Quando i sacchetti di plastica sono utili allo studio della biologia marina

Scopriamo come gli invertebrati, attratti con l’inganno, ci fanno comprendere i meccanismi che si instaurano nel detrito depositato sul fondale marino

Valentina Costa, ricercatrice della Stazione Zoologica “Anton Dohrn”, ha ideato un esperimento per comprendere il ruolo ecologico del materiale vegetale che si deposita sul fondale marino, utilizzando sacchetti di plastica.

I sacchetti, con una trama a rete in modo da permettere l’ingresso della micro-fauna, contenevano, alternativamente, detrito vegetale o un “falso-detrito” costituto da foglie di plastica che riproducevano la forma reale.

Il detrito vegetale utilizzato era quello di vere e proprie piante (non alghe), chiamate fanerogame e appartenenti alla divisione Angiosperme. Si tratta di piante marine distribuite lungo le coste delle aree temperate e tropicali, che hanno un ruolo centrale negli ecosistemi costieri e possono formare estese praterie che supportano un’elevata biodiversità.

Nel Mar Mediterraneo, la Posidonia oceanica è la più conosciuta, ma se ne identificano altre cinque (Cymodocea nodosa, Zostera marina, Zostera noltii, Halophila stipulaceae Halophila decipiens).

Di grande interesse per l’uomo è la loro produzione primaria, data dal bilancio tra fotosintesi e respirazione, che ne fa il gruppo di vegetali con una produttività tra le più elevate, simile a quella delle mangrovie o delle foreste terrestri.

Tuttavia, solo una piccola porzione della biomassa prodotta (circa il 10%) è consumata dagli animali erbivori (ricci di mare o alcune specie di pesci) a causa della composizione chimica delle foglie che la rende poco appetibile. Tutto il resto si trasforma in detrito vegetale, fonte di cibo, luogo di protezione e substrato da colonizzare per molti piccoli animali.

Il recente studio pubblicato su Marine Environmental Research, frutto della collaborazione tra Stazione Zoologica Anton Dohrn, Università di Palermo e Cnrs francese, ha evidenziato come i piccoli invertebrati, trovati nei sacchetti, non riescano a discernere tra detrito vegetale e “falso-detrito”. Crostacei, molluschi e policheti erano attratti da entrambe le forme, e non si insediavano nei sacchetti vuoti, posizionati come controllo.

Il lavoro ha dimostrato che questi organismi, non distinguendo i substrati organici dalla plastica, possono essere veicolo di microplastiche o contaminanti ad esse associati lungo la catena alimentare, causando un accumulo negli animali marini di più grosse dimensioni.