La convergenza circolare tra le economie europee è ancora lontana

Il tasso circolare della materia è uno degli indici più interessanti per monitorare l’andamento del percorso sostenibile europeo, che mostra ancora performance molto diverse tra i vari Paesi

L’ordine globale e le sfide del mondo contemporaneo mettono a dura prova tutte le economie. I governi e le istituzioni si stanno impegnando sempre di più per spingere verso percorsi di crescita economici, sociali e ambientali sostenibili.

Per questa ragione gli sforzi si stanno concentrando sull’attuazione di programmi di recupero che, durante e dopo la pandemia di Covid-19, stanno mirando a sostenere la ripresa economica sotto i principi della sostenibilità.

Programmi come NextGenerationEu e il Pnrr mirano a investire in tecnologie ecologiche, a introdurre veicoli e trasporti pubblici più puliti e a rendere più efficienti dal punto di vista energetico i nostri edifici e spazi pubblici.

In effetti, la crisi energetica del 2022 ha posto l’economia mondiale a un punto di svolta, rendendo evidente che il modello di sviluppo e di crescita seguito finora non è più sostenibile e che è necessaria un’inversione di rotta.

La transizione verso un modello economico, sociale e ambientale più sostenibile ha messo sul piatto della bilancia diverse questioni, e il passaggio a un’economia circolare è senza dubbio uno dei temi più dibattuti, che pone al centro dell’attenzione i rifiuti.

Sebbene la loro prevenzione sia sempre intesa come una priorità occupando il primo posto nella gerarchia dei rifiuti (Figura 1), l’economia circolare ne propone una nuova visione che li vede passare da scarto a preziosa risorsa per l’economia globale, come promosso dall’Unione europea.

Lo studio presentato ha sottolineato come la politica europea, infatti, si sia molto concentrata sull’ambiente introducendo ancor prima della pandemia l’European green deal (Egd), che rappresenta la strategia globale dell’Europa per un futuro sostenibile (Commissione europea, dicembre 2019).

Si tratta di una tabella di marcia a lungo termine per trasformare quella europea in un’economia neutrale dal punto di vista delle emissioni di carbonio entro il 2050, ed efficiente dal punto di vista delle risorse. Sono state diverse le misure che l’Egd ha introdotto: tra queste spicca il New circular economy action plan nel marzo del 2020, che pone al centro della transizione sostenibile europea l’economia circolare.

Per questa ragione è necessario monitorare l’andamento del percorso sostenibile europeo alla luce dei risultati raggiunti e di quelli che dovranno essere raggiunti nel prossimo futuro. Uno degli indici che ci restituisce un’immagine parziale dell’implementazione del modello circolare in Europa, ma che è interessante esaminare, è il tasso circolare della materia.

Questo viene rilevato da Eurostat e rappresenta una misura della circolarità nelle economie europee; in particolare calcola il risparmio di estrazione di materie prime primarie come quota di materiale riciclato e reimmesso nell’economia, sull’uso complessivo di materiali nell’economia di un Paese.

Un valore più alto del tasso di circolarità indica che un maggior numero di materiali secondari (le materie prime provenienti dall’attività di riciclo) sostituisce le materie prime primarie (provenienti da attività estrattive), aumentando la circolarità complessiva dell’economia e riducendo allo stesso tempo l’impatto dell’estrazione dei materiali primari sull’ambiente (Eurostat, 2022b).

La Figura 2 che presentiamo mostra la tendenza del tasso di circolarità per l’Ue-27 e per alcuni Paesi selezionati nell’orizzonte 2010-2020. Alcuni Paesi sono ben al di sopra della media dell’Ue-27 del periodo (11%), con buone performance di circolarità nelle loro economie, come Francia, Belgio e Italia, rispettivamente con il 19%, 18% e 17% di tasso di circolarità. Il miglior risultato è quello dei Paesi Bassi, con una circolarità media del 28%.

D’altra parte, molti altri Paesi registrano risultati inferiori alla media dell’Ue-27, come la Slovenia e la Finlandia con un tasso di circolarità del 9% e la Danimarca con un tasso medio dell’8%. I peggiori risultati medi nel periodo sono la Bulgaria con un tasso di circolarità del 3%, il Portogallo e la Romania con il 2%.

Questo e le altre analisi condotte dallo studio ci restituiscono una fotografia più ampia dei progressi circolari in Europa, mostrandoci l’eterogeneità dei Paesi europei che, pur condividendo un quadro politico definito dall’istituzione europea, mostrano velocità di convergenza diverse. Infatti, analizzando le tendenze nell’uso dei rifiuti e dei materiali circolari, strettamente legate all’implementazione di strategie circolari, la marcata differenza ed eterogeneità tra i Paesi europei diventa evidente e riflette una diversa posizione geografica e struttura industriale dei Paesi Ue.