Popolo Kokama, parla il leader indigeno: «La pandemia è solo l’ultimo attacco alla nostra gente»
«Non vogliamo che Bolsonaro faccia entrare minatori e taglialegna nelle terre indigene perché questo porta solo malattie e distruzione. La foresta non è fonte di denaro ma di vita: siamo a una sorta di sterminio istituzionalizzato»
Furono tra i primi a morire di Covid-19 un anno fa, e i primi a lanciare un appello per cercare di sventare una catastrofe e una strage. Si tratta del popolo indigeno dei Kokama. Il primo caso si verificò nel villaggio brasiliano di São José, nel distretto di Santo Antônio do Içá, nella regione dell’Alto Solimões e poco dopo anche a Tabatinga ne furono registrati altri. Ad oggi si contano 98 morti tra gli indigeni Kokama.
Questa popolazione indigena (che oggi conta circa 70mila persone secondo le ultime statistiche della Federazione indigena del popolo Kukami-Kuamiria) è distribuita tra Brasile, Colombia e Perù, in quello che era un unico territorio sacro e che nei secoli, a partire dai conquistadores spagnoli, è stato diviso e smembrato dai vari colonizzatori.
“Oggi – raccontano i capi indigeni – come persone della foresta siamo uniti dalla medicina tradizionale e dal rituale ayahuasca”. I Kokama infatti ancora oggi vivono a stretto contatto con la foresta, le sue risorse e i suoi prodotti. Ignorati o maltrattati dalle istituzioni e dalle politiche governative, che permettono che questi territori siano invasi da cercatori d’oro, allevatori, predicatori e altri avventurieri, hanno visto la loro situazione peggiorare ulteriormente con l’arrivo della pandemia.
“Il Governo – dicono – non era interessato a difendere le popolazioni indigene, che invece sono le più vulnerabili. Il governo dello Stato di Amazonas ad esempio, non ha ancora elaborato un piano di emergenza”. Nell’ambito della campagna Empate lanciata da Angela Mendes – e da Cospe promossa e sostenuta in Italia – proprio per rispondere all’emergenza Covid-19 delle popolazioni indigene e sostenere i diritti e le lotte dei tanti popoli che stanno soffrendo abusi e vessazioni, oltre alla pandemia, abbiamo parlato con Edney Samias, patriarca Cacique geral della popolazione indigena Kokama e leader della Federazione indigena del popolo Kukami-Kukamiria del Brasile, Perù, Colombia (Twrk).
Qual è la situazione attuale nei territori indigeni Kokama dell’Alto Solimões, dal punto di vista sociale, ambientale ed economico? Cosa è cambiato con la pandemia?
La nostra principale battaglia riguarda ancora il riconoscimento delle terre. È un processo lungo che comunque abbiamo iniziato da tempo coinvolgendo le varie istituzioni preposte come la Funai (Fondazione nazionale dell´Indio) e la Procura della Repubblica. È una battaglia importante che permetterebbe di affermare con forza la nostra identità indigena e impedire violazioni nei nostri territori ancestrali. Questo sarebbe ancora più importante adesso, con la pandemia. Un momento in cui siamo tutti particolarmente isolati, indifesi e più poveri. La situazione economica è la più colpita: il popolo Kokama pescava o coltivava e vendeva banane, manioca e altri prodotti nelle città. Con l’inizio della pandemia questi spostamenti erano diventati fonte di contagio, quindi queste attività sono state interrotte. Il popolo Kokama sta attraversando un momento di grande bisogno, c´è molta fame. Abbiamo ricevuto alcune donazioni, ad esempio dalla Funai che ha donato generi alimentari e di prima necessità, e poi abbiamo ricevuto kit per l’igiene dalla Coiab (Coordinamento delle organizzazioni indigene dell´amazzonia brasiliana) da consegnare in ogni villaggio. Misure sufficienti per alleviare parzialmente la situazione di emergenza. Ma occorre fare di più.
Cosa chiedete al governo Bolsonaro e cosa chiedete alla comunità internazionale?
