Tari e rifiuti da imballaggio: i secondari e i terziari sono assimilabili dopo il Dlgs 152/2006?
Un'analisi dei termini di legge e della giurisprudenza più recente in materia
La maggior parte dei rifiuti prodotti dalle attività commerciali consiste in rifiuti da imballaggio primari, secondari e terziari. La produzione deriva sia dalle superfici di vendita alimentare, di abbigliamento, ecc, che da quella utilizzata come magazzini. Il D.Lgs 152/2006, normativa attualmente vigente in materia di gestione dei rifiuti, stabilisce una disciplina speciale per gli imballaggi,classificandoli, ai sensi dell’ art. 218 del citato decreto, in:
“- imballaggio per la vendita o imballaggio primario: imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, un’unita di vendita per l’utente finale o per il consumatore;
– imballaggio multiplo o imballaggio secondario: imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, il raggruppamento di un certo numero di unita di vendita, indipendentemente dal fatto che sia
venduto come tale all’utente finale o al consumatore, o che serva soltanto a facilitare il rifornimento degli scaffali nel punto di vendita. Esso può essere rimosso dal prodotto senza alterarne le caratteristiche;
– imballaggio per il trasporto o imballaggio terziario: imballaggio concepito in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, di un certo numero di unita di vendita oppure di imballaggi multipli per evitare la loro manipolazione ed i danni connessi al trasporto, esclusi i container per i trasporti stradali, ferroviari marittimi ed aerei”
L’art.221,comma4, del D.Lgs.n.152/2006, dispone che: “…gli utilizzatori sono tenutia consegnare gli imballaggi usati secondari eterziari e i rifiuti di imballaggio secondari e terziari in un luogo di raccolta organizzato dai produttori e con gli stessiconcordato”, ed inoltre che “gliutilizzatori possono tuttavia conferire al serviziopubblico i suddetti imballaggi e rifiuti di imballaggio nei limiti derivanti daicriteri determinati ai sensidell’art. 195, comma 2,lettera e)”[1]
La disciplina dell’assimilazione dei rifiuti di imballaggio nella giurisprudenza
Sul tema dell’ assimilabilità ai rifiuti urbani dei rifiuti da imballaggio, e dunque sull’applicabilità o meno della Tari a tali rifiuti,la Corte di Cassazione ha tenuto, nel tempo, orientamenti non univoci.
Con lesentenze n. 27057/2007 e n. 5257/2004 aveva ritenuto che i rifiuti da imballaggifossero sempre assimilabili ai rifiuti urbani, tenuto conto che già dall’entrata in vigore del D.Lgs 22/97 (abrogato a partire dal 2006) tutti i rifiuti, inclusi anche quelli industriali,in presenza di determinate caratteristiche, fossero assimilabili agli urbani,fatta eccezione per quelli pericolosi. Peraltro, osservava la Corte in tali sentenze, la deliberazione interministeriale del 27/07/1984, che reca l’elencazione delle tipologie di rifiuti assimilabili agli urbani (ai fini del loro smaltimento!),[2] ancora vigente in attesa dell’emanazione del decreto attuativo del D.Lgs 152/2006, stabiliva l’assimilabilità degli imballaggi.
Al contrario, la medesima Suprema Corte, con la sentenza n. 627 del 18/01/2012, seppure riferendosi agli anni d’imposta 1999-2005 (prima cioè dell’entrata in vigore delle norme del D.Lgs 152/2006), aveva ritenuto sussistente il divieto di assimilazione degli imballaggi terziari e secondari a quelli urbani.
Principio condiviso, con riferimento questa volta al 2006, dall’ordinanza della Suprema Corte n. 11500 del 09/07/2012.
Tale orientamento è stato confermato recentemente anche dall’Ordinanza 11 maggio 2018 n. 11451, la quale tuttavia, da un lato si limita a richiamare la propriagiurisprudenza del 2012, e dall’altro si è espressa su dei fatti avvenuti prima dell’entrata in vigore del Dlgs 152/2006.
La disciplina dell’assimilazione dei rifiuti di imballaggio nella giurisprudenza più recente
La Corte di Cassazione si è espressa di recente sulla disciplina della Tari relativa ai rifiuti di imballaggi secondari e terziari, con sentenza n.7647/2018.
L’importanza della sentenza risiede nel fatto che essa si esprime su fatti avvenuti dopo l’entrata in vigore del Dlgs 152/2006, il quale ha modificato radicalmente la disciplina dell’assimilabilità dei rifiuti da imballaggio secondari e terziari.
