Il seguente testo è stato redatto per il settimanale ambientale de "il manifesto", l'ExtraTerrestre, con cui greenreport ha attiva una collaborazione editoriale
Il castello di sabbia dell’economia mondiale
Una materia prima utilizzata con voracità nei più svariati settori, dal calcestruzzo al silicio: i consumi annuali sono 9 volte superiori a quelli del petrolio
Quando si nomina la sabbia il pensiero corre subito alla spiaggia del mare costituita, in molte coste del mondo, da fini granelli multicolori. Si pensa poco alla sabbia come materia prima industriale e come merce, eppure nel mondo vengono usate ogni anno 40 miliardi di tonnellate di sabbia e ghiaia, una quantità nove volte superiore a quella del petrolio estratto nel mondo nello sesso periodo, destinate per la maggior parte alla preparazione del calcestruzzo, la miscela essenziale per la costruzioni di edifici, ponti, strade.
Già migliaia di anni fa in Egitto, Mesopotamia, Cina, Roma, dovunque sono sorte le antiche civiltà e città, erano noti ed usati materiali naturali con cui costruire edifici resistenti nel tempo con strutture anche ardite come ponti e cupole.
Con lo sviluppo delle analisi chimiche è stato possibile conoscere la composizione di questi antichi leganti e capire il ruolo di ciascuno degli ingredienti, e nei primi anni dell’Ottocento è stato possibile fabbricare, scaldando ad alta temperatura argilla e calcare, dei leganti artificiali, i cementi, capaci di riprodurre una volta miscelati con sabbia come calcestruzzo, delle strutture edilizie resistenti come quelle antiche e anche più.
Oggi il calcestruzzo è composto, all’incirca, da 600 chili di sabbia, 1200 chili di ghiaia, 300 chili di cemento e 150 chili di acqua, per metro cubo di calcestruzzo. La composizione varia moltissimo a seconda dell’impiego finale del calcestruzzo. Dopo la miscelazione degli ingredienti la massa di calcestruzzo, tenuta in continua agitazione, viene gettata nelle forme di muri, colonne, piastre; quasi subito comincia la presa, cioè la trasformazione della miscela in un materiale duro e resistente che raggiunge la sua massima resistenza dopo circa un mese.
Nella seconda metà dell’Ottocento vari ingegneri scoprirono che gli edifici potevano essere più sicuri se costruiti gettando il calcestruzzo intorno a una rete di acciaio ottenendo così il cemento armato, il che ha fatto aumentare ulteriormente la richiesta di cemento e di anche di sabbia.
Si stima che, nel mondo, ogni anno, la produzione di cemento nel mondo ammonti a circa 4-4,5 miliardi di tonnellate e quella di calcestruzzo a circa 30 miliardi di tonnellate, a cui corrisponde una richiesta mondiale annua di circa 8-10 miliardi di tonnellate di sabbia e questo solo nel settore dell’edilizia. La sabbia usata per il calcestruzzo deve avere caratteristiche merceologiche particolari; la sabbia del mare, apparentemente molto abbondante, in genere non si presta come tale a causa dei residui di sali marini e richiede un lavaggio, come anche devono essere lavate le sabbie di molti fiumi.
Tutto questo movimento dell’umile sabbia comporta trasporti terrestri e marittimi e grossi affari, benché il prezzo della sabbia da calcestruzzo sia di appena circa 15 euro alla tonnellata. Esiste un commercio internazionale di sabbia; a Singapore, dove esiste una frenesia di costruzioni anche su terre create dal mare, la sabbia viene importata dalla Malesia e dal Vietnam. Esiste anche un contrabbando di sabbia estratta abusivamente anche dal fondo del mare, con alterazione degli ecosistemi.
Ma la sabbia viene impiegata anche in molte altre attività. Per esempio nella fabbricazione del vetro di cui la silice della sabbia è l’ingrediente principale. Noto da tempi antichissimi, il vetro è prodotto nel mondo in ragione di circa 150-200 milioni di tonnellate all’anno di vetro usando circa 100 milioni di tonnellate di sabbia.
In questo caso si tratta di sabbia con rigorose caratteristiche chimiche e fisiche perché la silice interviene in complesse reazioni chimiche con il carbonato sodico, l’altro ingrediente del vetro.
