Il Piano regionale dell’economia circolare tiene conto dell’impianto in attesa dell’ossicombustore

Livorno senza termovalorizzatore, ecco dove andranno quest’anno i rifiuti indifferenziati

Faranno rotta verso i Tmb di Massarosa e Rosignano, come tappa intermedia verso le discariche

Il futuro del termovalorizzatore di Livorno è da tempo in bilico, in attesa che si concluda il procedimento di riesame dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), ma il presente parla di un impianto che dallo scorso 20 dicembre ha sospeso le attività a seguito di un guasto.

Nel breve periodo, in ogni caso il termovalorizzatore resterà fuori dai giochi. Anche se arriverà il via libera all’Aia dovrà essere ammodernato tramite nuovi investimenti, che richiederanno tempo.

Il portavoce dell’opposizione in Consiglio regionale, il leghista Marco Landi, ha dunque avanzato un’interrogazione per capire il futuro dell’impianto e la destinazione dei rifiuti che finora vi venivano gestiti.

Come ricordato in Aula dall’assessora regionale all’Ambiente, Monia Monni, nel corso del 2023 il termovalorizzatore livornese ha trattato 56.461 ton di rifiuti, di cui 31mila di rifiuti urbani indifferenziati generati nel Comune di Livorno, e 19mila derivanti dal trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati raccolti nel territorio nell’Ato costa.

«Per quanto riguarda il 2024, come da delibera di assemblea Ato Toscana costa – ha proseguito Monni – i rifiuti indifferenziati prodotti nel Comune di Livorno avranno la seguente destinazione: 19.528 tonnellate, al costo previsto di 148,19 euro a tonnellata, al Tmb di Pioppogatto (Massarosa); 5mila tonnellate, al costo previsto di 155 euro a tonnellata, al Tmb di Scapigliato (Rosignano). Essendo i Tmb impianti di trattamento intermedio, per il 2024 tutto quello che esiterà da essi dovrà trovare collocazione negli impianti di discarica di ambito, stante la difficoltà nel reperire alternative a costi accettabili».

Come spiegato con dovizia di particolari dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e già riportato su queste pagine, gli impianti di trattamento meccanico-biologico – i cosiddetti “impianti a freddo” – replicano questa dinamica in tutta Italia: guardando ai 132 Tmb attivi lungo lo Stivale, il 42,2% dei rifiuti in uscita va in discarica e il resto prevalentemente a termovalorizzazione, mentre solo l’1% (essenzialmente frazioni metalliche) può essere avviato a riciclo.

Proprio nell’Ato costa il gestore unico dei servizi d’igiene urbana, Retiambiente, ha avviato una collaborazione insieme ai comitati “rifiuti zero” per tentare di aumentare la quota di materiali avviati a riciclo tra quelli in uscita dal Tmb di Massarosa; è atteso un report conclusivo nel merito entro fine giugno, ma visti i dati di partenza appare evidente come non sia lecito attendersi miracoli.

In alternativa alla termovalorizzazione e alla discarica, resterà dunque l’esigenza di realizzare impianti di riciclo chimico o di ossicombustione – come quello in progetto a Peccioli – per dare una risposta concreta e sostenibile ai rifiuti non riciclabili meccanicamente.

Non a caso il Piano regionale per l’economia circolare (in attesa di approvazione definitiva, dopo l’adozione in Consiglio lo scorso settembre) «tiene conto dell’inceneritore di Livorno fino alla realizzazione dell’ossicombustore dei rifiuti a Peccioli. Le considerazioni su eventuali chiusure – ha aggiunto Monni – sono rimandate alla pianificazione d’ambito, fermo restando che deve essere assicurata la gestione dei rifiuti urbani senza ulteriore ricorso allo smaltimento in discarica, e garantendo lo stesso livello di tariffa».

La risposta all’interrogazione ha soddisfatto solo parzialmente Landi, che ha replicato accusando la Regione e l’Amministrazione comunale di Livorno di un atteggiamento ondivago: «Nel 2019 il sindaco di Livorno aveva annunciato la chiusura del Picchianti l’anno dopo, poi ha detto cha avrebbe chiuso nel 2023, oggi dice che chiuderà nel 2027 e puntualmente si dice che l’impianto deve essere chiuso. Invece, con un po’ di lungimiranza, 10 anni fa sarebbe bastato ammodernarlo come è stato fatto a Montale».

Curiosamente, la solerzia predicata dalla Lega non si ritrova però nelle azioni portate avanti dal partito. Nel 2021 proprio in Consiglio regionale la Lega ha avanzato un’interrogazione per sostenere che «l’inceneritore di Montale debba essere definitivamente chiuso entro il 2023», una posizione ribadita solo pochi giorni fa da Franco Vannucci, consigliere comunale leghista di Montale, insieme a tutto il gruppo del centrodestra.