Lontano dagli occhi, lontano dal cuore? A che punto è il commercio Ue di rifiuti in plastica

L’Unione europea può assumere un ruolo di leadership nella transizione circolare mondiale, ma bisogna fare attenzione alla gestione dei rifiuti plastici nei paesi di destinazione.

Il Piano d’azione per l’economia circolare dell’Ue rappresenta un importante “mattone” del ben noto Green deal europeo. Al suo interno spicca l’ambizione per l’Ue di diventare leader globale nella transizione circolare, e il settore della plastica sembra essere centrale in questa direzione.

Queste considerazioni non possono non far riflettere su quale possa essere il peso del commercio internazionale nella transizione circolare, europea e mondiale.

Un rapporto recente dello European topic centre on circular economy and resource use (Etc/Ce), focalizza l’attenzione proprio sui legami tra commercio dei rifiuti di plastica e economia circolare.

Le tendenze nel commercio dei rifiuti di plastica sono cambiate in modo significativo negli ultimi anni, anche in relazione ai notevoli sviluppi delle politiche internazionali connesse, sia in termini di un numero crescente di restrizioni al commercio (si pensi tra le altre a quelle all’importazione introdotte dalla Cina e da altri paesi asiatici) sia per i cambiamenti introdotti nella Convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento, che include ora un emendamento che limita i movimenti di rifiuti di plastica.

Questi mutamenti hanno contribuito al costante calo delle esportazioni di rifiuti di plastica verso destinazioni extra-Ue, al punto che tali flussi sono stati, dal 2017 in poi, superati (sia in termini di volume che di valore) da un flusso crescente all’interno dell’Ue.

La composizione delle esportazioni, che non è cambiata in modo apprezzabile all’interno dell’Ue, dopo il 2018 (anno del divieto cinese alle importazioni) ha visto crescere la quota di polimeri di etilene nelle esportazioni extra-Ue, a cui si è accompagnato un aumento del valore medio dei rifiuti scambiati tra il 2020 e l’inizio del 2022.

Si tratta di segnali che possono suggerire una migliore qualità e/o una maggiore riciclabilità e, sebbene siano necessarie ulteriori indagini, possono portare ad un cauto ottimismo sul ruolo dell’Ue nella transizione circolare mondiale. Rimangono però aperte sfide importanti.

L’effettiva capacità di leadership “circolare” dell’Ue passa in modo cruciale da una più approfondita valutazione del grado di circolarità della gestione dei rifiuti plastici nei paesi di destinazione. Il rapporto Etc/Ce sottolinea le difficoltà ancora presenti da questo punto di vista, che sono sia di “misurazione” che di policy.

Dal primo punto di vista, il rapporto è basato su case studies a causa della difficoltà di ricostruire il ruolo del commercio extra-Ue nella gestione dei rifiuti plastici europei. Dal secondo punto di vista, invece, assume particolare rilevanza il “destino” dei rifiuti plastici esportati: carenze infrastrutturali nei paesi di destinazione possono essere identificate come un fattore di particolare criticità (India, Malesia, Turchia e Vietnam sono i casi di studio affrontati nel rapporto).

Questo è particolarmente importante anche alla luce dell’effetto domino causato dalle restrizioni cinesi del 2018, e dal conseguente reindirizzamento verso altri paesi, pur con una riduzione nei volumi aggregati extra-Ue. “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore” può funzionare in alcuni casi; sicuramente non funziona se il cuore Ue batte per la transizione circolare.