Il Ttip e la sovranità alimentare come antidoto alla finanziarizzazione
La sovranità alimentare è l’unico argine contro i fenomeni di accaparramento delle risorse naturali in atto nel mondo: è questa l’opinione di Luca Colombo, Segretario Generale della Fondazione Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica e Biodinamica (Firab) ed esperto di produzione biologica e con una lunga esperienza nella battaglia contro gli OGM. Lo abbiamo incontrato durante una sua docenza alla scuola di formazione COSPE lo scorso 13 dicembre.
Si parla sempre di più di land e water grabbing, la corsa all’accaparramento delle risorse naturali come terra e acqua. In che modo questi fenomeni si legano alla questione centrale della sovranità alimentare?
«Il land ed il water grabbing rappresentano la forma di espropriazione di risorse alle comunità locali più evidente e pericolosa. Nel momento in cui parliamo di sovranità alimentare mettiamo in campo un principio di riconoscimento della determinazione delle comunità sulla base dell’utilizzo delle risorse naturali: è chiaro che quando queste risorse, come terra e acqua, vengono sottratte all’uso appropriato e localmente determinato da parte delle comunità native, si viola alla base il principio della sovranità alimentare. E’ importante difendere questo principio, anche perché rappresenta un vero e proprio antidoto al processo di “finanziarizzazione” delle risorse naturali: quando parliamo di water e land grabbing, infatti, ci troviamo infatti di fronte a veri e propri fenomeni speculativi, e quindi insensibili ai bisogni delle popolazioni locali».
Sono fenomeni che riguardano anche l’Italia? Qual è la situazione sul fronte della terra nel nostro paese?
«Per quanto riguarda il problema della proprietà terriera l’Italia ha un problema quasi “sudamericano”. La ripartizione delle terre nel nostro Paese è asimmetrica e iniqua, con una massa crescente di persone, tra cui tanti giovani, che vorrebbero accedere all’attività agricola: purtroppo questo resta quasi impossibile per colpa dei regimi fondiari e di valori fondiari davvero inaccessibili per chi è alla ricerca della prima occupazione. Per fare un esempio, ci sono zone del paese dove un ettaro di terra arriva a costare 100mila euro: sono cifre esorbitanti, assolutamente non sostenibili per un giovane agricoltore alle prime armi, che in questo non è certamente aiutato dalle banche, che non concedono prestiti. Insomma, in Italia c’è un grosso problema legato al reddito nel sistema agricolo, che soffre anche di grandi “colli di bottiglia” per quanto riguarda la distribuzione e le infrastrutture, in cui piccoli produttori locali non sono certo avvantaggiati. Tutto questo a fronte di una falsa retorica della qualità e del “made in Italy”, su cui è stato costruito anche il prossimo Expo».
E per quanto riguarda gli OGM? C’è un rischio concreto di vederli introdotti in Italia?
«Fortunatamente sul tema degli OGM l’Italia continua a fare argine: ci sono anticorpi diffusi tra diverse realtà sociali, istituzionali e politiche. E’ vero che ogni tanto si cerca ancora di aprire qualche breccia, soprattutto nell’opinione pubblica, ma si tratta di tentativi che fortunatamente vanno a vuoto. Va detto che purtroppo a livello comunitario rimane il vulnus di una normativa europea non omogenea tra gli Stati membri: il Trilogo (il concerto tra Consiglio, Commissione e Parlamento) ha dato spazio di manovra ai singoli stati membri nel legiferare sulla questione OGM, una cosa che impedisce di fare dell’Unione Europea una fortezza unita contro l’introduzione degli organismi geneticamente modificati».
Il nostro paese sarà toccato anche dal famigerato TTIP, l’accordo bilaterale UE-USA di cui si parla tanto: forse con colpevole ritardo, la società civile di molti paesi si sta attivando per contrastare gli accordi.
«Il TTIP va rigettato per mille ragioni, soprattutto di principio ancor prima che di merito: dal punto di vista della questione OGM il ministro per le Politiche agricole Martina ha garantito che questo resterà fuori dal trattato; il problema è che il TTIP resta per la maggior parte ancora segreto ed “insondabile”, quindi non sappiamo davvero cosa sarà incluso e cosa no. Per fortuna, anche nel nostro paese si sta ampliando la mobilitazione contro l’accordo, c’è stata una forte reazione su questo negoziato. Mi verrebbe da sperare che come nel caso di accordi precedenti, ad esempio il MAI (Multilateral Agreement on Investment) in discussione negli anni ‘90, anche il TTIP vada verso la stessa strada, ovvero che alla fine non se ne faccia di niente. Fortunatamente queste grandi offensive del capitale finanziario creano ancora reazioni “anti-tumorali” da parte della società civile».
di Cospe