Eurostat ha aggiornato i dati al primo trimestre 2022
Le emissioni europee (e italiane) di CO2 stanno continuando a crescere
Solo Paesi Bassi e Finlandia hanno registrato una diminuzione nelle emissioni di gas serra rispetto ad un anno fa
[17 Agosto 2022]
Dopo la fase iniziale della pandemia, caratterizzata dai lockdown e dal conseguente brusco calo nelle emissioni di CO2, queste ultime stanno continuando a crescere in quasi tutti i Paesi d’Europa.
Eurostat ha pubblicato ieri i dati aggiornati dal primo trimestre 2022, mostrando che in questo periodo le emissioni di gas serra nell’Ue sono state pari a 1.029 mln ton di CO2eq, più alte rispetto agli stessi trimestri del 2020 e 2021 – rispettivamente di +7% e +6% – ma comunque poco al di sotto dei livelli pre-Covid (il riferimento sono le 1.035 mln di ton CO2eq emesse nel primo trimestre 2019).
Nel primo trimestre di quest’anno solo Paesi Bassi (-9%) e Finlandia (-1%) hanno registrato una diminuzione nelle emissioni di gas serra rispetto allo stesso periodo del 2021, mentre sono aumentate in tutti gli altri Stati Ue. Italia compresa, che ha segnato un +7,4%, poco più della media europea.
Ma a preoccupare è soprattutto il trend di lungo periodo. Come emerge dall’Italy climate report 2021 di Italy for climate, in termini di emissioni pro capite l’Italia si attesta a 7 tonnellate di CO2 (tCO2) per abitante, al di sotto della media europea (8,1) e di poco superiore alla Francia e alla Spagna; ma si tratta di un vantaggio che stiamo sperperando.
«La performance tutto sommato positiva dell’Italia sulle emissioni dipende anche molto da una condizione di partenza favorevole – argomentano da Italy for climate – grazie ad un clima più mite e ad un tessuto produttivo storicamente meno intensivo dal punto di vista energetico. Già nel 1990 (anno di avvio delle misurazioni su questi temi), infatti, il livello di emissioni del nostro Paese era più basso dei partner Ue. E negli ultimi trent’anni, in Italia la riduzione delle emissioni è stata ben più modesta della media europea e degli altri partner – ad eccezione della Spagna che ha avuto un trend di crescita, economico oltre che sule emissioni, in controtendenza».
Il risultato dello stallo è che adesso è necessario mettersi a correre. Le emissioni di gas serra nazionali sono diminuite “solo” del 19,4% dal 1990 al 2019, contro il -24% conquistato a livello Ue – anche se sono chiamate a traguardare l’obiettivo del -55% al 2030 –, con gli eventi meteo estremi nazionali cresciuti di 8 volte dal 2008 e un surriscaldamento del clima che corre a velocità più che doppia rispetto alla media globale.
Negli ultimi anni il nostro Paese ha rallentato moltissimo il taglio delle emissioni di gas serra (fra il 2014 e il 2021 si sono ridotte solo del 3%), e allo stesso modo tra il 2015 e il 2019 le fonti rinnovabili sono cresciute solo del 3% in Italia, a fronte di una media Ue del 13%.
Il Piano nazionale integrato energia e clima è stato proposto un’era energetica fa e risulta ancora in fase di aggiornamento, mostrandosi dunque inadeguato a tracciare la rotta della crescita richiesta alle fonti rinnovabili per traguardare l’obiettivo Ue di riduzione delle emissioni (-55% al 2030 rispetto al 1990). Eppure sappiamo già che sono necessari almeno 70 GW di nuovi impianti, dato che più probabilmente si assesterà attorno a +85 GW per soddisfare i nuovi requisiti delineati dalla proposta RePowerEu avanzata dalla Commissione europea: una priorità per la riduzione nelle emissioni di gas serra e per lo sviluppo sostenibile del Paese, che sembra però rimanere ai margini anche dell’attuale campagna elettorale.