Riciclo del vetro sempre più virtuoso e La Revet Vetri si allarga oltre la Toscana
La Revet Vetri nasce nel maggio del 2008 dalla cessione del ramo di azienda di Revet S.p.A., concernente il trattamento e la valorizzazione dei rifiuti recuperabili vetrosi provenienti dal circuito della raccolta differenziata effettuata in Toscana. Questa realtà industriale con sede a Empoli è dunque, competente per l’intero processo di trattamento del materiale vetroso derivante dalla raccolta differenziata, che una volta valorizzato e trasformato in “vetro pronto forno” viene consegnato agli stabilimenti vetrari toscani per la produzione di nuovi contenitori.
A Marco Ravagnani, Presidente C.d.A. di La Revet Vetri, chiediamo di presentarci la sua azienda e di spiegarci il ruolo nel sistema toscano del riciclo.
«Oggi La Revet Vetri controlla e gestisce direttamente un importante mercato di approvvigionamento del rottame di vetro, stimato, in 80.000 tonnellate di materiale, proveniente dalle raccolte differenziate effettuate nella Regione Toscana: siamo 40 dipendenti più un indotto di una ventina di persone, soprattutto autisti, che ruotano intorno ai servizi di raccolta e di svuotamento contenitori, che operano per conto di Revet.
Attualmente l’impianto di Empoli valorizza anche 12mila tonnellate di multimateriale pesante, proveniente principalmente dell’area fiorentina. Selezioniamo il vetro per noi mentre il resto – plastiche, acciaio, alluminio e poliaccoppiati come il Tetra pak vengono inviati ai rispettivi consorzi di filiera e allo stabilimento Revet di Pontedera per quanto attiene alle materie plastiche. L’azienda opera anche per conto di consorziati Coreve, per le quali valorizza il rottame di vetro proveniente dalle aste per ulteriori 15mila tonnellate l’anno. Fra l’altro attraverso queste aste a cui partecipano nostri clienti, ci stiamo espandendo anche nel Lazio e la prospettiva di sviluppo non è indifferente , perché significa ampliare il raggio d’azione dell’azienda verso il Sud carente di impianti».
In cantiere c’è anche un nuovo impianto.
«Le altre prospettive di sviluppo riguardano l’ampliamento del sito produttivo, finalmente autorizzato dagli enti competenti. L’ampliamento avverrà per step, e il fine ultimo è la messa in esercizio di un nuovo impianto per la valorizzazione del vetro, che prevediamo di terminare entro la fine del 2013 e che consentirà di produrre non solo le stesse quantità in un solo turno di lavoro, rispetto allo stato attuale in cui è necessario il doppio turno, ma permetterà il raggiungimento di obiettivi qualitativi in aderenza alle mutate esigenze della clientela vetraria».
L’industria europea del riciclo del vetro é attualmente alle prese con la problematica della presenza di metalli pesanti nella produzione di nuovi contenitori fatti col vetro riciclato, tanto che, per rientrare nei parametri e poter esportare anche negli Stati Uniti il rischio è quello di dover ridurre la percentuale di vetro riciclato nei forni fusori.
«E’ un problema reale ed infatti La Revet Vetri è inserita in un progetto di ricerca di Assovetro, che si avvale della collaborazione della Stazione Sperimentale del Vetro, volto a diminuire la presenza di metalli pesanti nel vetro di raccolta. Per questo progetto l’azienda si è dotata di una nuova selezionatrice ottica elettronica, in grado di individuare vetri contaminati da metalli pesanti, come per esempio il piombo contenuto in alcuni bicchieri o nei televisori. Ovviamente questi rifiuti non dovrebbero finire nel contenitori del multi materiale perché minime quantità di queste frazioni estranee impediscono il riciclo di grandi quantità di vetro. Se dunque da un lato va migliorata la raccolta differenziata a monte, a valle Assovetro ha predisposto questo progetto, i cui effetti saranno valutati alla fine del periodo di sperimentazione».
