Ronchi: «Nulla ha potenzialità di sviluppo comparabili»
In bilico la green economy italiana, tra singole eccellenze e stallo generale
Da cinque anni le emissioni di gas serra, la produttività delle risorse, quella energetica e l’effettivo utilizzo di materiali riciclati sono fermi o in peggioramento
[5 Novembre 2019]
La Relazione sullo stato della green economy, presentata oggi a Rimini nell’ambito di Ecomondo – durante gli Stati generali promossi in collaborazione con i ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, oltre alla Commissione Ue – è lo specchio di un Paese in stallo, che rischia di perdere anche le sue punte di diamante.
«Sono registrate alcune eccellenze italiane nel campo della green economy – osserva Edo Ronchi, ex ministro dell’Ambiente oggi nel Consiglio nazionale della green economy – ma emergono anche molte criticità: sostenere le eccellenze e recuperare le difficoltà è la via da perseguire per lanciare un concreto Green new deal in Italia. Nulla ha potenzialità di sviluppo comparabili con quelle della green economy che se adeguatamente promosse ed estese, potranno trascinare investimenti e nuova occupazione».
I numeri sono già stati messi in fila: secondo l’ultimo rapporto GreenItaly i posti di lavoro verdi (3,1 milioni di unità nel 2018) stanno crescendo 7 volte più velocemente degli altri, e la Fondazione per lo sviluppo sostenibile guidata proprio da Ronchi stima che se ne potranno creare altri 800mila nei prossimi cinque anni. Uno scenario minato però alla base dalla mancanza di un’adeguata politica industriale, a sua volta legata all’insipienza delle classi dirigenti.
I rischi dovrebbero essere ormai chiari per tutti: la Relazione sullo stato della green economy del 2019 presenta in apertura un focus sugli “Impatti economici dei cambiamenti climatici in Italia”, secondo il quale – proseguendo con il trend attuale di emissioni – l’Italia rischia un ulteriore aumento delle disuguaglianze oltre che a perdere fino al 10% di Pil nella seconda metà del secolo, pari circa 130 miliardi di euro l’anno.
Eppure «la quota di rinnovabili sui consumi complessivi del Paese e cresciuta – documenta la Relazione curata dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile – solo di un punto percentuale nell’arco degli ultimi cinque anni: un tasso di crescita troppo basso e insufficiente». Per rispettare l’Accordo di Parigi sul clima l’Italia deve «impegnarsi molto di più nella riduzione delle sue emissioni di gas serra In Italia, infatti, non diminuiscono dal 2014: nel 2018 sono state 426 Mt di CO2eq, erano 428 Mt nel 2017 e circa 426 Mt nel 2014 […] Se non si interverrà con decisione interrompendo la serie modesta degli ultimi quattro anni e riavviando il processo di decarbonizzazione del Paese, non sarà possibile rispettare nemmeno il modesto target del 37% di riduzione delle emissioni di gas serra al 2030 indicato nella bozza di Piano nazionale per l’energia e il clima (Pnec), come contributo alla riduzione del 40% a livello Ue».
Anche nell’ambito dell’economia circolare, altro pilastro fondante della transizione ecologica, non si registrano progressi sufficienti. Anzi: «Il tasso di circolarità è peggiorato in Italia, che si classifica al terzo posto dopo Francia e Regno Unito, anche se prima della Germania (guardando anche ai Paesi geograficamente più piccoli fanno meglio di noi pure Paesi Bassi e Belgio, ndr)». Più nel dettaglio, gli ultimi dati Eurostat mostrano che nel 2016 (l’ultimo aggiornamento ad oggi disponibile) solo il 17,1% delle risorse materiali utilizzate in Italia proviene da prodotti riciclati e materiali di recupero, risparmiando così l’estrazione di materie prime primarie; allargando il campo d’osservazione anche la produttività delle risorse e quella energetica sono ferme o in calo dal 2014.
Oggi il Governo promette un Green new deal per invertire la rotta, ma l’impegno rimane ancora tutto da verificare: nel mentre, anno dopo anno la green economy sta frenando sotto il peso di promesse non mantenute, e con lei la parte migliore del Paese.