L’esempio Cospe con il progetto Liderazgo juvenil
L’orto comunitario come strumento per rafforzare le identità afro-indigene in Colombia
«L’idea è quella di conoscere le proprietà delle piante affinché si possano recuperare i loro usi tradizionali come medicinali»
Nelly Leandra Angulo ha 30 anni e vive con il suo compagno nel sobborgo Villagloria del municipio di Puerto Guzman, in Colombia. Nelly è ingegnera ambientale in un luogo dove le problematiche legate all’ambiente sono molte, ed è anche responsabile dell’orto comunitario di Villagloria.
«Attraverso l’orto comunitario abbiamo modo di riappropriarci delle nostre tradizioni – ci racconta quando la incontriamo – L’orto è diviso in due parti: la prima è dedicata alle piante medicinali, mentre la seconda a quella alimentare. Quando eravamo piccoli e avevamo qualche tipo di fastidio come febbre o influenza le nostre famiglie non compravamo medicine, ci curavamo con hoja santa, poleo, violeta, prontoalivio».
Nella parte alimentare si coltivano pomodoro, cipolla, peperoncino, coriandolo, carota, platano, ciro, yucca e canna da zucchero, ma l’idea è quella di piantare altri prodotti, per questo è stata costruita una serra con alcune specie di limoni e il guaiabo.
«Noi abbiamo sempre lavorato la terra, mio padre ha sempre piantato il ciro, il banano, la yota, la yucca, tutto questo non dovevamo comprarlo, lo avevamo nel nostro orto». Si trattava di un orto familiare dove la famiglia di Nelly coltivava prodotti che condivideva con le altre famiglie della zona.
«Noi giovani allontanandoci dalle nostre terre per motivi di studio perdiamo anche certe abitudini dei nostri antenati e noi possiamo recuperarle e tramandarle alle prossime generazioni, affinché non si perdano. L’idea è quella di conoscere le proprietà delle piante affinché si possano recuperare i loro usi tradizionali come medicinali. Esattamente come faceva il nonno di Nelly che conosceva le piante per fare le limpias del cuerpo (pulizie energetiche), e per curarsi “non utilizzava pillole di nessun tipo”».
Secondo Nelly l’orto comunitario ha anche benefici economici, alleggerendo il peso del paniere familiare, i cui costi sono estremamente elevati: «Se iniziamo ad autoprodurre i nostri alimenti potremo dipendere molto meno dai negozi. Qui inoltre produciamo in modo organico, e le persone affette da alcune patologie li preferiscono a quelli che contengono prodotti chimici di sintesi».
Ci racconta anche della sua esperienza con Cospe e di come il progetto Liderazgo juvenil offra supporto economico alle comunità afro-indigene: «Abbiamo sentito un forte appoggio da parte di Cospe, partecipato a dei corsi di formazione, e siamo stati facilitati nella pulizia e nel mantenimento degli spazi di lavoro, e volte diamo ai ragazzi e alle ragazze dei “compiti a casa” da preparare con materiali organici. Ora vogliamo costruire il cartello dell’orto, che si chiamerà Azoetea juvenil, azotea, un termine che appartiene alle comunità afro ed era una struttura alta che si costruiva in chonta (il legno di una palma) dove c’erano il banano, il ciro ed altre piante medicinali che coltiviamo anche noi».
Anche i giovani che partecipano al progetto ci sembrano entusiasti di prenderne parte: vivendo in un territorio rurale, il lavoro nell’orto comunitario fa parte della loro quotidianità, una quotidianità che, secondo Nelly, li avvicina alla loro storia e alle loro radici: «Ci sono molti giovani interessati alla valorizzazione della propria identità di afro; hanno un’attitudine dinamica e le energie necessarie a dare un impulso a questo processo, bisogna solo motivarli affinché ogni giorno sempre più giovani prendano parte alle attività».
di Federica Imperato, Cospe, per greenreport.it