I promotori del progetto sono «assolutamente convinti» della replicabilità di questo successo

Il territorio della provincia di Siena è “carbon free” dal 2011: ora occorre andare oltre

Come e perché questo pezzo di Toscana ha raggiunto quello che per il resto del mondo è ancora un sogno, spiegato da chi ne ha seguito l’evoluzione

I propositi che il presidente degli Stati Uniti ha manifestato riguardo all’accordo di Parigi – ribaditi durante il recente G7 Ambiente di Bologna – hanno ulteriormente attirato l’attenzione di media e popolazione sul fiorire di iniziative, soluzioni, buone pratiche, esperienze educative, di formazione e politiche finalizzate a combattere l’effetto serra antropogenico, ossia l’influenza che l’uomo e le sue attività hanno sulla chimica e le dinamiche dell’atmosfera.

Vuoi per un’accresciuta sensibilità ambientale, vuoi per lo scrupolo di coscienza verso le future generazioni, vuoi semplicemente per fare dispetto a “mister President”, ogni giorno si sente o si legge di governatori, legislatori, presidenti, imprese, comunità, organizzazioni varie o singoli cittadini che propongono e spesso mettono in pratica progetti di riduzione delle emissioni da qui ad un prossimo futuro. Alcune città in giro per il mondo che oggi dichiarano di voler raggiungere la cosiddetta carbon neutrality da qui a 10, 15, 20 anni: è il caso, ad esempio, dell’iniziativa “zero net emission” di Melbourne per il 2020, di Copenhagen e Adelaide che puntano a raggiungere lo status carbon neutral entro il 2025, o di Reykjavík entro il 2040.  Ed è anche il caso di Ashton Hayes, piccolo villaggio del Cheshire (GB) alle cui porte c’è un cartello che recita “aiming to become England’s first carbon neutral village”. Ne ha addirittura parlato il New York Times: così, oltre ad essere già fieri dei loro propositi, i mille abitanti del villaggio e quelli dei dintorni sono stati anche gratificati da questo bagno di notorietà.

L’intero territorio della Provincia di Siena, 3.820 kmq e 272.638 abitanti distribuiti su 35 Comuni, ha invece già raggiunto la carbon neutrality nel 2011 ed è andata sempre migliorando. Questo risultato si evince dal Bilancio dei gas ad effetto serra che i ricercatori del gruppo di Ecodinamica dell’Università di Siena, guidato da Simone Bastianoni, elaborano e forniscono alla Provincia ogni anno.

Carbon neutral significa che le emissioni di gas serra ovviamente ci sono, ma vengono completamente compensate dalla capacità degli ecosistemi locali di assorbire CO2. L’attività di monitoraggio prevede che vengano individuate e quantificate tutte le sorgenti di emissione e venga contestualmente stimata la capacità di assorbimento di boschi e foreste del territorio, al fine di redigere un bilancio.

L’attività di ricerca è iniziata nel 2008, anno in cui si trovò che circa il 70% delle emissioni venivano naturalmente assorbite. Visto il buon risultato di partenza e vista l’importanza della questione, gli amministratori locali lanciarono il progetto “Siena carbon free”, auspicando il raggiungimento del pareggio del bilancio per il 2015, con l’intenzione di adottare a tal fine opportune politiche. Per ovviare al rischio di autoreferenzialità, il monitoraggio è stato posto al vaglio di un processo di certificazione ISO 14064 che si ripete ogni anno e va a verificare l’adeguatezza dei dati utilizzati per l’elaborazione e l’attinenza delle procedure alle linee guida proposte dall’Ipcc per redigere i bilanci. Il risultato è che, a nostra conoscenza, questa è l’unica area vasta europea, ma forse al mondo, che ha un bilancio dei gas serra certificato ISO 14064 e in avanzo.

La Provincia di Siena è, dunque, carbon neutral. Il progressivo miglioramento dei risultati è sicuramente dipeso dal fatto che non si tratta di un territorio estremamente urbanizzato e industrializzato, e anche la crisi economica ha fatto la sua parte. Tuttavia, come si legge in un interessante lavoro pubblicato nel 2014 sulla rivista internazionale Environmental science and policy, bisogna evidenziare il ruolo di politiche, misure e investimenti che negli anni hanno contribuito a migliorare le cose nel campo dell’energia, dei rifiuti, della gestione forestale e anche dell’educazione in quest’area (Bastianoni S., e altri, Environmental Science & Policy, 44, 2014, 97-107).

La Provincia di Siena è carbon neutral ma in pochi lo sanno, soprattutto a livello locale. Non lo sanno le persone, non lo sanno nelle scuole, non lo sanno nelle imprese manifatturiere e nelle aziende agricole, nelle banche, nei comuni della Provincia, non lo sanno nelle famiglie, nelle associazioni e negli enti vari, e non lo sanno negli alberghi e nelle organizzazioni turistiche.

Il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, in un accorato post del 3 giugno sul suo profilo Facebook scrive che “se vogliamo salvare il pianeta terra, l’economia globale deve decarbonizzarsi” e “bisogna subito iniziare a lavorare. Con tutti coloro che ci stanno”. Se riuscissimo ad informare le persone di ciò che di buono sta accadendo, poi “coloro che ci stanno” potremmo anche trovarli.

Il pareggio del bilancio dei gas serra è un importante punto di partenza per generare ulteriore miglioramento e, perché no, ritorno economico e sensibilità. Consapevoli di questo e allo scopo di coalizzare tutti i possibili “attori” intorno ai risultati del progetto di monitoraggio e alle sue potenzialità politiche e comunicative, alcune importanti istituzioni locali, quali Fondazione Monte dei Paschi, Comune di Siena, Università di Siena, Provincia di Siena e Regione Toscana, il 26 maggio 2017 hanno lanciato l’Alleanza territoriale per la carbon neutrality: Siena.

Questo è stato uno dei 220 eventi che hanno animato il Festival dello sviluppo sostenibile promosso da ASviS (l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) in tutta Italia ed è stato il modo migliore per invitare gli interessati, collettivamente o individualmente, a dare il proprio contributo alla soluzione di un problema molto noto in questo momento – grazie anche al presidente Trump –, ma anche difficile da affrontare visti gli interessi che vengono toccati.

Il primo impegno è stato quello di continuare il monitoraggio negli anni a venire in modo che, come è successo nel recente passato, esso possa fornire informazioni che aiutino a formulare le migliori politiche per una corretta e fruttuosa gestione delle attività antropiche sul territorio. Speriamo che l’invito ad “allearsi” venga raccolto da persone, gruppi, quartieri, scuole, istituzioni, imprese in numero sempre crescente così da dare un ulteriore esempio di impegno virtuoso e supportato dai risultati della ricerca, anche perché i promotori sono assolutamente convinti della replicabilità dello schema proposto.

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