Eni, basta oil&gas: «Cambi rotta o intervenga il Governo»

Massimo Scalia, Gianni Silvestrini, Gianni Mattioli ed Enzo Naso si rivolgono al premier Draghi: «È una partecipata dello Stato, ma può rappresentare un serio ostacolo per la transizione ecologica»

[19 Maggio 2021]

Gli impegni annunciati da Eni nel suo ultimo piano industriale e nella strategia per raggiungere la neutralità carbonica al 2050 sono stati duramente contestati dagli ambientalisti per la loro mancanza di concretezza, e adesso Massimo Scalia, Gianni Silvestrini, Gianni Mattioli ed Enzo Naso – quattro padri nobili dell’ambientalismo scientifico italiano e delle politiche energetiche per la sostenibilità – tornano a rivolgersi al premier Draghi per imporre un cambio rotta al Cane a sei zampe.

Ad oggi infatti Eni, multinazionale controllata di fatto dal ministero dell’Economia, vive un cocente paradosso: ogni anno con le sue attività emette da sola più gas serra di quanto faccia l’intero Paese. E di fatto se non cambia strategie di sviluppo «può rappresentare un serio ostacolo per la transizione ecologica», scrivono i quattro nella lettera inviata al premier (e riportata in coda all’articolo integralmente, ndr).

Le altre principali compagnie europee oil&gas, ad esempio, si sono date importanti obiettivi al 2030 sulle rinnovabili: 100 GW per Total, 50 GW per Bb. Il target dell’Eni è invece di soli 15 GW. E tutto questo in un contesto mondiale in cui si sono stabiliti nuovi record per le rinnovabili, che nel 2020 hanno rappresentato il 90% della nuova potenza installata globalmente, con la Cina divenuta il maggior attore mondiale. Da ultimo il rapporto pubblicato ieri dalla Iea «che ha sempre difeso le posizioni tradizionali – sottolineano i firmatari – deve ammettere che non c’è nessun nuovo campo di petrolio o di gas approvato per lo sfruttamento».

Nella missiva si sottolinea invece la «“tenace resistenza al cambiamento» manifestata da Eni. Come nel caso del progetto Ccs (il sequestro della CO2 nella produzione di idrogeno da metano) a Ravenna, diventato per l’Eni «il ‘Forte Apache’ degli idrocarburi, mentre si affermano a livello internazionale gli investimenti nell’idrogeno verde».

Per i quattro firmatari l’Eni non si può sottrarre al ruolo e ai compiti che deve avere nella «rivoluzione energetica». Ci vuole, quindi una«urgente correzione di rotta della strategia dell’Eni, che è una partecipata dello Stato».  È, infatti, inaccettabile la prospettiva «che il Paese resti nell’era dei fossili mentre tutto il mondo va avanti verso le rinnovabili».

 

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