Il “Perturbatore”: alla ricerca del Pianeta Nove nel Sistema solare
Entro 5 anni si prevede la conferma visiva della scoperta: in questa nostra porzione d’Universo piomberà una nuova divinità
“Urbain Le Verrier ha percepito il nuovo corpo celeste senza alzare mai gli occhi al cielo: l’ha trovato sulla punta della sua penna” – François Arago, direttore dell’Osservatorio di Parigi, 1846.
Nell’agosto 1846 Urbain Le Verrier, giovane astronomo dell’Osservatorio di Parigi, pubblicò un lavoro volto a spiegare matematicamente le irregolarità riscontrate nell’orbita di Urano, pianeta scoperto nel 1781 e, al tempo, frontiera esterna del Sistema solare: Le Verrier ipotizzò la presenza di un massiccio corpo planetario all’esterno dell’orbita di Urano, un nuovo pianeta gigante, la cui interazione gravitazionale con Urano avrebbe giustificato le irregolarità dell’orbita di quello che, al tempo, era il pianeta più distante dal Sole. Le Verrier fornì inoltre la posizione possibile del corpo perturbatore: poche settimane dopo, dall’Osservatorio di Berlino, Johann Gottfried Galle e Heinrich Louis d’Arrest osserveranno Nettuno, il corpo perturbatore, a meno di 1° dalla posizione prevista dai calcoli di Le Verrier.
“Evidence for a distant giant planet in the Solar System”, di Konstantin Batygin e Mike Brown per The Astronomical Journal, si pone nello stesso contesto epistemologico dell’articolo di Le Verrier: gli autori prendono in considerazione le caratteristiche orbitali di due gruppi distinti di oggetti trans-nettuniani, ossia corpi solidi ubicati all’esterno dell’orbita di Nettuno, e calcolano la probabilità che un corpo perturbatore con determinate caratteristiche di massa e orbita giustifichi i comportamenti dinamici dei due gruppi considerati.
Mike Brown, astronomo specializzato nella frontiera esterna del Sistema solare, è conosciuto al grande pubblico per essere stato, con le sue scoperte, il responsabile della riclassificazione di Plutone a “pianeta nano”: Brown ha infatti popolato di nuovi corpi solidi le vicinanze del pianeta scoperto da Tombaugh nel 1930 e ha dimostrato come Plutone sia soltanto uno tra molti corpi di dimensioni paragonabili nelle sue vicinanze orbitali, in un analogo di quanto avvenuto con Cerere, dapprima classificato come pianeta e poi riclassificato come il principale degli asteroidi (e poi, di nuovo, come pianeta nano). Brown è lo scopritore di Eris, dea della discordia tra gli astronomi e pianeta nano di dimensioni assai simili a quelle di Plutone, nonché di Makemake, piccolo pianeta nano anch’esso nelle vicinanze orbitali del pianeta visitato con successo dalla New Horizons nel luglio 2014: Brown è inoltre l’autore di un libro il cui titolo – con un certo cinismo – proclama “Come ho ucciso Plutone (e come se l’è meritato)”.
Brown e Batygin considerano le orbite di sei corpi trans-nettuniani, il più noto dei quali è Sedna, scoperto nel 2003 e, per breve tempo, indicato come possibile decimo pianeta. Sedna condivide con almeno altri cinque oggetti sia il perielio, ossia il punto dell’orbita più vicino al sole, sia l’orientazione tridimensionale del piano dell’orbita: questi corpi hanno un’orbita fortemente eccentrica, ossia il loro punto più vicino al sole è a poche decine di Unità Astronomiche (UA) dalla nostra stella, e il loro afelio (il punto più lontano dal Sole) è a svariate centinaia di UA dal Sole, ma mostrano un’analoga orientazione spaziale delle loro orbite, che puntano tutte nello stesso punto dello spazio in una configurazione assolutamente stabile e incredibilmente improbabile. Batygin e Brown calcolano, nel loro articolo, che vi è solo lo 0.007% di possibilità che una tale orientazione delle orbite di Sedna e degli altri corpi sia completamente casuale.
Analogamente a quanto fatto da Le Verrier nel 1864, Batygin e Brown ipotizzano l’esistenza di un massiccio corpo perturbatore, un pianeta di una massa pari a 10 masse terrestri, con un’orbita orientata in modo opposto rispetto a quella dei sei corpi dall’orbita di tipo Sedna: un pianeta di massa simile sarebbe sicuramente un pianeta maggiore, e non nano, perché sarebbe altamente improbabile l’esistenza di corpi di dimensioni analoghe nell’intorno della sua orbita.
L’ipotesi del perturbatore, ribattezzato familiarmente “Pianeta Nove”, spiegherebbe perfettamente la conformazione dell’orbita e le caratteristiche del perielio dei corpi di tipo-Sedna ma farebbe anche di più: sarebbe in grado di spiegare altri due fenomeni al momento non completamente compresi. Il Perturbatore infatti darebbe anche ragione dell’orbita fortemente inattesa di un altro gruppo di corpi, il cui piano dell’orbita è a 90° rispetto a Sedna, il gruppo di “Drac” (da Dracula, perché sembrano manifestarsi entrando dalla “parete esterna” del piano orbitale: Brown non è nuovo a usare terminologia assai colloquiale per le sue scoperte: Eris fu chiamata preliminarmente “Xena”, e Makemake “Coniglietto pasquale”) e, inoltre, il Pianeta Nove sarebbe il quinto gigante gassoso del Sistema solare che, previsto dai modelli di formazione del nostro sistema, si ritiene sia stato “espulso” verso l’esterno dalle complesse interazioni con Giove, Saturno, Urano e Nettuno intorno a 4 miliardi di anni fa.
Il lavoro di Batygin e Brown ha quindi tutte le caratteristiche di una soluzione scientifica elegante e rigorosa: una spiegazione semplice, perché implica un unico nuovo corpo planetario, e una soluzione efficace, perché la presenza del nuovo pianeta spiegherebbe in modo convincente diversi fenomeni al momento non compresi, dal perielio alle orbite degli oggetti di tipo-Sedna, ai corpi di tipo-Drac, al quinto gigante gassoso mancante. E il Pianeta Nove farebbe ancora di più: renderebbe il nostro Sistema solare più simile agli altri sistemi stellari, che presentano pianeti di massa pari a 10-15 masse terrestri come il tipo di pianeta più diffuso. Il nostro Sistema solare ne appariva privo: ora potrebbe esserci il Pianeta Nove.
Gli autori prevedono che il nuovo pianeta sarà effettivamente scoperto, ossia confermato visivamente, entro 5 anni: appare matematicamente probabile, assai probabile che esista, ma solo la conferma visiva potrà ampliare davvero la famiglia del Sole. E un nuovo pianeta principale dovrà necessariamente portare il nome di una divinità greco-romana di prim’ordine: sarà forse Dioniso, che ha seminato il caos tra i corpi trans-nettuniani? O sarà Era, espulsa lontanissimo da Giove?
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