La Cop 24 sui cambiamenti climatici, spiegata da chi l’ha seguita da vicino
Quella di Katowice è stata un'ennesima occasione sprecata, ma dobbiamo andare avanti: come suggerisce anche l’Ipcc le soluzioni per la decarbonizzazione esistono, e sono compatibili con la piena occupazione
Con la Cop 24 abbiamo perso un’altra occasione preziosa per salvare l’umanità dai disastri ambientali derivanti dai cambiamenti climatici. L’adozione del Regolamento per l’attuazione dell’Accordo di Parigi e la dichiarazione di Slesia per la solidarietà e la giusta transizione sono elementi positivi, ma non sono assolutamente sufficienti. La speranza che le conclusioni della Conferenza Onu sul clima potessero essere adeguate alla gravità della situazione erano crollate già alla fine della prima settimana, al rifiuto di Usa, Russia, Arabia Saudita e Kuwait di accogliere lo special report 1,5° dell’Ipcc.
La prima settimana si era aperta con una nota positiva: la dichiarazione per la solidarietà e la giusta transizione, sottoscritta da 53 paesi fra cui l’Italia (vedi allegato), in cui si riconosce che la giusta transizione della forza lavoro e la creazione di posti di lavoro dignitosi e di qualità sono fondamentali per garantire una transizione efficace e inclusiva e si riconosce l’importanza di un processo partecipativo e rappresentativo di dialogo sociale che coinvolga tutti le parti sociali per promuovere alti tassi di occupazione, adeguata protezione sociale, standard lavorativi e benessere dei lavoratori e delle comunità.
Dopo l’allarmante ‘Special report on global warming of 1.5°C’ dell’Ipcc, però, ci saremmo aspettati che, con senso di responsabilità, i governi avrebbero fatto quanto necessario per contenere l’incremento della temperatura entro 1.5°, a partire da un’azione concreta di revisione degli impegni volontari di riduzione delle emissioni. Su questo punto, a parte le dichiarazioni, non si registrano concreti passi in avanti. Neppure l’Europa, sembra intenzionata a rivedere il proprio impegno di riduzione delle emissioni, fissato al 40% al 2030, nonostante che il report Ipcc indichi come necessaria una riduzione di almeno il 45% al 2030 e che l’Agenzia europea per l’ambiente abbia certificato che le politiche europee porteranno solo ad una riduzione delle emissioni al 2030 del 32%, ben 13 punti percentuali in meno di quanto sarebbe necessario.
Eppure, come ci suggerisce anche l’Ipcc, le soluzioni per la decarbonizzazione dell’economia esistono e sono anche compatibili con il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdgs) dell’Onu, compreso l’obiettivo 8 sulla piena occupazione. Per questo è inaccettabile che i Governi, disconoscendo l’allarme climatico ma anche le opportunità del cambiamento, evidenziate dagli scienziati, non abbiano concretizzato l’impegno di innalzare le ambizioni per renderle adeguate all’obiettivo 1,5°, salvare la vita sul pianeta e per garantire giustizia sociale e sviluppo sostenibile.
Inoltre è estremamente grave che i diritti umani siano stati tagliati fuori dal regolamento. Quest’ultimo per essere efficace e sostenibile ha bisogno di tenere insieme l’ambizione di 1.5°C, l’equità sociale, di genere e intergenerazionale, la giusta transizione, la sicurezza alimentare, la tutela dell’ecosistema e della biodiversità, la partecipazione e i diritti delle popolazioni indigene. Proprio nei giorni in cui si svolgeva la Cop 24 ricorreva il 70° anniversario della Dichiarazione dei diritti umani, ciò nonostante, le parti non hanno voluto impegnarsi a garantire il rispetto dei diritti umani nell’adozione delle politiche climatiche.
In questa condizione il regolamento non è sostenibile e i soggetti più vulnerabili delle società saranno quelli che dovranno pagare il prezzo più alto. Per esempio potrebbe succedere che per la realizzazione di progetti di mitigazione e adattamento alcune popolazioni indigene siano costrette ad abbandonare le proprie terre e/o alcuni attivisti potrebbero essere incarcerati e uccisi, come è successo in vari casi di costruzione di grandi dighe o grandi parchi eolici in passato. Anche nel vertice di Katowice non c’è stato un pieno riconoscimento dei diritti civili e politici, considerato che alcuni attivisti per il clima sono stati denunciati e rimpatriati da parte delle autorità polacche in base a una recente disposizione che in Polonia vieta le proteste spontanee.
