La vita di fronte al muro: una storia di resistenza e riscatto dalla Palestina occupata
Omar e la sua terra sono un unicum, inseparabili: il rumore dell’occupazione prova ad alterare quel ritmo, ma non ci riesce
«Sono qui e sono determinato a rimanere qui, su questa terra, la mia terra, per il resto della mia vita. Dio mi proteggerà». Come solo i palestinesi sanno fare, Omar prende ogni cosa come viene. Non forza il corso degli eventi. Cammina in equilibrio tra ciò che la vita gli riserva e il suo essere e la sua essenza: lavora la sua terra, una terra tanto sofferta ma altrettanto amata.
Di recente, ha piantato degli alberi di ciliegio e il suo orto è diventato un po’ una seconda casa: ha adagiato dei sedili su una roccia, all’ombra di un ulivo secolare. «Ha 99 anni – racconta fiero – me lo ricordo così sin da quando ero bambino». Ai rami di ulivo ha appeso una padella e una teiera. Ogni giorno, dalle 6 alle 8 del mattino, va a lavorare la terra con i suoi figli. Tutti maschi, dice. Nel fresco del mattino, per prima cosa, preparano il tè caldo alla menta. Poi, al lento risveglio segue il lavoro vero: sradicare le erbacce che infestano i preziosi ciliegi. Fino a quando non arriva la moglie che porta loro pomodori, olio, hummus, e za’atar da mangiare col pane appena sfornato. Il lavoro della terra diventa quindi un momento di una fatica che rigenera e prepara Omar e i figli ad affrontare un’altra giornata di occupazione. «La terra non va lavorata in fretta, richiede cura e pazienza. Lavoriamo con la calma che la terra stessa ci richiede». Omar ascolta la sua terra, ne cattura il ritmo per poi seguirlo. Il suo ritmo di vita si sintonizza con il ritmo delle sue piante. Il rumore dell’occupazione prova ad alterare quel ritmo, ma non ci riesce. Omar e la sua terra sono un unicum. Inseparabili.
La storia di Omar e della sua famiglia, rifugiati palestinesi dell’area di Betlemme, è una storia di violenze e abusi, inflitti dalle forze di occupazione israeliane, che si intrecciano ad atti di resistenza nonviolenta e straordinaria resilienza. Le sue parole hanno raccontato le tante violazioni commesse da Israele nella Palestina occupata e hanno aperto l’evento “Denied Rights and Restricted Freedoms: Stories of dailyabuses in the West Bank” organizzato lo scorso 17 Luglio dal team Cospe Palestina in chiusura della prima annualità del progetto “Terra e Diritti: Percorsi di Economia Sociale e Solidale in Palestina”, finanziato dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics). Il progetto promuove il rispetto e la protezione dei diritti umani del popolo palestinese in 4 aree della Cisgiordania, designate come Area C quindi sotto il totale controllo delle autorità israeliane.
“Terra e Diritti” comprende due componenti, una di supporto e promozione del modello di economia sociale e solidale tra cooperative palestinesi, e una seconda di protezione e promozione dei diritti umani attraverso attività di advocacy, accompagnamento protettivo, monitoraggio e documentazione, e diffusione di esperienze di resistenza nonviolenta. All’interno di questa seconda componente incentrata sui diritti umani, organizzazioni partner palestinesi e italiane, quali Al Haq ed i Giuristi democratici, hanno presentato casi studio e analizzato attraverso la lente del diritto internazionale le maggiori violazioni dei diritti umani nelle 4 aree target di progetto.
Le testimonianze dirette di Operazione colomba, corpo nonviolento di pace che svolge attività di accompagnamento protettivo, hanno poi aperto una finestra sulle conseguenze della violenza di coloni ed esercito israeliano sui bambini e sul loro diritto all’educazione, attualmente negato. Omar ha quindi dato una voce ed un volto alle violazioni dei diritti umani, raccontando spaccati di vita degli ultimi anni in cui, in seguito alla costruzione del muro di separazione di fronte alla sua abitazione da parte di Israele, ha vissuto da prigioniero nella sua stessa casa e ha subito, insieme alla sua famiglia, una vera e propria persecuzione. Le letture di poesie e pezzi letterari ed il suono dell’oud hanno accompagnato i vari interventi. Cooperative e micro-imprese palestinesi promotrici del modello di economia sociale e solidale hanno poi esposto e venduto i loro prodotti freschi e oggetti di artigianato. L’evento si è concluso con un ricco buffet di piatti tipici palestinesi, preparati da un ristorante gestito da un’organizzazione palestinese di donne.
di Francesca Conti, advocacy officer Cospe Palestina