Le stime elaborate dal ministero dell’Ambiente
Ecco come cambierebbe l’economia italiana senza sussidi ai combustibili fossili
In ballo ci sono quasi 17 miliardi di euro: dedicarli a fonti più pulite o alla riduzione del cuneo fiscale sul lavoro significherebbe avere fino a -2,68% di emissioni, Pil a +1,60% e +4,2% di occupazione
[9 Luglio 2019]
Al di là delle belle parole, l’Italia è ancora molto lontana dal sostenere la transizione ecologica con risorse adeguate: il Catalogo appena pubblicato dal ministero dell’Ambiente mostra semmai che continuiamo a spendere in direzione ostinatamente contraria, con lo Stato che dedica molte più risorse ai sussidi ambientalmente dannosi (19,3 miliardi di euro/anno) di quanto non faccia per quelli ambientalmente favorevoli (15,2 miliardi di euro/anno). In questo contesto sono ancora i sussidi ai combustibili fossili a fare la parte del leone: secondo le stime del ministero dell’Ambiente a loro sono andati nel 2017 16,8 miliardi di euro, e secondo Legambiente si è già toccata quota 18,8 miliardi di euro.
Come cambierebbe l’economia italiana se decidessimo di dedicare ad altro questa somma enorme? Per la prima volta a confrontarsi con questa domanda non è un’associazione ambientalista, ma direttamente il ministero dell’Ambiente attraverso un focus dedicato all’interno del Catalogo. Tre le alternative prese a riferimento: nello scenario A la rimozione delle sovvenzioni comporta solo una riduzione della spesa pubblica; nello scenario B le entrate derivanti dalla rimozione sono ripartite per aumentare gli attuali risparmi di bilancio, sovvenzionare le fonti rinnovabili e migliorare l’efficienza energetica del settore industriale; nello scenario C i proventi sono invece destinati a ridurre il cosiddetto cuneo fiscale del lavoro “qualificato”.
«In tutti gli scenari – spiega il ministro dell’Ambiente – le emissioni si riducono in modo significativo a causa della riduzione (scenario A) o ristrutturazione (scenari B e C) della spesa pubblica. Per quanto riguarda gli effetti sul Pil, i risultati differiscono tra gli scenari. Nel primo scenario A, osserviamo una riduzione del Pil bassa ma significativa di -0,58% mentre negli scenari B e C dove i risparmi di bilancio sono riciclati per favorire i risultati dell’attività economica si registra un aumento del Pil dello 0,82% e 1,60% rispettivamente. Tra i settori, l’offerta di energia e i settori dei trasporti mostrano le maggiori riduzioni della produzione. Al contrario, il settore delle energie rinnovabili aumenta significativamente in tutti e tre gli scenari: rispettivamente dell’1,1%, del 22,9% e dello 0,3%. I settori dei servizi e dell’industria aumentano lievemente solo negli scenari B e C rispettivamente dello 0,6% e 1,2% e dello 0,7% e del 2,2%. Per gli stessi scenari, i risultati mostrano anche un impatto positivo sull’occupazione che aumenta del 2,3% e del 4,2%».
Dunque, secondo le stime dello stesso Governo italiano togliere i sussidi attualmente destinati ai combustibili fossili e dedicarli a scopi più virtuosi potrebbe permettere di tagliare ampiamente le emissioni di gas serra(-2,13% nello scenario A, -2,68% nel B, -0,88% nel C), permettere una crescita del Pil fino al +1,60% – ovvero quasi il doppio di quella effettivamente conseguita dall’Italia nel 2018, e oltre il quintuplo di quella stimata dall’Istat per l’anno in corso – e di spingere l’occupazione fino al +4,2%. Peccato che di tutto questo non ci sia traccia nelle politiche portate avanti dalla maggioranza M5S – Lega.
Certo, come avverte il ministero dell’Ambiente togliere i sussidi ai combustibili fossili potrebbe comunque creare alcuni inconvenienti, sia dal punto di vista commerciale sia ambientale: nella fattispecie «la rimozione dei sussidi da parte dell’Italia potrebbe rivelarsi un vantaggio competitivo per gli altri paesi (che nel nuovo scenario possono produrre a costi relativamente inferiori) e determinare un aumento delle importazioni dell’Italia dal resto del mondo», il che a sua volta provocherebbe un trasferimento (il cosiddetto “leakage”) delle emissioni di carbonio verso gli altri paesi.
Non a caso la lotta contro i cambiamenti climatici è una sfida globale: se l’Italia decidesse di fare sul serio sui sussidi ai combustibili fossili potrebbe poi aprire da leader un fronte politico all’interno dell’Unione europea, l’area dove nel 2018 si è concentrato il 68,9% del nostro import e il 66,8% del nostro export, e guidare la transizione ecologica dell’intero continente. Ma in questo caso più che di stime si tratta purtroppo di fantascienza, almeno finché durerà la sbornia del sovranismo.
L. A.