Da “il Saggiatore” il nuovo libro di Annalisa Corrado e Rossella Muroni

Nessi e connessi: come collegare la vita di tutti i giorni alle grandi questioni ambientali

La transizione ecologica ha bisogno di una cittadinanza proattiva, critica e consapevole

Che cos’è che sta impendendo all’Italia di invertire la rotta dello sviluppo, dall’insostenibilità alla transizione ecologica? Per due ambientaliste di lungo corso come Annalisa Corrado e Rossella Muroni, che hanno appena firmato per “il Saggiatore” il nuovo libro Nessi e connessi, ci sono soprattutto tre fattori da considerare.

«La politica, che mentre annuncia e promuove il green new deal non riesce a scriverne la roadmap con coraggio e convinzione; il giornalismo, che ai temi ambientali dà poco spazio; il sistema produttivo e industriale, che rimane nei suoi massimi vertici saldamente maschile, over sessanta, fossile».

Per offrire un’alternativa concreta a questo «triangolo fossile» tra politica, informazione e vecchia economia, l’ecologismo è chiamato a unire i puntini e «rispondere contemporaneamente alla crisi climatica, economica e sociale». Ovvero affrontando, in contemporanea, tutti e tre i pilastri dello sviluppo sostenibile, ponendosi come obiettivo quello del «benessere collettivo».

In questi termini, la transizione ecologica si sostanzia in primis in un problema di tipo culturale, da risolvere alimentando una nuova e urgente consapevolezza nella cittadinanza. Creando gli strumenti culturali necessari per connettere gli sconvolgimenti climatici e ambientali che attraversano il pianeta coi problemi di tutti i giorni: «Solo combattendo gli uni si risolvono gli altri – avvertono Corrado e Muroni – Le radici dei problemi sono riconducibili ad un modello socioeconomico insostenibile».

Qualche esempio? Si guardi ad una tragedia sanitaria del nostro tempo, la pandemia Covid-19 che solo in Italia ha fatto almeno 190mila morti, per arrivare a circa 7 milioni di vittime nel mondo.

La pandemia è nata come zoonosi, ovvero una malattia trasmessa dall’animale all’uomo. Non è la prima volta e non sarà l’ultima: si pensi ad esempio alla rabbia, la Sars, la Mers, l’ebola, l’aviaria, l’Hiv o la febbre suina. «La correlazione causale tra l’atteggiamento predatorio dell’essere umano nei confronti della natura e la frequenza nella diffusione delle zoonosi è ribadita con determinazione dall’Unep – sottolineano Corrado e Muroni –, che individua proprio nella protezione dell’ecosistema e dei cambiamenti climatici il più efficace meccanismo di prevenzione di nuovi spillover e nuove pandemie».

Anche il tasso di letalità del virus che ha innescato la pandemia, Sars-Cov-2, ha molto a che fare con la qualità ambientale. In primis con quella dell’aria che respiriamo, purtroppo pessima in alcune aree italiane, a partire dalla pianura padana. Non a caso uno studio dell’Università di Harvard, richiamato in Nessi e connessi, mostra come il Covid-19 abbia «ucciso con un tasso di letalità superiore dell’11% in presenza di elevato inquinamento atmosferico».

Di fronte a simili realtà, la soluzione non passa da un rifiuto in blocco della modernità ma anzi da una più accurata scelta delle tecnologie cui affidiamo lo sviluppo socioeconomico.

Per questo la transizione ecologica «avrà bisogno di una cittadinanza che sia proattiva, critica e consapevole; che sia in grado di discernere cosa sia davvero necessario, alleato e quindi auspicabile e cosa no; che riesca a inserire le singole proposte di livello locale nel quadro, certamente più ampio, del processo complessivo. In assenza di un contesto simile – evidenziano le due autrici – si finisce per assistere al manifestarsi di sindromi Nimby (Not in my back yard, non nel mio cortile), che vede sovente le comunità locali scagliarsi contro impianti di varia natura (in particolare impianti a biogas/biometano, impianti eolici, oppure quelli che sfruttano la fonte geotermica), che vanno invece considerati come alleati preziosi e imprescindibili».