Il ruolo della distribuzione nella gestione dei RAEE domestici: luci e ombre

Nessuno sa quanti sono i rifiuti elettrici ed elettronici ritirati in Italia dalla distribuzione, e da quali specifici soggetti: per i disonesti, alimentare il traffico illecito è facile

Quando nel 2002 la Comunità Europea pubblicò la prima direttiva sui RAEE (2002/96/CE) emerse una grande novità nell’identificazione dei criteri della raccolta dei rifiuti, individuando nuove figure protagoniste: consumatori e distributori.

“I consumatori devono contribuire attivamente al successo di questa raccolta e dovrebbero essere incoraggiati a riportare i RAEE”. A questa figura in un naturale ruolo di interfaccia si contrappone quella del distributore per il quale la previsione del legislatore europeo prevedeva che “quando forniscono un nuovo prodotto, i distributori si assumano la responsabilità di assicurare che tali rifiuti possano essere resi almeno gratuitamente al distributore”.

Da qui è scaturita una rivoluzione ambientale, in base alla quale i RAEE sono rifiuti che non hanno una specifica e limitante territorialità, poiché il legislatore ha disposto che ai distributori sia garantito l’accesso ai centri di raccolta comunali.

Il legislatore italiano infatti ha determinato che: “i Comuni assicurano la funzionalità e l’adeguatezza, in ragione della densità della popolazione, dei sistemi di raccolta differenziata dei RAEE provenienti dai nuclei domestici e l’accessibilità ai relativi centri di raccolta, al fine di permettere ai detentori finali, ai distributori, agli installatori ed ai gestori dei centri di assistenza tecnica dei RAEE di conferire gratuitamente i RAEE prodotti nel loro territorio o detenuti presso luoghi di raggruppamento organizzati dai distributori nel loro territorio”.

Dal momento che c’è un’assoluta libertà per il cittadino consumatore di acquistare da qualsiasi distributore, ovunque situato, potendo restituire i propri RAEE, viene meno lo stretto rapporto territoriale tra produttore del rifiuto e Comune presso il quale viene conferito.

Un’ulteriore possibilità si è affacciata dal 2010, anno in cui è stato pubblicato il decreto ministeriale 65 e sono state definite le modalità semplificate per la gestione dei RAEE da parte dei distributori, e ciò che il distributore potesse ricevere direttamente il servizio di ritiro dei RAEE raccolti iscrivendosi al Centro di Coordinamento RAEE o decidesse in proprio di conferirli ad un impianto di trattamento.

A fronte di un obbligo di legge, della possibilità di disporre di misure semplificate e di una relazione diretta con il consumatore, verrebbe da dire: pronti, via, si parte e si rende attivo un nuovo operatore della raccolta per i RAEE. Nella realtà dei fatti non per tutti i distributori è stato così e ancora oggi, a distanza di 12 anni dal decreto ministeriale e di un ulteriore obbligo per alcuni del ritiro dei RAEE di piccole dimensioni, che si può trasformare in facoltà per altri in base alle dimensioni del punto vendita, previsto dalla modalità di ritiro ‘1 contro 0’ reso operativo dal decreto ministeriale 121 del 2016, non tutto è ancora pienamente funzionante.

I distributori più strutturati si sono organizzati per assolvere i loro obblighi; hanno colto anche l’opportunità, che può emergere da un’obbligazione, di comunicare in modo diretto ai loro clienti i diritti che vantano quando acquistano un elettrodomestico.

La gestione dei RAEE per i distributori è un servizio correlato alla vendita, non senza oneri, assegnato dal legislatore, ma facilitato con regole chiare.

Quanti RAEE sono ritirati dai luoghi di raggruppamento istituiti dai distributori? Nel 2021 attraverso i servizi di ritiro registrati dal Centro di Coordinamento RAEE dai distributori sono state raccolte 80.000 tonnellate di RAEE a fronte di 1,3 milioni di tonnellate di apparecchiature nuove complessivamente vendute.

Quanti sono i RAEE complessivamente gestiti dai distributori? Questo a oggi non è dato sapere: nonostante un obbligo di rendicontazione al Centro di Coordinamento RAEE da parte dei distributori e strutture informatiche adatte per effettuarla predisposte e funzionanti, a seguito di un errore da parte del legislatore nel 2014 nell’indicare un comma da sanzionare, segnalato incessantemente da otto anni a questa parte, a oggi non si è riusciti ad avere una correzione del testo di legge. Di conseguenza: obbligo si, sanzione no, con il risultato che dalle mancate rendicontazioni discendono dati incompleti e inutilizzabili.

Nessuno sa quindi quanti sono i RAEE ritirati in Italia dalla distribuzione e da quali specifici soggetti; pertanto, per i disonesti, è facile alimentare il traffico illecito dei rifiuti, anche pericolosi, con buona pace di chi vorrebbe tutelare l’ambiente e con la passiva connivenza del Ministero della transizione ecologica.

Chissà quando sarà effettivamente possibile disporre dei dati e soprattutto effettuare controlli che portino a una sanzione contrastando attivamente il fenomeno della dispersione dei RAEE. Eppure, nel PNRR sono state previste misure specifiche per finanziare progetti che conducano a incremento e sviluppo del trattamento dei rifiuti elettronici. Ma se prima non si cerca di verificare la raccolta e si consentono fuoriuscite incontrollate di RAEE non ci saranno mai i quantitativi giusti per alimentare gli impianti di trattamento.