Rifiuti, contributo Conai verso il raddoppio entro il 2024?
Ref ricerche: «Il reale costo della raccolta e del trasporto dei rifiuti da imballaggio in Italia è un dato non noto»
[1 Settembre 2020]
Importanti novità in vista per il contributo Conai: le spiegano dal laboratorio Ref ricerche, analizzando il recepimento della direttiva Ue 852/2018 sugli imballaggi da parte del nostro Paese. Che imporrà ai produttori di “assicurare la copertura dei costi efficienti di raccolta e di gestione dei rifiuti”.
Il passaggio – spiegano i ricercatori – dai “maggiori costi” della raccolta (oggi motivazione dello stesso contributo Conai, ndr) alla responsabilità sui costi di raccolta e gestione avrà impatti rilevanti. Il Contributo Conai verrebbe chiamato a coprire i “costi efficienti di gestione” dei rifiuti da imballaggio (o in deroga almeno l’80% di detti costi), riconoscendo anche i costi di trattamento e di capitale. E se per qualcuno potrebbe sembrare una sfumatura, i numeri valgono più di molte parole: una prima stima indica che i “costi di gestione” dei rifiuti da imballaggio potrebbero aggirarsi intorno a 1 miliardo di euro l’anno, ovvero più del doppio di quanto oggi riconosciuto dal contributo Conai.
Ma che cos’è il contributo Conai? Sembra una domanda retorica, ma il Ref ricerche mostra assai bene come la risposta non sia affatto scontata, tanto che pone ben tre domande alle quali non c’è una risposta certa. Ovvero: è davvero garantita, ad oggi, la copertura dei “maggiori oneri” per la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio? Qual è la percentuale di copertura dei “costi efficienti” della raccolta differenziata degli imballaggi e del loro trasporto e trattamento? Quale sarà il costo in capo ai produttori e utilizzatori di imballaggi con l’entrata in vigore delle nuove regole?
Tutto questo perché “il versamento obbligatorio di un contributo economico annuale da parte delle aziende produttrici d’imballaggi al Conai – il consorzio nazionale appositamente creato nel 1997 a seguito del noto Decreto Ronchi – nasce per sostenere differenziata e riciclo”. Un ambito, quest’ultimo, “complesso e sul quale è sempre stato difficile avere certezze di ordine numerico”. Pur a distanza di tanti anni dalla promulgazione delle norme in materia ambientale (D.lgs 152/2006), eccoci a un punto chiave: “Il reale costo della raccolta e del trasporto dei rifiuti da imballaggio in Italia è un dato non noto”.
Alla luce di quest’affermazione, chi tra i lettori segue il dibattito su tariffa puntuale, raccolta rifiuti con tariffa premiante, ecc. può facilmente rendersi conto dell’impatto di quest’incertezza anche ovviamente rispetto a tutta la narrazione sui guadagni economici della raccolta differenziata (quelli ambientali, invece, sono sostanzialmente incontestabili). E non a caso, nelle conclusioni dell’analisi, i ricercatori spiegano che “il nostro Paese necessita in primo luogo di impianti, per trattare e valorizzare i rifiuti raccolti, e in secondo luogo di un sostegno all’industria del riciclo”. Questo perché, aggiungiamo noi, puoi fare la migliore raccolta differenziata a livello di qualità e quantità, ma anche sorvolando sul fatto che i relativi costi dell’operazione rimangono da verificare con esattezza, poi i rifiuti vanno avviati ad impianti industriali dedicati, per poi riavere prodotti che debbono essere reintrodotti sul mercato. Se un pezzo di questa filiera salta, non c’è economia circolare. E dentro ci stanno tutti i (tanti) scarti che la filiera, anche la più efficiente, comunque ha e che non possono essere ignorati.
