Anziché a frettolose riaperture è necessario pensare a un Paese che deve ‘rinascere’ partendo da innovazione e capitale umano ma ha ancora una quota molto bassa di laureati

Quale università nell’Italia post-Covid? Gratis, per tutti: ecco come

Sarebbero sufficienti tra 1 e 2 miliardi di euro, finanziabili operando sulle tasse di successione o con un ritocco in senso progressivo delle aliquote fiscali sul reddito

Questo articolo non si pone come fine primario di entrare nel dibattito sulla ‘riapertura’, se a distanza o in presenza o mista[1]. Vista l’attualità, lo prendo come incipit portando il discorso su un piano più sostanziale e radicale di ragionamento.

Noto solamente che i fautori della ripresa mista o in presenza sottovalutano i rischi giuridici, i costi organizzativi e finanziari, l’incertezza aggiuntiva di una ripartenza in presenza di condizioni strutturali non mutate rispetto a marzo. Inoltre, non si spiega a sufficienza il ‘come’: se per un corso con 10-20 studenti è possibile e giusto organizzare una lezione con distanziamento (1/3 o 1/4 dell’aula riempita), per corsi – fortunatamente frequenti nei grandi atenei pubblici – con 100, 200, 300 studenti dove si organizza la lezione? Fino a fine inverno (poi si vedrà la situazione epidemiologica) è più equa e meno incerta una buona didattica online rispetto a lezioni in cinema o altri luoghi.

Sottolineando l’incertezza e le difficoltà economiche che devono gestire molte famiglie italiane nel 2020, anche relativamente al mercato immobiliare, nel prossimo semestre penso sia opportuno proseguire, per ridurre ogni incertezza e differenziazione, pensare a come organizzare un’ottima e migliorata, sull’esperienza della primavera, didattica a distanza.

Partendo da questa incertezza e fragilità, affronto il messaggio principale dell’articolo, una riflessione sul finanziamento strutturale dell’università in Italia.

Attualmente il sistema universitario è finanziato, euro più euro meno, con un finanziamento strutturale pari a 7.5 miliardi di euro (2019) e una contribuzione studentesca di circa 1.5 miliardi di euro. A questo si aggiungono le fonti esterne, donatori e progetti aggiuntivi.

Per il rilancio dell’economia e della società via investimenti in innovazione[2], occorre innalzare strutturalmente il fondo ad almeno 9 miliardi di euro e finanziare annualmente la ricerca di base (tramite il finanziamento dei Progetti di ricerca di rilevante interesse nazionale – Prin del Ministero dell’Istruzione, università e ricerca).

Relativamente alle contribuzioni universitarie, attualmente il ‘modello Italia’, se ne esiste uno, si trova in un limbo[3]. Le contribuzioni sono più basse di quelle molto elevate del mondo anglosassone, contesto nel quale questa fonte finanziaria, al centro di un accesso e presente dibattito, assicura comunque risorse aggiuntive (ad esempio per borse di studio). Sono tuttavia più elevate di quelle, nulle o quasi, di molti paesi europei (Scandinavia, Germania, Francia, etc). Tuttavia, fungono più da ‘toppa’ che da vera risorsa aggiuntiva.

La proposta è dimezzare o azzerare le contribuzioni, avvicinandosi ai modelli continentali. Il costo si situa tra il miliardo e i due miliardi di euro, cifre gestibili nel quadro macroeconomico.

Come finanziare questo cambiamento? Due opzioni. La principale sarebbe operare sulle tasse di successione, il cui gettito sfiora in Italia il miliardo di euro. La Spagna sfiora i 3, il regno unito i 6, la Germania i 7, la Francia incassa quasi 14 miliardi di euro. L’utilizzo di questo strumento di ‘earmarking’ ha fondamenta teoriche solide proprie anche dell’economia mainstream: investo in formazione gestendo le rendite intergenerazionali. In alternativa, un ritocco in senso progressivo delle aliquote fiscali sul reddito può portare agevolmente 1-2 miliardi di euro aggiuntivi. Va da sé che il tema dell’elusione ed evasione rimane un obiettivo delle riforme fiscali.

Pensiamoci. Per un Paese che ha ancora una quota molto bassa di laureati sulla forza lavoro, e che deve ‘rinascere’ partendo da innovazione e capitale umano, può essere un cambiamento non sufficiente, ma necessario ed efficace per aumentare l’inclusività del sistema.

[1]Rimandiamo all’ottimo contributo di Cesaratto, http://temi.repubblica.it/micromega-online/apertura-atenei-adelante-con-juicio/

[2]https://archivio.greenreport.it/news/economia-ecologica/dal-green-deal-al-wellbeing-deal-investimenti-e-politiche-prima-e-dopo-il-covid-19/

[3]https://www.roars.it/online/luniversita-italiana-non-e-quasi-gratis/