Unicoop, la catena della grande distribuzione dove sono i clienti a fare suggerimenti “green”

Unicoop Tirreno, una delle nove grandi Coop italiane, ha intrapreso con forza tutta una serie di iniziative che ha inciso, e continua a incidere, nella mentalità dei suoi clienti, e più in generale dei consumatori. Lo ha fatto a partire dagli anni Ottanta, evitando il greenwashing, e sostenendo molti progetti di buone pratiche. Una lunga storia  “green” di cui abbiamo parlato con il presidente di Unicoop Tirreno, Marco Lami (Nella foto).

Qual è stata una delle prime iniziative di carattere ambientale che ricorda?

«L’attenzione per la tutela dell’ambiente fa parte, da sempre, della strategia istituzionale di Coop. Coop è stata la prima insegna della grande distribuzione a portare avanti campagne ecologiste. Nel 1984 con “Bianco il bucato, azzurro il mare”, abbiamo sostenuto la Proposta di Legge, poi approvata, per la riduzione dei fosfati nei detersivi. Nel 1988, “C’è uno strappo nel cielo. Fermiamolo” nacque, invece, con l’obiettivo di eliminare dal commercio gli spray contenenti clorofluorocarburi (Cfc), e in concomitanza, per l’eliminazione dagli assortimenti di tutti i prodotti che utilizzavano quel tipo di propellente. Infine, nel 1993, per sollecitare il Parlamento ad approvare una nuova normativa per regolamentare l’uso dei fitofarmaci in agricoltura fu ideato “Fermiamo l’abuso dei pesticidi”».

Unicoop è stata anche tra le prime aziende, in Italia, a eliminare dai propri prodotti gli imballaggi inutili.

«La riduzione del packaging nei prodotti è stata una nostra battaglia, ma non ci siamo fermati a questo. Nei nostri punti vendita abbiamo favorito l’uso di ricariche e di materiale riciclato, l’utilizzo di materiali innovativi biodegradabili al 100% come l’acido polilattico PLA derivante da l’amido di mais (che è valso tra l’altro a Coop l’Oscar dell’Imballaggio per la sua ecocompatibilità) con cui è stata realizzata la linea monouso di piatti e bicchieri. Sempre sul versante ambientale, i prodotti Coop hanno ottenuto la certificazione EcoLabel di qualità ecologica dell’Ue e la certificazione FSC. Altro filone è quello della progettazione di strutture di vendita ecologicamente compatibili a cura dell’Inres (il Consorzio Nazionale di progettazione del sistema Coop). Il punto vendita, è bene sottolinearlo, ha due momenti principali di impatto ambientale: il primo nella fase di costruzione, il secondo in quella di funzionamento. Nel corso della prima fase sono valutati gli impatti determinati dai consumi energetici (non poca cosa se si pensa che un solo ipermercato consuma in media annualmente di energia elettrica quanto consumano circa 1700 famiglie), di acqua, di produzioni di rifiuti, di emissioni rumorose, di traffico indotto. Nella seconda fase sono messi in atto processi in grado di ridurre le emissioni e i consumi».

Quali sono state le scelte nel segno della sostenibilità ambientale anche, e soprattutto, relative ai processi produttivi?

«Tutti i prodotti a marchio Coop (alimentari e non) hanno un’anima rispettosa dell’ambiente e degli animali. L’elenco è lunghissimo: si va dai cosmetici non testati, alle uova provenienti solo da allevamenti a terra, alla messa al bando di abbigliamento con inserti in pelliccia, lo stop alla vendita del tonno rosso, fino alle lampadine a basso consumo energetico, le pile ricaricabili, la carta riciclata o certificata Fsc, il totale no agli Ogm, la riduzione del packaging…Due anni fa è nata anche una linea specifica, la ViviVerde Coop, che riunisce tutti i prodotti a marchio Coop biologici ed ecologici».

In che modo siete riusciti a far accettare, tanto da farle diventare delle abitudini, quelle che potevano essere percepite come imposizioni?

«Ai prodotti Coop che, come sottolineato, hanno come denominatore comune la difesa dell’ambiente, si uniscono campagne di informazione per i cittadini come “Acqua di casa mia”, volta ad incentivare l’uso dell’acqua del rubinetto, sicura, economica ed ecologica. Aggiungiamo inoltre la nostra trentennale esperienza con le scuole attraverso i laboratori di Educazione al Consumo Consapevole e infine la miriade di iniziative nei singoli territori in cui siamo presenti e radicati attraverso le sezioni soci. Vorrei evidenziare anche la pratica del Buon Fine che consiste nel distribuire alle onlus alimenti invenduti, ma ancora buoni e commestibili, dei nostri punti vendita. Oltre ad essere un modo per dare una seconda chance al cibo e anche un’iniziativa per ridurre l’inquinamento. Per concludere presso la nostra sede, a Vignale Riotorto, la quasi totalità dei consumi energetici è coperta da un impianto fotovoltaico istallato nel 2009 sui tetti dei magazzini».

Unicoop ha percepito un interesse e una maggiore sensibilità dei propri clienti e ai temi ambientali?

«Sì, un interesse vivo, continuo e crescente. Ogni nostra scelta in ambito di tutela ambientale viene apprezzata dai clienti e soprattutto dai nostri soci (in Italia i soci Coop sono 7 milioni e mezzo) che spesso diventano anche suggeritori di nuove iniziative ecologiche. Della serie gli alunni superano il maestro…».