Con i Romani. Per un’antropologia della cultura antica
È possibile porre domande nuove alla cultura degli antichi Romani? Ed è possibile che essa ci fornisca risposte interessanti, capaci magari di farci capire di più su qualche aspetto delle nostre vite di oggi? Che ci parli, ad esempio, del nostro rapporto con la religione, di come costruiamo il rapporto con lo spazio che ci circonda (urbano e non), dei rapporti che intrecciamo con i nostri simili o con le altre specie viventi? Nel suo ampio ventaglio di proposte – un’introduzione metodologica e 15 capitoli tematici, curati da specialisti del mondo antico riuniti intorno al centro di Antropologia del Mondo Antico dell’Università di Siena – il libro curato da Maurizio Bettini e William M. Short (il Mulino, 2014) può esser letto come una risposta pratica, accessibile al lettore non specialista dell’antichità, a queste – ed altre – domande.
Con i Romani
Il titolo cela un programma ambizioso: Con i Romani non evoca soltanto il dialogo con gli antichi, un confronto con i testi e gli oggetti che ci hanno lasciato, e con i miti, le storie, le abitudini – in una parola: la cultura – che essi racchiudono. Esso propone, invece, una conversazione molto particolare: un dialogo condotto “con le parole” stesse dei Romani, cioè secondo i termini che i Romani impiegavano per rappresentarsi il loro mondo, e secondo i concetti e le categorie a cui quei termini rimandavano.
Un’antropologia della cultura antica
Gli autori, insomma, hanno cercato di adottare un punto di vista, per quanto possibile, “interno” alla cultura di cui si occupano (uno sguardo “emico”, dicono gli antropologi). Così, ad esempio, per parlare di traduzione l’attenzione si sposta subito alle maniere in cui i Romani ne stessi parlavano: il lessico e le immagini che essi adoperavano a questo proposito rinviavano ad un’idea di “trasformazione radicale” (vertere). Simili particolarità del lessico diventano punti di partenza per un’analisi ampia dei discorsi e delle pratiche antichi. Nell’esempio della traduzione, proprio come i Romani ne parlavano come di una completa metamorfosi, così ci hanno lasciato delle traduzioni dal greco in latino che appaiono estremamente libere ai nostri occhi: appunto, “radicalmente trasformate”.
Comparare…
Ecco dunque come M. Bettini e W.M. Short pensano la loro antropologia “Con i Romani”: un’analisi condotta con le loro categorie che renda visibili, per contrasto anche le nostre, quelle che diamo per scontate perché ci sono troppo familiari. Proprio alla necessità di comparare culture diverse – e alla maniera in cui già gli antichi lo fecero – si rivolge il primo capitolo del testo, che segna la strada per i capitoli successivi.
… ed altre quattordici proposte
Un primo campo di riflessione è la “religione” degli antichi, con lo sforzo di avvicinarsi al politeismo, al mito, al sacrificio e alla stregoneria senza sovrapporre alle pratiche antiche i valori di cui queste parole si sono caricate nel corso della storia, spesso estranei a quel contesto e derivati dall’esperienza religiosa del cristianesimo. Come in un’opera paziente di restauro, appaiono particolari inaspettati di quell’esperienza di un “divino al plurale” che segnava la quotidianità di antichi Greci e Romani.
Dal rapporto con gli dèi, si passa alle relazioni che i Romani hanno intessuto tra loro e con il loro ambiente: come hanno creato uno spazio significativo – intriso dei miti e della storia dell’urbe, in cui ciascuno potesse riconoscersi; come hanno pensato e strutturato i rapporti di parentela, e quelli dell’amicitia ; come hanno orientato i loro scambi economici, secondo idee e pratiche molto diverse da quella “massimizzazione razionale dei profitti” che il moderno neo-liberismo vorrebbe universali. E ancora, gli animali – che purtroppo sono stati spesso studiati solo come oggetti dell’attività umana, anziché soggetti coinvolti in una relazione; e poi l’uso e la classificazione delle piante, nella cui percezione si fondono elementi botanici e culturali.
L’ultima sezione è dedicata al tema della rappresentazione, in senso ampio. L’enigma, l’attenzione per l’interpretazione dei segni, il discorso metaforico diventano altrettante finestre che permettono di mettere a fuoco le particolarità della cultura antica – e della nostra. Infine, le immagini: con una serie di proposte per affrontare con uno sguardo nuovo le immagini e i reperti archeologici che segnano il territorio intorno a noi e tanto ci rendono orgogliosi del nostro patrimonio.
di Alessandro Buccheri