Nel caso di specie affrontato dalla Corte con sentenza n.7647/2018, una società commerciale aveva contestato la pretesa impositiva del Comune (si trattava di Tarsu relativa al 2010) sotto il seguente profilo: “specialità dei rifiuti derivanti dallo svolgimento di attività commerciale, in particolare in relazione ai rifiuti di imballaggio, con conseguente inapplicabilità della tassa delle superfici ove i medesimi si producono”.
Secondo la Cassazione, la sentenza della CT impugnata dal contribuente “…non tiene minimamente conto delle successiva evoluzione normativa della materia (si pensi al Decreto Ronchi e al Codice dell’Ambiente, solo per citare le innovazioni più significative), sia pure per escluderne l’applicabilità, mentre nel ricorso del contribuente si sostiene che ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 22 del 1997 e dell’art. 184 del d.lgs. n. 152 del 2006 i rifiuti derivanti da attività commerciale sarebbero da considerarsi speciali e quindi non soggetti al pagamento della Tarsu.”
Inoltre, secondo la Corte è stata “.. trascurata .. quella giurisprudenza relativa all’individuazione della esatta tipologia di imballaggio (primario, secondario, terziario), da cui discendono diverse conseguenze in termini non solo di assimilabilità ai rifiuti speciali ma più in genere di imposta sui rifiuti: si pensi ad esempio a Cass., 10 marzo 2016, n. 4793 secondo cui, in materia di Tarsu i rifiuti degli imballaggi terziari, nonché quelli da imballaggi secondari (nel regime applicabile “ratione temporis” fino all’abrogazione del d.lgs. n. 22 del 1997 per effetto dell’art. 264 del d.lgs. n. 152 del 2006), non possono essere assimilati dai comuni ai rifiuti solidi urbani ove non sia attivata la raccolta differenziata,…”
Dunque, sia pure senza esplicitarlo chiaramente, la Corte ritiene che la disciplina dell’assimilazione dei rifiuti da imballaggio di cui al d.lgs. n. 152 del 2006, sia diversa da quella di cui al previgente d.lgs. n. 22 del 1997, contemplando la possibilità la normativa oggi vigente di assimilare agli urbani anche i rifiuti da imballaggi secondari e terziari.
Una tale nuova lettura, se confermata nelle prossime sentenze, determinerebbe senza dubbio un notevole aggravio di costi Tari per le attività commerciali, che si vedrebbero assimilare la quasi totalità dei rifiuti da imballaggio prodotti.
Ci si augura quindi che, a breve, possa finalmente essere pubblicato il Decreto ministeriale sull’assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani, le cui bozze più recenti contenevano una disciplina dell’assimilazione dei rifiuti da imballaggio molto meno penalizzante per le imprese di quella che sembra emergere dalla giurisprudenza più recente.
Modalità per l’ottenimento dell’esclusione delle aree produttive di rifiuti speciali
Per quanto riguarda le modalità per l’ottenimento dell’esclusione delle aree produttive di rifiuti speciali, la Sentenza 11 aprile 2018, n. 8909 chiarisce, confermando un orientamento ormai consolidato, in ordine alle modalità per l’ottenimento dell’esclusione dalla tassa per i rifiuti da imballaggi in quanto non assimilabili, in modo esattamente identico alla cit. Ordinanza 11 maggio 2018 n. 11451, che:
“Incombe, inoltre, all’impresa contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza ed alla delimitazione delle aree che, per il detto motivo, non concorrono alla quantificazione della complessiva superficie imponibile, atteso che pur operando anche nella materia in esame – per quanto riguarda il presupposto della occupazione di aree nel territorio comunale – il principio secondo il quale l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell’obbligazione tributaria spetta all’amministrazione, per quanto attiene alla quantificazione della tassa è posto a carico dell’interessato (oltre all’obbligo della denuncia, D.Lgs. n. 507 del 1993, ex art. 70) un onere di informazione, al fine di ottenere l’esclusione di alcune aree dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (Cass. n. 4766/2004, n. 17703/2004, n. 13086/2006, n. 17599/2009, n. 775/2011)”.
[1]Cioè nel rispetto dei criteri di assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani.
[2]Per approfondimenti sul tema dell’assimilazione mi permetto di rinviare ai miei “La gestione dei rifiuti dopo il dlgs 205/2010, ed. Maggioli, 2011” e “Guida alla gestione dei Raee, delle pile e dei centri di raccolta”, ed. Ipsoa, 2011.