In democrazia troppa disuguaglianza frena le innovazioni verdi
Il numero dei brevetti verdi aumenta di più in quegli Stati dove cresce anche la democrazia, ma se i consumatori più poveri non hanno abbastanza reddito la diffusione di massa della tecnologia non avviene
Lo studio “Inequality, democracy and green technological change” considera fra i fattori in grado di influenzare lo sviluppo di innovazioni verdi la disuguaglianza di reddito e la presenza di regimi politici più o meno autoritari, analizzando 77 Paesi dal 1980 al 2013.
Stando agli studi passati, il ruolo esercitato da questi due aspetti lasciava spazio ad interpretazioni diverse e per alcuni tratti ancora molto controverse fra loro. Da un lato infatti i regimi democratici hanno maggiori probabilità sia di salvaguardare le libertà e i diritti individuali, sia di promuovere la creazione di istituzioni chiave che possano sostenere lo sviluppo scientifico e tecnologico di un Paese (come università e centri di ricerca di qualità, sistemi di protezione dei diritti di proprietà intellettuale, ecc); dall’altro lato, nei Paesi autarchici lo stato centrale spesso fornisce un forte e diretto stimolo allo sviluppo tecnologico.
Usando i dati dei brevetti in materia ambientale come misura dell’eco-innovazione, la Figura 1 confronta il loro andamento fra i Paesi in via di democratizzazione, e quelli che invece hanno conservato istituzioni autocratiche durante tutto il periodo considerato.
Stando ai dati presentati[1], ad una prima vista sembrerebbe che il numero dei brevetti verdi prodotti sia maggiore per i Paesi in cui le istituzioni stanno evolvendo verso regimi più democratici (linea arancione- Democratizing), rispetto ai paesi che hanno sempre mantenuto le loro autocrazie (linea verde – Autocratic)[2]. Questo risultato è stato confermato anche dalle analisi empiriche condotte dallo studio in oggetto, che hanno dimostrato quanto cittadini liberi e informati possano favorire prodotti e processi più puliti, mostrando le loro preferenze verso beni a basso impatto ambientale e innescando così un meccanismo positivo per gli investimenti verdi.
Allo stesso modo anche la disuguaglianza può fungere da stimolo alle innovazioni verdi attraverso la presenza di “consumatori pionieri”, e cioè di piccoli gruppi di cittadini ricchi con la capacità e la volontà di acquistare beni “puliti” tendenzialmente associati (almeno all’inizio della loro vita sul mercato) a prezzi più alti. Attraverso la loro visione “pioneristica” dei beni verdi, essi stimolano la loro domanda incoraggiando il processo innovativo e promuovendo, così, una riduzione dei prezzi che permette anche ai consumatori a basso reddito di acquistare i “nuovi beni verdi”.
Tuttavia, se il reddito dei consumatori più poveri è troppo basso, la diffusione di massa della nuova innovazione verde è lenta o inesistente.
Gli studi esistenti dimostrano infatti che il consumo di beni “puliti” aumenta solo dopo che il Paese ha raggiunto una certa soglia di reddito procapite, e se la quota di consumatori al di sopra di questa soglia aumenta (per esempio, a causa di politiche di ridistribuzione), aumenta anche la diffusione e il consumo di questi beni.
Questo ha portato ad interrogarsi sul fatto che, benché la presenza di una classe sociale più ricca possa essere un fattore abilitante per l’eco-innovazione, dall’altro essa è largamente influenzata dalle condizioni economiche generali del Paese considerato. L’analisi condotta, che ha esaminato l’effetto del coefficiente di Gini sulla produzione di brevetti verdi, ha messo in luce che in effetti l’esistenza di una classe ricca spinge la domanda di tecnologie verdi attraverso la diffusione, soprattutto nei Paesi con un alto livello di reddito.
Resta comunque da capire a questo punto come questi due fattori (disuguaglianza e democrazia) interagiscano fra loro, e cioè se la distribuzione del reddito esercita il suo effetto sull’eco-innovazione sempre allo stesso modo, o se dipende del tutto o in parte dall’assetto istituzionale presente.
I risultati ottenuti sono stati piuttosto chiari nel manifestare che livelli elevati di disuguaglianza fungeranno da stimolo per lo sviluppo di tecnologie verdi per lo più in Paesi con regimi più autoritari. Al contrario, una distribuzione del reddito più equa è in gradi di favorire lo sviluppo dell’innovazione ecologica in presenza di istituzioni democratiche.
Ciò che rileva, quindi, è che l’effetto della democrazia diminuisce con l’aumentare della disuguaglianza, la quale influenza (aumentando o diminuendo) l’eco-innovazione a seconda delle condizioni economiche e istituzionali dei paesi. Al proposito è utile precisare che lo studio analizzato non tiene conto delle innovazioni riferite alle diverse tipologie di brevetti ( non vi è alcuna distinzione tra controllo dell’inquinamento, energie rinnovabili, ecc), ma pone l’attenzione su quanto politiche di redistribuzione del reddito – insieme alla maggiore democratizzazione delle istituzioni governative – rappresentino strategie chiave per stimolare lo sviluppo di tecnologie pulite.
[1]Per i dati sui brevetti vedi EPO Patents in OECD https://stats.oecd.org/
[2] Come misura del livello di democrazia nei Paesi analizzati è stato utilizzato l’Indice Polity2 dal Polity IV Project (Marshall et al., 2014). Sono stai definiti Paesi autocratici quelli che nell’intero periodo hanno mantenuto un indice Polity2 inferiore a 7. I Paesi in via di democratizzazione, invece, sono quelli che nell’intero periodo mostrano un aumento dei loro indici Polity2 da meno di 7 a più di 7, dimostrando un trend di crescita
di Emy Zecca per greenreport.it