Tre (s)punti per migliorare il sistema di gestione dei RAEE

Per raggiungere l’obiettivo Ue di raccolta, nel 2021 sono mancati all’appello rifiuti per l’equivalente in peso di 240 Torri di Pisa: ecco come potremmo colmare questo gap

Per definire i punti di miglioramento di un sistema di responsabilità estesa dei produttori (EPR) è necessario prima conoscerne i punti deboli e valutare quali azioni si possono mettere in atto per eliminare tali debolezze o quanto meno attivare un percorso di miglioramento.

Sicuramente la debolezza del sistema EPR della filiera dei RAEE è misurabile: la misura ce la fornisce il risultato non in linea con il target che l’Unione Europea ha definito. Mal contato, in Italia la raccolta dei rifiuti elettronici è 30 punti percentuali distante da un obiettivo che ne conta 65. Si può quindi migliorare e dovrebbe essere facile farlo, almeno così possiamo ritenere, se pensiamo che il principio di Pareto, secondo il quale il 20% di un’azione genera l’80% dei risultati, corrisponda alla nostra realtà.

Focalizzarsi su poche attività per ottenere i risultati attesi nel mondo dei RAEE vuol dire applicarsi per risolvere uno di quei problemi dove in una vasca più rubinetti immettono acqua, ma, ahimè, quella stessa vasca è anche piena di buchi. Forse, come molti studenti hanno sempre pensato, se invece di calcolare in quanto tempo i rubinetti riusciranno a riempire la vasca ci si applicasse per chiudere i buchi, per certo si risparmierebbe molta acqua.

Credo che nessuno possa obiettare che per prendere delle decisioni su un tema come questo sia necessario disporre delle informazioni corrette e ancor meglio dei numeri affidabili.

Cominciamo da questi ultimi: le AEE domestiche immesse sul mercato in Italia nel 2020 sono state quasi 1,120 milioni di tonnellate. Se come punto di miglioramento ci ponessimo l’obiettivo di raggiungere il target europeo del 65% dovremmo raccogliere in totale 0,728 milioni di tonnellate di RAEE domestici, nel 2021 ne abbiamo raccolti 0,380, quindi il nostro miglioramento numerico lo possiamo definire: 0,348 milioni di tonnellate, cioè 240 torri di Pisa, dritte o leggermente inclinate. Non male!

Una volta definito il nostro obiettivo, per sgombrare il campo dall’equivoco di essere degli ottimi teorici, ma dei pessimi pratici chiediamoci subito: è possibile, ci sono così tanti RAEE domestici da raccogliere e condurre ad un trattamento adeguato ogni anno? Per nostra fortuna la risposta è sì. E allora cosa dobbiamo migliorare per arrivare lassù, all’obiettivo?

Ecco allora alcuni (s)punti: limitandoci al numero perfetto, propongo tre idee.

1. Partendo dalla considerazione che il recepimento italiano della direttiva RAEE ha seguito, come è obbligatorio che sia, l’impostazione della direttiva europea, ma ha potuto contare sulla “personalizzazione” nazionale, è su quest’ultima che si potrebbe fare leva per far partecipare effettivamente tutti coloro che commerciano in AEE alla gestione del ritiro dei RAEE che il consumatore decide di dismettere (ci sono obblighi normativi molto chiari). Le indicazioni del legislatore europeo, prima sull’1 contro 1 e successivamente sull’1 contro 0, in un contesto come quello italiano, sono dirimenti. Fanno la differenza concreta tra poter raggiungere degli obiettivi o non poterci neppure pensare, o almeno poterlo fare in un tempo realisticamente contenuto. Ma se per una svista ci “dimentichiamo” di sanzionare chi ha l’obbligo di dichiarare quanti RAEE gestisce, il risultato è che la maggioranza non rispetta la norma ed è impedito nei fatti qualsiasi atto di controllo, che magari, e finalmente, potrebbe essere anche mirato e non casuale. Una piccola correzione per la normativa, ma un grande cambio per la società civile. Tra l’altro questo potrebbe aiutare a far sentire meno soli quei distributori di AEE che, nel pieno rispetto dei dettati normativi e senza la necessità che ci sia una sanzione, si comportano correttamente.

2. Su questo si innesca anche uno dei temi più rilevanti nel mondo della gestione dei rifiuti, e cioè il controllo. Fare controlli da parte degli organi preposti è un’attività necessaria, fare dei controlli intelligenti e produttivi è però l’obiettivo. Se così fosse, i numeri ci suggeriscono che si “scoverebbero” magicamente circa 200.000 tonnellate di RAEE domestici a cui è stato volontariamente affibbiato un passaporto sbagliato. Vale la pena di sottolineare l’avverbio: volontariamente! Consideriamo che se la probabilità di “farla franca” è del 99,99% è difficile che cambino i comportamenti, ma se questa probabilità scende quasi a zero i comportamenti sono di assoluto rispetto della legge. La differenza la fanno i controlli: se ci sono e sono efficaci allora spiegabilmente tutto funziona. Su questo tema è necessario un cambio di passo reale.

3. Un altro (s)punto di miglioramento è nuovamente una richiesta al legislatore. Il tema è la comunicazione. Lo svolgimento parte da una considerazione: siccome, come a volte viene ricordato in Campania, “nessuno nasce imparato”, non sarebbe il caso di investire intelligentemente e obbligatoriamente in informazione/formazione dei cittadini per favorire l’identificazione degli oggetti che passando alla categoria dei rifiuti diventano RAEE? Indagini e sondaggi condotti in modo scientifico ci dicono non solo che è il caso, ma che è anche necessario farlo subito. Se sono informato, e quindi conosco, posso adottare comportamenti coerenti, posso richiedere comportamenti corretti, posso far valere i miei diritti. Questo alla fine diventa conoscenza per rispettare l’ambiente, un buon modo di fare cultura. Allora definiamo un minimo investimento annuo in comunicazione e poi facciamolo. Anche in questo caso c’è chi lo fa in forma volontaria, e viene da aggiungere meritoria, ma si può sicuramente fare meglio e di più.