Racconti dalla Tunisia: El Feija, ossigeno da tutelare

Il parco nazionale del Feija è un grande polmone verde che si estende nella zona nord ovest della Tunisia, ai confini con l’Algeria: querce, alberi da sughero, ulivi secolari e altre specie endemiche lo rendono un grande bosco dove scorrazzano marmotte, cerbiatti e gli ultimi 400 esemplari di cervo berbero. Un patrimonio enorme in termini ambientali e di biodiversità messo a rischio costantemente da bracconaggio e incendi per ottenere il carbone. A proteggerlo i pochi guardia-parco e le famiglie che vivono qui e formano una nutrita comunità. Questa, insieme a un’associazione tedesco-tunisina, “Sidi Bouzeitouna”, “Santo albero di olivo”, sta tentando di gestire al meglio il parco, soprattutto grazie allo sviluppo dell’eco turismo.

Cospe onlus, con il progetto Fad prima e lo Iess dopo, ne ha sostenuto il percorso: nuovi sentieri, formazione e sensibilizzazione sulla biodiversità attraverso la professionalizzazione delle guide turistiche e la valorizzazione dei prodotti locali. «La nostra associazione è nata con questo scopo – dice Najib Taboui – puntare tutto sul turismo ecologico e migliorare le condizioni economiche delle persone che vivono qui, e una ricaduta su tutta la comunità. In questo Cospe onlus ci ha sostenuto sia per quanto riguarda l’aspetto più strettamente ambientale, che quello economico».

Najib, insieme ad altri membri di “Sidi Bouzeitouna”, gestisce anche la Boutique del Feija: si tratta di un piccolo negozio dove i produttori locali portano i loro prodotti. Qui si possono trovare il miele di eucalipto, olii essenziali, acque aromatiche ottenute con la distillazione tradizionale, ma anche bsissa (una sorta di porridge usato per la colazione ndr) e cereali. La filiera è a km zero.

Il Feija, istituito nel 1983, è sempre stato una meta turistica conosciuta nonché luogo delle residenze nobiliari sia durante il protettorato francese che durante il regime di Ben Ali. Oggi, il parco soffre particolarmente del calo del turismo internazionale, che, dopo i fatti terroristici del 2015, è cominciato a calare, ma in difficoltà anche a causa dell’annosa questione del mancato decentramento amministrativo. «Le istituzioni locali ci aiutano molto, ma quelle centrali no. Attualmente, ad esempio, il parco è chiuso. Non funziona l’ecomuseo né la registrazione. Non è neppure possibile mettere il biglietto d’ingresso. Di tutto questo la gestione del parco ne risente». Infatti il lavoro da fare è ancora lungo: strutture di accoglienza e informazione da ripristinare, quelle di ristoro da inventare, servizi igienici da migliorare. Nonostante tutto questo, nell’alta stagione il Feija attira una media di 300-400 turisti (principalmente tunisini e algerini) per weekend. Il sogno di chi ci abita e di chi l’ha visto è quello che un giorno tutto possa funzionare alla perfezione e che sempre più turisti possano visitare il parco. A beneficio di tutta la comunità.

WASSILA

Fatima Chehbi, detta Wassila, vive appena fuori dall’area protetta, da sempre produce olii medicinali ed essenziali, un’arte tradizionale che ha appreso dai suoi avi. Grazie all’associazione “Sidi Bouzeitouna”, ha imparato nuove tecniche estrattive e distillazione e oggi vende i propri prodotti alla botique. «Grazie al progetto ho potuto imparare nuove tecniche – racconta – anche acquistare alcuni macchinari. Grazie alla boutique sono riuscita ad aumentare le vendite e il giro di clienti». Negli ultimi anni ha infatti potuto seguire molte formazioni e frequentare workshop sulla produzione, il packaging e il marketing. «Sono potuta andare fino a Jenduba e partecipare anche a delle fiere importanti, perché tutto era a carico dell’associazione: da sola non me lo sarei potuto permettere. Oggi è principalmente la boutique che commercializza i miei olii, rendendo i mio lavoro più semplice e più remunerativo».

Tutte le testimonianze e i diari di campo qui: http://terredelcibo.cospe.org/

di Pamela Cioni – Responsabile Comunicazione COSPE onlus