Il secondo consumo di sabbia è costituito da quella usata, insieme ad acqua sotto pressione, nella frantumazione delle rocce che tengono intrappolati petrolio o gas naturale. In genere è ottenuta dalla macinazione di rocce arenarie costituite da granuli arrotondati di sabbia; il suo uso è crescente e arriva a circa 100 milioni di tonnellate all’anno.
La sabbia è usata anche per gli stampi in cui sono versati i metalli fusi. Ci sono anche usi nobili. Dal 1954 la silice ha fatto il suo ingresso prepotente nella tecnologia come fonte dell’elemento silicio di cui in quell’anno furono scoperte, con adatte modifiche, le proprietà di semiconduttore adatto per costruire cellule fotovoltaiche capaci di trasformare la radiazione solare in elettricità, e di essere usato al posto delle valvole termoioniche nelle radio e, subito dopo, nei calcolatori elettronici.
La produzione del silicio metallico purissimo richiesto dall’industria elettronica e per pannelli fotovoltaici, parte, come al solito, dalla sabbia, anche se occorre impiegare sabbie molto pure, povere di elementi estranei. La sabbia viene scaldata in forni elettrici con carbone che elimina gli atomi di ossigeno e libera il silicio grezzo che deve essere ulteriormente purificato.
Silicon Valley, la valle del silicio, è il nome della zona californiana in cui si sono insediate le prime e principali industrie fabbriche di apparecchiature e elettroniche. La produzione mondiale del silicio metallico si aggira intorno a 7 milioni di tonnellate all’anno. Col silicio si preparano anche derivati organici, chiamato siliconi, che possono essere fabbricati in forme varie, da liquidi a gomme, resistenti all’acqua adatte per adesivi, impermeabilizzanti, eccetera. La loro produzione mondiale si aggira intorno a un milione e mezzo di tonnellate all’anno.
La sabbia sembra una materia prima quasi illimitata se si pensa ai deserti, alle rive del mare, a depositi formatisi dopo l’evaporazione di antichi mare. In realtà è meno di quanto si pensi, perché solo una parte si presta agli usi prima indicati. La sabbia dei deserti è troppo pulverulenta; restano i depositi lungo le rive del mare o quelli dei laghi e dei fiumi. Ma la natura non dà niente gratis e, dovunque si prenda la sabbia, si provocano disturbi ambientali. Se si preleva dalla riva del mare si innescano fenomeni di erosione che distruggono le coste e arrivano a far crollare gli edifici vicini al mare. Per rimediare vengono prelevate sabbie dai fondali e riportate sulla spiaggia dove il moto del mare e il vento le portano di nuovo al largo. Però anche il prelievo di acqua dal fondo del mare vicino alla costa altera delicati ecosistemi, dal momento che la grande massa di fini granuli di sabbia ospita una vivace vita di organismi vegetali e animali.
Anche se si preleva la sabbia dal fondo dei laghi si alterano gli equilibri ecologici e si abbassa il livello del lago. Vistosi eventi di questo genere si stanno osservando nel Lago Poyang in Cina in seguito al prelievo di un milione di tonnellate al giorno di sabbia. Una delle più comode fonti di sabbia è rappresentata dal greto dei fiumi dove si depositano le sabbia provenienti dalle montagne, trasportata a valle dai torrenti. Si tratta in genere di sabbia pregiata, pura e pulita per il continuo lavaggio ad opera dell’acqua corrente, ma in questo modo si altera la velocità dell’acqua del fiume e la sua forza erosiva a valle.
Nonostante questo la fame mondiale di sabbia sta aumentando continuamente e questo alimenta, come si è ricordato un vasto commercio di rapina, soprattutto nei paesi emergenti. Con curiose contraddizioni: nei paesi del Golfo e a Singapore costruiscono terre isole artificiali nel mare usando la sabbia che viene trasportata da paesi come l’Indonesia in cui alcune isole sabbiose sono scomparse, portate via da contrabbandieri di questa umile ma indispensabile materia prima. Alla futura scarsità di sabbia si può far fronte in qualche modo recuperandola dai residui di pavimentazione stradale o di demolizioni di edifici; stanno nascendo nuove tecnologia di separazione della sabbia dalle matrici catramose o cementizie in cui è incorporata; altre occasioni di lavoro nell’economia circolare.