Un’altra problematica è la presenza di vetro fine, frazione non riciclabile direttamente in vetreria.
«Sì, la frazione di vetro fine (vetro inferiore ai 10 mm) è un problema in quanto l’attuale tecnologie non é in grado di eliminare in modo adeguato le frazioni estranee ivi presenti ed é derivato essenzialmente da due passaggi: quello della logistica (ad esempio le modalità di svuotamento dei contenitori e la compattazione del materiale nei camion) e quello della selezione. Noi abbiamo notato un notevole miglioramento sulle raccolte monomateriali del vetro, per esempio nell’area di Publiambiente ci collochiamo in fascia d’eccellenza, al di sotto del 5% di frazione fine, mentre per dare un’idea sul multimateriale siamo intorno al 30%. Per questo apprezziamo la strategia della Regione che sta incentivando il passaggio alla raccolta monovetro, ed anzi auspichiamo che gli sforzi di tutti i soggetti della filiera coinvolti vengano adeguatamente e prontamente premiati».
Qual è la destinazione del vetro fine?
«Viene tutto recuperato, anche se ovviamente si tratta di un recupero molto povero rispetto a quello in vetreria. La nostra frazione fine viene inviata all’altro nostro impianto di Mantova, dove viene lavorata e trasformata in sabbia di vetro, utilizzata nelle industrie della ceramica, dei calcestruzzi, degli asfalti e, negli abrasivi. Praticamente i nostri scarti veri sono soltanto il 2,5% del totale del rifiuto vetroso trattato, e rappresentano unicamente gli errati conferimenti da parte dell’utenza, aspetto ancora alquanto carente, se non per poche eccezioni».
Qual è il futuro per l’industria del riciclo del vetro? Spesso si sente parlare da una parte di raccolta per colore e dall’altra di ritorno alla cauzione.
«Per quel che riguarda il monocolore, che poi significa raccogliere il vetro chiaro separatamente da tutti gli altri vetri colorati, per noi sarebbe soltanto positivo, perché ci permetterebbe di avere più vetro di qualità. Tuttavia questo scenario cozza contro le problematiche logistiche delle nostre realtà territoriali: penso per esempio ai nostri centri storici e alle migliaia di contenitori in più da mettere. Credo quindi che sarebbe utile fare la raccolta separata in tutte quelle realtà dove ciò sia possibile, mentre per esempio non è conveniente l’ipotesi di fare la separazione del colore sugli impianti. Una cosa che teoricamente è già possibile oggi con gli impianti attuali, tuttavia la qualità sarebbe non soddisfacente ed i costi per ottenere la stessa tali da rendere insostenibile economicamente il processo».
La cauzione stava per essere introdotta già all’inizio del 2012, poi il governo ha frenato. A che punto siamo?
«Il sistema cauzione è tuttora allo studio del Ministero dell’Ambiente e le nostre associazioni di categoria sono state più volte interpellati dal ministero stesso per esaminare i risvolti. Interseroh è la società incaricata di studiare le problematiche del deposito cauzionale ed ha fatto una prima presentazione ufficiale al ministero l’11 settembre. Proprio in questa settimana abbiamo un appuntamento con il sottosegretario Fanelli. Da quel che é dato capire il vuoto a rendere sarà prima o poi effettivamente reintrodotto e riguarderà sia gli imballaggi in vetro che quelli in plastica – con il medesimo valore – per evitare di avvantaggiare un settore piuttosto dell’altro. C’è da capire come materialmente sarà possibile costruire questo nuovo sistema visto che la grande distribuzione non mi è parsa finora molto interessata al mestiere di esattore/raccoglitore. Come associazione di categoria desideriamo fare presente al sottosegretario eventuali criticità del sistema ed al tempo stesso vogliamo mettere un punto fermo: ovvero che il raccolto rimanga sul circuito italiano, utilizzando i selezionatori presenti, che sono in grado di valorizzare al meglio queste risorse».