Il picco delle risorse non riguarda solo l’energia
Green economy, terre rare e minerali: i limiti del pianeta valgono per tutti
Un’analisi recentemente condotta dai ricercatori del prestigioso Massachusetts Institute of Technology con un particolare focus sulle terre rare (MIT, Elisa Alonso et al., Evaluating Rare Earth Element Availability: A Casde with Revolutionary Demand from Clean Techonologies, Environmental Science and Technology, 46, 6; 406-414) giunge a indicare un’ombra sul futuro delle tecnologie pulite, tra cui l’eolico e le automobili elettriche. Lo studio avverte che le risorse globali di neodimio, utilizzato per i magneti delle turbine eoliche, e il disprosio, impiegato nei veicoli elettrici, con l’aumento vertiginoso della domanda di tecnologie pulite potrebbero presto scarseggiare sul mercato mondiale. Si è calcolato che nei prossimi 25 anni, se le emissioni di gas serra verranno ridotte secondo gli obiettivi fissati, la domanda di neodimio potrebbe aumentare del 700% e quella del disprosio del 2.600%. I mercati, però, potrebbero non avere la capacità sufficiente a soddisfare tale domanda. Questi “elementi delle terre rare” vengono estratti quasi esclusivamente in Cina, che applica restrizioni alle licenze estrattive e alle esportazioni per cercare di conservare le sue riserve.
Con il termine “terre rare” ci si riferisce alla serie dei lantanoidi (una volta definiti lantanidi) cioè un gruppo di 15 elementi chimici che presentano un numero atomico da 57 a 71. Gli elementi delle terre rare erano ritenuti in passato presenti solo in minerali rari, da cui il loro nome; in realtà sono un po’ più diffusi di quanto si ritenesse. I minerali in cui gli elementi delle terre rare sono presenti in quantità sufficiente per essere estratti sono diversi tra cui la monazite, la bastnaesite, la xenotina e anche, ma in misura minore, l’apatite e l’uraninite. Questi minerali sono localizzati, per più del 95% del totale, in Cina, negli Stati Uniti (soprattutto nel Minnesota) e in India; la Cina da sola ne dispone per l’80% circa.
Nei prossimi decenni, la sfida per garantire un’offerta di mercato sufficiente non è limitata a elementi poco conosciuti. Si estende a risorse più comuni, come il fosforo, minerale vitale per l’agricoltura, e a metalli come rame e oro. Poiché tali risorse non sono rinnovabili, un gruppo sempre più folto di analisti teme che, mentre nel 20° secolo le risorse minerari ed i metalli erano più facilmente accessibili ed economici da estrarre, in questo secolo, le risorse non rinnovabili da portare sul mercato potrebbero essere sempre più scarse e costose.
Il neodimio e il disprosio non sono geologicamente limitati e, come per molte altre risorse minerarie, vengono continuamente identificati nuovi giacimenti (ora la Groenlandia viene identificata come nuova possibile fonte di elementi delle terre rare). Il problema invece riguarda l’accessibilità dei minerali e dei metalli, e se la loro estrazione possa continuare a essere redditizia. L’energia costituisce un input che desta forti e motivate preoccupazioni, in particolare con la consapevolezza sempre maggiore di un “picco del petrolio” e con l’ovvia problematica della finitezza dei combustibili fossili.
Il concetto di EROI (Energy Return on Energy Invested, il ritorno energetico sull’investimento energetico), originariamente proposto da noti studiosi di energetica come Cutler Cleveland, Charles Hall, Robert Herendeen e Randall Plant, è molto importante in queste analisi. La logica dell’EROI è molto chiara: le trivellazioni petrolifere o le estrazioni di carbone non hanno molto senso se l’energia necessaria all’estrazione è maggiore di quella estratta, cioè se il ritorno energetico sull’investimento energetico è negativo.
Di fatto, gli analisti ritengono che la quantità di energia investita nelle trivellazioni e nel pompaggio sia in rapido aumento e le rese dei pozzi e delle miniere in calo: l’EROI sta precipitando a livelli preoccupanti. Il già citato Cutler Cleveland della Boston University ha riscontrato che l’EROI di petrolio e gas negli Stati Uniti è calato da 100:1 nel 1930 (vale a dire che con l’energia prodotta da un barile di petrolio se ne potevano estrarre 100) a 30:1 nel 1970 e 11:1 nel 2000. In altre parole, è necessaria sempre più energia per estrarre lo stesso quantitativo di energia, mano a mano che le imprese scavano o trivellano sempre più in profondità estraendo risorse di qualità inferiore che necessitano di una lavorazione più intensiva.
Le implicazioni fanno riflettere. Il surplus, o energia netta, cioè l’energia liberata dalle miniere o dai pozzi dopo un investimento energetico di un barile di petrolio o di una tonnellata di carbone, ha costituito un elemento fondamentale degli straordinari progressi degli ultimi due secoli tra cui quelli tecnologici, economici e sociali. Senza esagerare, il surplus di energia ha costituito veramente il fondamento materiale della nostra civiltà. Ora, poiché è necessaria sempre più energia per estrarne sempre più, è disponibile sempre meno surplus energetico per tutte le altre attività economiche, tra cui l’industria mineraria e altre attività estrattive.
Ci ricorda Gary Gardner del Worldwatch Institute che un EROI in pareggio potrebbe essere molto più elevato di 1:1. Il già citato Charles Hall della State University di New York calcola l’EROI minimo dei carburanti per i trasporti a 3:1, dopo aver considerato l’energia necessaria per la lavorazione del combustibile, per la costruzione dei macchinari per utilizzarlo (ad esempio un auto) e per la costruzione e la manutenzione delle infrastrutture (ad esempio le autostrade) necessarie ai macchinari. Ma le destabilizzazioni economiche potrebbero farsi sentire molto prima di raggiungere la soglia del 3:1.
Il modello di Hall indica che gli incrementi dei prezzi dovuti a un calo dell’EROI tendono ad accelerare quando l’EROI raggiunge il 10:1 circa, molto vicino a un EROI 11:1 previsto da Cleveland per il 2000. Una volta raggiunta la soglia dell’ascesa dei prezzi per i vari combustibili fossili, la fattibilità di qualsiasi processo che implica l’uso di energia fossile viene seriamente messa in discussione. Un’altra dinamica ancora poco nota che potrebbe avere degli effetti sulle attività estrattive è che le tendenze all’aumento dei prezzi di una risorsa potrebbero allargarsi ad altre.
Il McKinsey Global Institute sottolinea che i prezzi di quattro categorie di beni di consumo, energia, metalli, materie prime per l’agricoltura e cibo, sono oggi interconnesse come non lo erano mai state nel secolo scorso. Ciò significa che i prezzi degli input, come acqua ed energia, possono combinarsi elevando i costi dell’industria estrattiva.
E’ sempre più evidente che abbiamo di fronte a noi un immediato futuro molto complesso e difficile da affrontare; potremo affrontarlo bene solo cambiando veramente rotta all’impostazione dei nostri modelli di sviluppo.
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