Quello che chiediamo al governo Bolsonaro è di eseguire con urgenza la ristrutturazione della Funai, che è stata annientata, e inoltre che la demarcazione e il riconoscimento delle terre sia rispettata e realizzata secondo la Costituzione. Non vogliamo che Bolsonaro faccia entrare minatori e taglialegna nelle terre indigene perché questo porta solo malattie e distruzione. Se da queste attività economiche ci saranno indigeni a guadagnarci, sarà poco e non per tutti. Abbiamo visto l’esperienza del nostro popolo Kokama in Perù, dove è presente una compagnia mineraria che ha duramente colpito i villaggi indigeni: sono tutti affetti da malattie della pelle dovute al mercurio, altri con cancro. Nessun Kokama è diventato ricco. La ricchezza va sempre altrove e viene fatta sulla nostra pelle. Chiediamo alla comunità internazionale di intervenire, dunque, perché Bolsonaro non promuova l’istallazione di miniere, cercatori d´oro, disboscamento nei villaggi, agrobusiness. Tutto ciò per noi è molto grave e preoccupante.
Siamo a una sorta di sterminio istituzionalizzato. Un´entità internazionale, come l’Onu, invece dovrebbe osservare e difendere le popolazioni indigene: qua sono riusciti a manipolare molti villaggi e leader indigeni: il governo federale è riuscito a dare lavoro alle famiglie di questi leader, parenti, moglie, figli, fratelli, amici, tutti lavorano nei Dsei (Distretto speciale sanitario indigeno) e questo è un modo per mettere a tacere quei leader che potrebbero combattere e protestare contro il governo. Inoltre tutti hanno paura di reagire, paura di denunciare, di rappresaglia, stiamo assistendo alla morte di molti leader indigeni in molti degli altri Stati e quindi qui in Alto Solimões oggi i leader sono tutti molto silenziosi e spaventati, anche perché è in corso una vera e propria militarizzazione della Funai. Ecco perché i caciques non sono più in grado di combattere con questo governo. Ecco perché per lottare dobbiamo avere anche il sostegno internazionale.
Sebbene la foresta pluviale amazzonica sia una risorsa preziosa per tutta l’umanità, sono gli attivisti, intere comunità indigene e le persone della foresta che la difendono, ogni centimetro. Sotto attacco, minacciato e criminalizzato. Secondo lei, cosa deve cambiare affinché le comunità indigene e le popolazioni delle foreste non siano più sole in questa lotta?
Dovremmo riuscire a far capire che la foresta non è fonte di denaro ma di vita! Ogni foresta ha spiriti, madri e alberi che possono curarci e renderci una società migliore. Ma il capitalista vede l’albero come una risorsa che dà denaro, così come nell´oro, nei minerali, nel petrolio, in tutto vede ricchezza. Tutto ciò che doveva essere gratuito, come l’acqua, l’aria, la foresta, tutto gratis per il bene e per l’equilibrio socio-ambientale, lo paghiamo. La foresta non dovrebbe essere sfruttata ma dovrebbe essere valorizzata. Ci dovrebbe essere un altro modo per far entrare risorse economiche nelle comunità, come il rafforzamento della produzione di farina, di banane, invece di promuovere il disboscamento per produrre grandi monocolture, bestiame… valorizzare la cultura indigena, attraverso un altro tipo di turismo controllato, l’etnoturismo. È possibile generare reddito senza disboscare. Chi comanda è la foresta, chi comanda è l’ambiente, chi comanda è la natura. Noi siamo figli, dovremmo rispettare la Madre. E le persone non rispettano nostra madre. Stanno uccidendo nostra madre a causa del denaro.
Nelle comunità indigene ci sono molte donne attiviste. Quanto è importante e perché la voce delle donne indigene è importante in queste lotte?
Sebbene io sia un leader chiamato “patriarca cacique generale” del popolo Kokama, e l’istituzione a cui faccio riferimento è chiamata “Movimento sociale del patriarcato del Cacique generale del popolo Kokama”, devo dire che si tratta solo di un’entità tradizionale in cui custodiamo la lingua, la danza, la visione del mondo, la medicina tradizionale, il nostro artigianato. È un’entità guardiana, conserva i saperi. Ma ci sono molte donne caciques, presidenti e attiviste del movimento Kokama. Ad esempio la vicepresidente della Federazione, che è il nostro organo più grande, è una donna. Anche la cacique dell’area urbana di Tabatinga è una donna.
Nell´organizzazione del popolo Kokama, il cacique, capo del villaggio, rappresenta l´autorità principale. Quindi abbiamo più donne che gestiscono il popolo Kokama che uomini. Sebbene il movimento si chiami patriarcato, sembra una visione maschilista ma non lo è. È una visione tradizionale, io sono un capo tradizionale. Le donne sono al comando, sono nei grandi organi, le donne sono nei villaggi.
Per saperne di più guarda la campagna Cospe: AMAzzonia from earth to heart!, https://www.cospe.org/partecipa/campagne/facciamoci-in-4-per-lamazzonia/