La scienza dei goal e la corruzione, nel calcio come in economia
Oggi la classifica della corruzione percepita in ogni angolo del mondo, stilata ogni anno dal’ong Transparency international, è stata aggiornata. Ieri, la Procura di Napoli ha avviato una (nuova) mega-inchiesta che ha travolto il mondo del calcio, tirando in ballo 64 professionisti di peso nello sport più amato d’Italia: l’accusa stavolta è di evasione fiscale. Coincidenza? Sì, senza tema di smentita possiamo affermare che all’orizzonte non si intravede nessun complotto dietro la sequenza delle date. Ciò che invece è palese è la brutta figura guadagnata ancora una volta dal nostro Paese.
Secondo Transparency international l’Italia è penultima in Europa per corruzione percepita, e il nuovo scandalo calcistico non fa che rafforzare tale convinzione. Ma davvero esiste un rapporto tra i due fatti? Le osservazioni messe in fila da Carlo Canepa e Luciano Canova nel loro ultimo volume La scienza dei goal, appena pubblicato per Hoepli (sì, anche questa è una coincidenza), suggeriscono una via d’indagine per poter giungere a conclusioni fondate, e utili ben al di là dei confini segnati dal rettangolo di gioco.
Quella che potremmo chiamare l’economia della disonestà è un fondamentale quanto scivoloso terreno d’indagine per accademici di tutto il mondo; uno degli approcci più promettenti consiste nel ricreare in laboratorio situazioni dove la corruzione possa proliferare (Dan Ariely è un maestro in questo), e studiarne i risultati.
«È necessario – spiegano ne La scienza dei goal i due autori – trovare delle attività facilmente confrontabili, che diano luogo a risultati certi e facilmente interpretabili, dai quali sia possibile evincere il vantaggio della corruzione». Da questo punto di vista, il calcio rappresenta una laboratorio naturale di eccezionale valore. Già il premio Nobel per l’economia osservava che «il calcio offre un setting sperimentale ideale per testare le teorie delle scienze sociali e dell’economia in particolare, come quella dei mercati efficienti e delle influenze sociali sul comportamento». Il mondo del pallone – dettagliano ancora Canepa e Canova – si offre infatti come «una fonte di dati statistici privilegiata: innanzitutto, perché in tutto il mondo le regole del gioco sono sempre le stesse e ciò rende facilmente confrontabili contesti anche molto diversi tra loro da un punto di vista culturale. Secondariamente, perché i risultati e le prestazioni, più che per qualsiasi altra attività, sono oggettivi e misurabili, il che non dà adito a distorsioni nei risultati delle stime stesse».
I risultati d’indagine scientifica che si sono accumulati nel tempo, dei quali La scienza dei goal offre un succoso compendio, sono talvolta davvero sorprendenti. Intanto, la propensione a truccare partite in un campionato di calcio risulta correlato con l’Indice della corruzione percepita elaborato da Transparency international per il Paese oggetto d’analisi; e in Italia, come la cronaca conferma, i conti parrebbero tornare. Nonostante la corruzione assai diffusa nel mondo del calcio (e nel resto della società) si osserva però come questa alla fine fine porti a ben pochi vantaggi economici, almeno nel mondo del pallone: studiando gli effetti della nostrana Calciopoli, ad esempio, i ricercatori hanno individuato una consistente riduzione degli spettatori (-16%) per le squadre coinvolte, con un conseguente calo di introiti.
Insomma, a dispetto delle apparenze lo studio del calcio sembra avere davvero molto da offrire dal punto di vista dell’economia e delle altre scienze sociali. «I campionati di calcio – riassumono Canepa e Canova – possono essere utilizzati, cum grano salis ovviamente, quale contesto in vitro dove poter identificare il comportamenti disonesti, stimarne la grandezza e conseguentemente, generalizzarne i risultati anche ad altre sfere». Ne La scienza dei goal gli esempi si moltiplicano, spaziando da un’analisi sugli effetti degli incentivi economici – nel calcio come nel resto della società – o delle disuguaglianze di reddito sulle performance (individuali o collettive), sul ruolo dell’allenatore come del grande manager, sulla discriminazione nel calcio come sulla diffidenza verso lo straniero che popola le nostre strade. Un campo d’applicazione vastissimo, insomma, dal quale anche la green economy potrebbe trarre inaspettati spunti d’indagine. D’altronde, come osservano Canepa e Canova citando Simon Kuper, «il calcio è un gioco, ma anche un fenomeno sociale. Quando miliardi di persone si preoccupano di un gioco, esso cessa di essere solo un gioco».