Tornando ai costi, le informazioni a disposizione – si legge nel report – “sono poche e difficilmente confrontabili”. Ciò che manca, ed è una cosa enorme, è “una chiara contabilità dei costi” che “si ripercuote sulla poca trasparenza al riguardo delle valorizzazioni riconosciute ai Comuni e, per complemento, sull’onere che rimane in capo agli utenti (la tassa sui rifiuti Tari), oltre che sulla congruità del contributo pagato dai produttori (il cosiddetto Cac). Una valorizzazione che non dovrebbe essere lasciata alla negoziazione tra le parti, al potere contrattuale degli uni nei confronti degli altri, piuttosto oggetto di un confronto aperto, basato su dati verificabili e documentabili”. Da qui la richiesta di una risposta chiara e trasparente alle suddette tre domande.
Ed in un quadro di così grande incertezza, “piomba” il recepimento della direttiva Ue – limite temporale la fine del 2024 –, stabilendo che tutti gli Stati membri “dovranno istituire regimi di Epr (responsabilità estesa del produttore, ndr) per tutti gli imballaggi”. Questi dovranno garantire, quindi, “l’obbligo di copertura integrale dei costi o, in deroga, almeno dell’80% dei costi efficienti di gestione dei rifiuti di imballaggio: un’innovazione rilevante rispetto alla situazione attuale che pone in carico ai produttori ed utilizzatori di imballaggi, il corrispettivo per i maggiori oneri relativi alla raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio pubblico per i quali l’Autorità d’ambito richiede al Consorzio nazionale imballaggi (…) di procedere al ritiro”. Una dicitura, quella dei “maggiori oneri, di cui il legislatore non ha mai fornito una interpretazione autentica, e che è rimasta soggetta ad ampi margini di discrezionalità”.
Oggi, i rifiuti da imballaggio conferiti al circuito Conai sono circa 4 milioni di tonnellate: il 13,5% dei rifiuti urbani (e assimilati) raccolti in Italia, e il 24,3% di quelli raccolti in modo differenziato. Tenendo conto che la filiera degli imballaggi non è l’unica ad essere sottoposta a responsabilità estesa del produttore, ma che è di gran lunga quella più rilevante, appare evidente come il desiderio di “assicurare che ai produttori spetti la responsabilità finanziaria o la responsabilità finanziaria e organizzativa della gestione della fase del ciclo di vita in cui il prodotto diventa un rifiuto”, sancito dal legislatore comunitario, investe una quota tutto sommato marginale dei rifiuti prodotti nel nostro Paese.
I ricercatori spiegano poi che “confrontando dati provenienti da fonti diverse, siamo arrivati a stimare un valore di 891 milioni di euro per i costi della raccolta dei rifiuti di imballaggio conferiti ai consorzi del sistema Conai”. Ad oggi il “contributo Conai versato ai Comuni italiani per la sola frazione imballaggi è pari a 478 milioni di euro: un importo che copre una percentuale compresa tra il 54 e il 90% dei maggiori oneri della raccolta dei rifiuti da imballaggio conferiti al Conai, a seconda della interpretazione dei maggiori oneri utilizzata”.
Come noto, i criteri di riconoscimento dei costi efficienti di esercizio e di investimento del servizio integrato dei rifiuti per il periodo 2018-2021 sono stati approvati con delibera Arera 443/2019 che ha introdotto il nuovo metodo tariffario per il servizio integrato di gestione rifiuti (Mtr). L’applicazione di questo nuovo metodo rappresenta un decisivo passo in avanti sul piano della trasparenza perché consentirà di avere elementi utili per capire meglio l’annosa questione dei costi della raccolta e di gestione. La valorizzazione dei costi dovrà infatti riflettere i costi effettivamente sostenuti, come risultanti da documentazione contabile, e i costi del personale direttamente impegnato nella raccolta dovranno figurare tra i costi variabili del servizio.
Secondo lo studio del Ref ricerche bisognerà, comunque, attendere la definizione da parte dell’Autorità dei “criteri specifici per l’individuazione dei maggiori costi sostenuti dai Comuni per la raccolta differenziata dei rifiuti da imballaggio” e, auspicabilmente, dei criteri per la determinazione dei “costi efficienti di raccolta, trasporto e trattamento” introdotti dalla direttiva 851/2018 nell’ambito della riforma della disciplina in materia di Epr.
Tuttavia – concludono i ricercatori – la “liberalizzazione degli schemi di responsabilità estesa del produttore, da sola, non è sufficiente per raggiungere i target comunitari”.