Nelle giornate della Cop 24 l’Italia, insieme ai Paesi della coalizione di alta ambizione, ha rilasciato una dichiarazione con cui chiede la massima ambizione possibile nei negoziati di Katowice (vedi allegato), lo stesso giorno l’Italia con altri 8 paesi europei ha sottoscritto una dichiarazione per rafforzare ed estendere il prezzo del carbonio in Europa (vedi allegato), riconoscendo l’importanza delle politiche e delle misure per affrontare i potenziali impatti del prezzo del carbonio e di promuovere una giusta transizione a la creazione di posti di lavoro di alto valore nei settori a basse emissioni di carbonio, dichiarazioni positive che devono però concretizzarsi in revisione degli impegni e azioni per aumentare velocità e intensità della transizione per restare nella traiettoria di 1.5°.
Si è concluso, dopo un anno di dialoghi e condivisione di esperienze, il dialogo di Talanoa. Lo scopo del dialogo era quello di fare il punto sugli sforzi collettivi delle parti in relazione al progresso verso l’obiettivo di 1,5° e informare per la preparazione degli Ndc. Dopo lo special report dall’Ipcc sappiamo che gli attuali impegni di mitigazione non sono sufficienti a limitare il riscaldamento globale a 1,5 ° C. Il documento conclusivo Talanoa call for action ne prende atto e sollecita tutti ad agire, dai governi, agli imprenditori, al mondo della finanza, la società civile, i leader spirituali. Purtroppo le conclusioni del dialogo non sono state assunte nel documento conclusivo della Cop.
Durante la conferenza la Cgil, insieme alla delegazione della Coalizione Clima, ha incontrato il ministro dell’Ambiente Sergio Costa. La delegazione ha valutato positivamente la sottoscrizione dell’Italia della dichiarazione dei Paesi ad alta ambizione, chiedendo di dare concreta attuazione a quanto dichiarato. Per quanto riguarda la candidatura dell’Italia alla Cop 26, annunciata dal ministro, la Coalizione ha sostenuto che la candidatura dovrebbe essere accompagnata da un contesto nazionale ambizioso a partire dal prossimo piano clima energia. A questo proposito, riprendendo la dichiarazione del Ministro che confermava l’uscita dal carbone nel 2025, la Coalizione ha rivendicato l’apertura di un processo democratico di partecipazione e di un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali per la giusta transizione. Nell’incontro la Coalizione Clima ha chiesto un forte impegno al Ministro di farsi promotore nei negoziati dell’assunzione dei diritti umani e di tutti i relativi principi fondamentali nel regolamento dell’Accordo di Parigi. In quell’occasione il ministro ha detto di condividere le richieste della Coalizione, compresa la richiesta esplicita della Cgil di aprire un tavolo di confronto specifico con i sindacati sulla giusta transizione e un percorso partecipativo a partire dal piano clima energia.
La Cop è stata un’ennesima occasione sprecata ma dobbiamo andare avanti. Valutiamo positivamente la decisione del segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, di convocare un vertice sul clima a settembre 2019 per rafforzare l’ambizione climatica e il sostegno finanziario ai Paesi in via di sviluppo, così come è importante la prima conferenza sulla sinergia fra Sdgs e accordo di Parigi che si terrà a marzo prossimo a Copenhagen per definire un set di concrete raccomandazioni per rafforzare il nesso fra azioni per il clima e obiettivi di sviluppo sostenibile.
L’aspetto che ci dà speranza è vedere che, a fronte di questa vergognosa inazione dei governi, cresce la mobilitazione per il clima in tutto il mondo. Gli scioperi scolastici in Svezia, il Sunrise Movement negli Stati Uniti, Extinction Rebellion, il movimento di disobbedienza civile iniziato nel Regno Unito due mesi fa che ora si è diffuso in oltre 35 paesi, sostenuto fra gli altri Noam Chomsky e Vandana Shiva sono solo alcuni esempi e hanno tutti lo stesso impegno denunciare l’urgenza dell’azione climatica e ribellarsi ai governi che non si impegnano per garantire un futuro equo e sostenibile. Anche nel movimento sindacale sta crescendo la determinazione per organizzare una grande giornata globale di azione per il clima e la giusta transizione.