è laureato in Scienze naturali ed autore di libri sulle problematiche di conservazione dell’ecosistema alpino; Mauro Fattor invece, laureato in Filosofia a Milano e con studi di Etologia a Vienna, si occupa da oltre 30 anni del rapporto tra società, ambiente e media con riferimento al ritorno dei grandi predatori; Anna Sustersic, laureata in Scienze ambientali e con un master in Comunicazione della scienza, cura progetti di sensibilizzazione su temi di conservazione e rapporto uomo natura.