Il governo dell’Australia chiude i rubinetti agli aborigeni
In Australia le comunità aborigene rischiano di rimanere senza acqua e senza servizi igienici. Il governo federale ha annunciato che non provvederà più al pagamento per la distribuzione del servizio idrico a circa 200 comunità indigene nel Nord del Paese e nella regione del Nord-Ovest di Kimberley: da qui in avanti, ha spiegato un esponente del governo federale dell’Australia, saranno i diversi stati regionali a dover provvedere al servizio.
Secondo le stime governative almeno 200 (forse di più) comunità aborigene rischiano di rimanere a secco: una prospettiva che porterebbe di conseguenza ad una rilocalizzazione forzata in zone più vicine ai centri abitati. Una prospettiva disastrosa: il trasferimento, infatti, potrebbe essere letale, a giudizio delle associazioni di tutela degli indigeni australiani, in quanto rappresenterebbe un vero e proprio “shock culturale e mentale” per le comunità, legate alle proprie terre da un legame tradizionalmente molto forte. La decisione del governo, denunciano le associazioni, è stata presa senza consultare le comunità aborigene, nonostante gli inviti fatti a esponenti del governo perché spiegassero la logica dell’intervento ai diretti interessati.
Il governo dell’Australia non è nuovo a “esperimenti” del genere: l’ultimo esempio in ordine di tempo è datato 2011, quando la comunità aborigena di Oombulgurri venne costretta a trasferirsi a 45 km di distanza, nella cittadina di Wyndham: nacquero subito scontri tra la popolazione residente ed i nuovi arrivati, che in pochi giorni scapparono nelle foreste di mangrovie intorno alla città, dove povertà e alcolismo si sono diffusi quasi subito. Uno scenario che potrebbe ripetersi se il governo dovesse mantenere la barra dritta sul nuovo taglio della distribuzione idrica deciso per le comunità del Nord.