Il veleno è servito: quando gli agrotossici arrivano a tavola
Quest’anno si celebrano 5 anni della Campanha Permanente Contra os Agrotóxicos e Pela Vida, movimento nato in Brasile, ma che attualmente interessa tutta l’America Latina. Questa campagna si batte contro l’utilizzo degli agrotossici, perché considerati veleni legati a un modello di produzione agricola che produce povertà e distruzione. Con questa battaglia si vuole sostenere un’agricoltura biologica, che garantisca la salute sia della terra sia dell’uomo. Gli agrotossici infatti inquinano le falde acquifere e impoveriscono il suolo; inoltre questi veleni causano seri rischi per la salute tanto per il consumatore finale quanto per i lavoratori esposti quotidianamente a questi prodotti.
La storia degli agrotossici nell’agricoltura brasiliana è iniziata nel dopoguerra con la cosiddetta “Rivoluzione Verde”, che ha portato all’omologazione dei processi produttivi attraverso una agricoltura di tipo intensivo. Con questa riforma agraria si eliminò l’eredità dell’agricoltura tradizionale, impiantando un modello improntato sulla monocultura e sull’utilizzo di pesticidi e di agenti chimici.
Da allora il consumo di agrotossici è andato crescendo: il Brasile è il Paese che consuma più veleni nel mondo e si stima che ogni abitante consumi all’incirca 5,2 litri di agenti tossici ogni anno. Questo consumo viene fortemente incoraggiato perché in Brasile ci sono incentivi fiscali per chi usa pesticidi in agricoltura, e ai piccoli agricoltori che non usano pesticidi chimici viene negato l’accesso al credito finanziario.
Questo ha portato ad un aumento vertiginoso dell’utilizzo degli agrotossici, basti pensare che il loro utilizzo è aumentato del 488% dal 2000 al 2014. Ad oggi Il 64% degli alimenti risulta contaminato da sostanze chimiche e tossiche, ciò significa che la maggior parte dei cibi consumati, sia quelli “freschi” che elaborati (come pane, pasta ecc.), sono contaminati.
Attualmente in Brasile ci sono più di 400 agrotossici registrati, e la maggioranza dei semi esistenti nel territorio è transgenica. Il ritorno a un’agricoltura biologica, lontana da ogm e pesticidi è arduo, seppur non impossibile: esistono piccoli produttori che sono riusciti a ri-creare sementi creole, nonostante un processo del genere duri anche degli anni.
I danni per la salute sono evidenti: il numero di persone avvelenate da questi cibi tra il 2007 e il 2014 è di 37.417 persone. Inoltre l’uso di queste sostanze risulta inoltre fortemente associata con l’incidenza di malattie come il cancro ed altre genetiche.
La lotta contro gli agrotossici non è solo una battaglia per la salute delle persone e dell’ambiente ma è anche una questione di giustizia sociale: i cibi “avvelenati” vengono in genere consumati dalle persone più povere del Paese. I prodotti biologici sono difficilmente accessibili alla maggior parte popolazione a causa dell’alto costo.
Il problema principale è che la produttività viene messa al primo posto, anche a scapito delle persone e della natura. Il criterio economico influenza a tal punto le politiche agronomiche brasiliane, che pure i governi più progressisti incoraggiano l’uso di agrotossici: gli interessi finanziari e il potere delle transnazionali che producono agrotossici (come Monsanto, Bayer, Dow, Sygenta) fa sì che questi prodotti dannosi, nonostante siano già̀ stati proibiti nei loro Paesi di origine, vengano autorizzati nei Paesi più poveri: ne è testimonianza che più della metà dei pesticidi utilizzati in Brasile sono ora vietati nei paesi dell’Unione Europea e negli Stati Uniti.
Mancano inoltre le conoscenze tecniche per diffondere l’agroecologia, che non vengono nemmeno insegnate nelle università di agraria, per contrastare la moltiplicazione delle monoculture e dei pesticidi. Per questo la Campanha Permanente Contra os Agrotóxicos e Pela Vida risulta ancora fondamentale per arginare il fenomeno.
Oggi, anche grazie al lavoro della Campanha Permanente Contra os Agrotóxicos e Pela Vida esistono delle prove concrete del male che gli agrotossici rappresentano, e allo stesso tempo migliaia di agricoltori in Brasile hanno adottato gli strumenti dell’agroecologia, producendo alimenti sani e biologici che hanno una produzione abbastanza ampia per alimentare una popolazione.
Anche in Italia non siamo però esenti dal pericolo che presentano i pesticidi nell’agricoltura: secondo il rapporto dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) la quantità di sostanze tossiche nelle nostre acque è in aumento: queste indagini, relative agli anni 2013-2014, rilevano un sensibile aumento delle acque contaminate da pesticidi rispetto al biennio precedente. In alcuni territori i dati sono particolarmente allarmanti, in quanto l’inquinamento delle acque da pesticidi arriva a interessare oltre il 70% dei punti delle acque superficiali di regioni quali Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, con punte del 90% in Toscana e del 95% in Umbria. Nelle acque sotterranee la diffusione della contaminazione è particolarmente elevata in Lombardia 50% dei punti, in Friuli 68,6%, in Sicilia 76%.
Tra i pesticidi che superano più spesso i limiti consentiti c’è il glifosato, sostanza la cui pericolosità è stata riconosciuta dall’organizzazione mondiale della sanità come potenzialmente cancerogena per l’uomo. Questo pesticida è al centro delle battaglie contro gli agrotossici sia in America Latina che in Europa.
In Italia, come in Brasile non bisogna quindi mai abbassare la guardia: una produzione contadina, decentralizzata, diversificata, con sementi proprie e rispettosa dell’ambiente è l’unica reale alternativa per contrastare le logiche del profitto ad ogni costo e nutrire realmente il pianeta e i loro abitanti.
Per maggiori informazioni sulla sulla Campanha Permanente Contra os Agrotóxicos e Pela Vida, i documentari tradotti in italiano di Silvio Tedler:
O veneno está na mesa 1: https://youtu.be/BP9zvaPGJ2A
O veneno está na mesa 2: https://youtu.be/Ntzs-nxkaw0