Terra e pace, ecco come la cooperazione italiana aiuta lo sviluppo rurale del Niger
Il Niger è uno dei paesi più poveri al mondo, che si trova da lungo periodo al 187° posto sulla scala dell’Indice di sviluppo umano (2018) e al 2° sulla scala della crescita demografica. Il Niger è comparso recentemente anche nelle nostre cronache in quanto crocevia di migrazioni, terra di interessi economici internazionali e chiuso alle visite come un Paese in guerra. Ma Cospe è in Niger da più di 30 anni – è stato uno dei primi paesi di intervento della nostra ong –, con progetti di sostegno alle associazioni contadine (da qui è nato il Roppa, la più grande rete di contadini dell’africa saheliana il cui presidente è il nigerino Djibo Bagna), di sostegno al decentramento amministrativo, all’associazionismo di donne, allo sviluppo locale e alla sovranità alimentare (attraverso la creazione di banche di cerali, conservazione di sementi e attraverso percorsi di agroecologia).
Domani, martedì 15 gennaio (dalle 17.30 alla BiblioteCaNova, via Chiusi 4 a Firenze) parleremo del Niger e di uno dei progetti che Cospe sta realizzando in questo paese: “Terra e pace”, realizzato con l’Associazione “Insieme per ricordare Sara e Franco” e con la Regione Toscana. Il progetto “Terra e pace”, mette insieme lo sviluppo agroecologico, il sostegno ad attività generatrici di reddito per donne e giovani (che qui emigrano in grande numero, in Europa e nei paesi vicini) e la gestione di conflitti sociali. Qui infatti, le condizioni economiche e sociali, oltre che a quelle climatiche – peggiorate dall’impatto dei cambiamenti climatici degli ultimi anni –, rendono il Paese particolarmente difficile e inospitale e con aspri conflitti tra i vari attori del territorio (allevatori nomadi, contadini, pescatori etc..) e le diverse etnie (haussa, peul, tuareg, etc).
L’agricoltura e l’allevamento sono gestiti da nuclei familiari e i prodotti destinati principalmente all’autoconsumo. Il sistema di produzione risente delle periodiche siccità che affliggono il Paese e della cattiva gestione della risorsa idrica, oltre che dell’utilizzo di sementi ad alta performance ma non adatti al particolare clima e territorio. Le difficoltà legate alla trasformazione e alla commercializzazione, la carenza di capacità organizzative dei gruppi di produttori, la mancanza di strumenti di trasformazione e d’infrastrutture di mercato hanno un effetto negativo sui redditi delle famiglie rurali. Nonostante tutto questo, e nonostante il Paese sia quasi interamente coperto dall’arida fascia del Sahel (che vuol dire “bordo del deserto”), vivere qui non è impossibile e ci sono aree che si prestano a una coltivazione agricola, come l’intorno della laguna pluviale La mar, a Tabalak (Regione di Tahoua) e proprio per questo devono essere oggetto di interventi di conservazione e miglioramento.
La laguna, che rende il terreno fertile e rigoglioso diversi mesi l’anno, è anche un ecosistema molto fragile: le piogge sono scese da 400mml l’anno a 300mml, aumenta la popolazione e lo sfruttamento della laguna, aumenta infine il fenomeno dell’insabbiamento, che diminuisce di anno in anno visibilmente la sua portata.
Su tutto questo è possibile agire, proprio perché è interesse di tutti che rimanga una risorsa per tutti. Su questo agisce il progetto “Terra e pace” e i numerosi interventi di Cospe. Grazie a quest’ultimo progetto sono stati realizzati degli essiccatori per la frutta e sostenute diverse cooperative di donne e le loro attività agricole. L’obiettivo ultimo è dare agli abitanti, specialmente ai giovani, una condizione di vita e di lavoro dignitoso, e sostenere il recupero di saperi e tradizioni che, accanto alle innovazioni e al lavoro di agronomi (ad esempio l’istituto nazionale per la ricerca agronomica Inra), possono rappresentare pratiche resilienti per il futuro.
Ne parliamo domani martedì 15 gennaio con Giorgio Menchini (presidente Cospe) e Claudio Russo (Cospe). Durante l’incontro sarà anche proiettato un breve documentario.